Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Appello - Modifiche normative - Impugnazione della parte civile avverso sentenze di proscioglimento - Preclusione, secondo l'interpretazione della Corte di cassazione - Lamentata irragionevolezza nonche' violazione dei principi di eguaglianza, di parita' delle parti ne...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente

Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 576 del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 6 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), anche in relazione all'art. 593 dello stesso codice, e degli artt. 6 e 10 della medesima legge, promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze del 14 marzo 2006 dalla Corte d'appello di Catanzaro, del 15 marzo 2005 dalla Corte d'appello di Lecce, dell'8 maggio 2006 dalla Corte d'assise d'appello di Venezia, del 27 marzo 2006 dalla Corte d'appello di Lecce, del 23 maggio, del 20 aprile e del 5 maggio 2006 dalla Corte d'appello di Brescia, rispettivamente iscritte ai nn. 272, 346, 460, 480, 521, 528 e 674 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 35, 39, 44, 45, 47 e 48, prima serie speciale, dell'anno 2006 e n. 6 1ª serie speciale, dell'anno 2007;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella Camera di consiglio del 2 aprile 2008 il giudice relatore Giovanni Maria Flick;

Ritenuto che con tre ordinanze, identiche nella parte motiva - rispettivamente del 20 aprile 2006 (r.o. n. 528 del 2006), del 5 maggio 2006 (r.o. 674 del 2006) e del 23 maggio 2006 (r.o. n. 521 del 2006) - la Corte d'appello di Brescia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 576, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 6 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui limita la possibilita' dell'appello della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento, nonche' dell'art. 10 della medesima legge, nella parte in cui non prevede un regime transitorio per l'appello proposto dalla parte civile contro una sentenza di proscioglimento, analogo a quello contemplato dai commi 2 e 3 dell'art. 10 per l'imputato e per il pubblico ministero;

che la Corte - premesso che, in esito ad altrettante sentenze di assoluzione pronunciate dal Tribunale di Bergamo per insussistenza del fatto o perche' il fatto non costituisce reato, ciascuna delle costituite parti civili aveva proposto appello, chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, che fosse affermata la penale responsabilita' degli imputati, con la loro condanna alle pene di legge ed al risarcimento del danno - evidenzia come, nelle more, fosse entrata in vigore la legge n. 46 del 2006, precludendo alla parte civile - sempre a parere della rimettente - la possibilita' di proporre appello avverso le sentenze di assoluzione dell'imputato;

che il giudice a quo ritiene che la nuova formulazione dell'art. 576 cod. proc. pen. - soppresso il riferimento al "mezzo previsto per il pubblico ministero", costituente, prima della novella, il solo elemento testuale idoneo a legittimare l'appello della parte civile, non contemplato autonomamente - avrebbe "ora completamente svincolato il potere di impugnativa della parte civile da quello del pubblico ministero, sicche' ad essa non puo' piu' essere riconosciuta la facolta' di appello, ne' contro le sentenze di condanna, ne' contro le sentenze di assoluzione", stante il principio di tassativita' dei mezzi di impugnazione;

che, alla luce di tale premessa, la Corte d'appello di Brescia rileva come l'eliminazione del potere di impugnazione in capo alla parte civile configuri, innanzitutto, una violazione dell'art. 3 Cost., sotto il duplice profilo della lesione del principio di eguaglianza e del contrasto con quello di ragionevolezza;

che, sotto il primo aspetto, l'esercizio dell'azione civile nell'ambito del processo penale si porrebbe quale "deroga rispetto ai normali strumenti di impugnazione previsti in sede civile", impedendo alla parte civile di chiedere - a differenza di quanto avviene nell'ambito del processo civile - "il riesame nel merito di decisioni che potrebbero esserle irreparabilmente pregiudizievoli";

che, sotto il profilo dell'irragionevolezza, la novella legislativa, se da un lato mantiene inalterata la possibilita' di azionare la pretesa civilistica nel processo penale, dall'altro lato "scoraggia tale scelta, deprivandola degli adeguati strumenti di tutela giuridica": tanto piu' che la deminutio per la parte civile non appare giustificata da alcuna esigenza meritevole di considerazione, non potendo per essa di certo valere le ragioni avanzate per limitare il potere di appello in capo al pubblico ministero;

che la disciplina censurata si porrebbe altresi' in contrasto con l'art. 24 Cost., il cui disposto tutela il diritto di difesa anche della parte offesa dal reato, che risulta frustrato dalla radicale inappellabilita' conseguente alla novella legislativa;

che, infine, la normativa in questione violerebbe l'art. 111, secondo comma, Cost., per il quale il processo deve svolgersi nel contraddittorio fra le parti ed in condizioni di parita' fra le stesse: entrambi questi principi risulterebbero radicalmente negati alla parte civile nella fase dell'appello, posto che essa e' oggi privata del potere di proporre impugnazione, con un evidente squilibrio tra le parti ed alterazione del contraddittorio nella fase dell'appello;

che la Corte rimettente assume poi come anche la disposizione transitoria dell'art. 10 della legge n. 46 del 2006 si ponga in contrasto con i medesimi parametri costituzionali evocati, nella parte in cui non prevede, per la parte civile, alcun regime transitorio, contemplato invece nei commi 2 e 3 dell'art. 10, per il pubblico ministero e l'imputato: con la conseguenza che alla parte civile non competerebbe ne' la notifica dell'ordinanza di inammissibilita', ne' la...

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