Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Appello - Modifiche normative - Impugnazione del pubblico ministero avverso sentenze di proscioglimento - Preclusione, salvo che nelle ipotesi di cui all'art. 603, comma 2, cod. proc. pen., se la nuova prova e' decisiva - Applicazione della nuova disciplina anche ai pr...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente

Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), dell'art. 576 cod. proc. pen., come modificato dall'art. 6 della citata legge n. 46 del 2006, anche in combinato disposto con l'art. 593 dello stesso codice, e degli artt. 1 e 10 della medesima legge, promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze del 5 aprile 2006 dalla Corte d'appello di Roma, del 31 marzo 2006 dalla Corte d'appello di Lecce e del 9 marzo 2006 dalla Corte d'appello di Bologna, rispettivamente iscritte ai nn. 265, 429 e 577 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 35, 43 e 51, 1ª serie speciale, dell'anno 2006;

Udito nella Camera di consiglio del 2 aprile 2008 il giudice relatore Giovanni Maria Flick;

Ritenuto che la Corte d'appello di Roma (r.o. n. 265 del 2006) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 10 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui precludono al pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento e, nell'ipotesi di processi gia' pendenti, impongono alla Corte d'appello di dichiarare l'inammissibilita' delle predette impugnazioni;

che la Corte rimettente ha inoltre sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., questione di legittimita' costituzionale del "combinato disposto" degli artt. 576, comma 1, e 593 del codice di procedura penale, come modificati rispettivamente dagli artt. 6 e 1 della citata legge n. 46 del 2006, nella parte in cui "precludono alla parte civile la possibilita' di proporre, comunque, appello avverso le sentenze emesse in primo grado e, per l'effetto, di dichiarare inammissibile, ai sensi dell'art. 591 cod. proc. pen., l'appello proposto dalla parte civile";

che la Corte rimettente - chiamata a delibare gli appelli proposti dal pubblico ministero e dalla parte civile avverso una sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto, emessa dal Tribunale di Roma - rileva che, alla luce della normativa introdotta dalla legge n. 46 del 2006, gli appelli proposti dovrebbero essere dichiarati inammissibili;

che, tuttavia, la disciplina censurata si porrebbe in contrasto con plurimi parametri costituzionali;

che, in particolare, per quanto concerne la prima questione di costituzionalita', la Corte d'appello rimettente ritiene che la preclusione dell'appello delle sentenze di proscioglimento in capo all'organo della pubblica accusa - conseguente alla sostituzione dell'art. 593 cod. proc. pen. ad opera dell'art. 1 della legge n. 46 del 2006 - violi innanzitutto il principio della parita' fra le parti e il principio della ragionevole durata del processo, sanciti nell'art. 111, secondo comma, Cost.;

che il principio della parita' imporrebbe che ciascuna parte sia posta nella condizione di promuovere una rivisitazione critica della decisione, attraverso la proposizione di un appello "nel merito";

che sono possibili e giustificabili parziali limitazioni al potere di impugnazione dell'organo dell'accusa (come, ad esempio, nella disciplina del giudizio abbreviato); ma non troverebbe alcuna giustificazione la totale privazione del potere di impugnazione in capo a tale organo, a nulla rilevando la residua possibilita' di proporre appello nelle ipotesi previste dall'art. 603 cod. proc. pen., stante la loro assoluta marginalita';

che, quanto alla lesione del principio della ragionevole durata del processo, il sistema derivante dalle norme censurate - prevedendo la natura esclusivamente rescindente del giudizio per cassazione in esito al ricorso del pubblico ministero ed, in caso di accoglimento, la regressione del processo al primo grado - comporterebbe, ad avviso della Corte rimettente, un evidente aumento dei gradi di giudizio, con conseguente dilatazione dei tempi del...

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