Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Straniero e apolide - Permesso di soggiorno - Rinnovo - Condanna, a seguito di patteggiamento, per reati inerenti gli stupefacenti - Causa ostativa - Mancata previsione della subordinazione del divieto del rinnovo alla verifica in concreto della pericolosita' del condannato - Denunciata...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: FrancoBILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente

Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, promossi dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, terza sezione, sui ricorsi proposti da R. C. contro la Questura di Milano ed altro e dal E. L. contro il Ministero dell'interno ed altri, con due ordinanze del 28 maggio 2007, iscritte ai nn. 744 e 745 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, 1ª serie speciale, dell'anno 2007;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella Camera di consiglio del 2 aprile 2008 il giudice relatore Francesco Amirante.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso di un giudizio avente ad oggetto l'annullamento di un provvedimento del Questore di Milano, notificato il 5 maggio 2006, con il quale era stato rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro di un cittadino marocchino, il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, terza sezione, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 97 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, applicato in correlazione con il successivo art. 5, comma 5.

    Premette in fatto il remittente che il ricorrente aveva presentato domanda per il rinnovo del permesso di soggiorno e che il Questore di Milano, con il provvedimento impugnato, l'aveva respinta perche' a carico dell'istante risultava una condanna (a mesi otto di reclusione ed euro 2000 di multa) irrogata, con sentenza del 21 marzo 2004, a seguito di patteggiamento e con sospensione condizionale della pena, per il reato in materia di stupefacenti di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990.

    Con il ricorso l'interessato ha sostenuto l'illegittimita' del suddetto provvedimento, contestando l'automatismo applicato dall'amministrazione nel ritenere sussistente la pericolosita' sociale senza una puntuale motivazione al riguardo, svolta sulla base di una adeguata istruttoria riguardante la complessiva personalita' del soggetto.

    Dopo il rigetto dell'istanza di sospensione del provvedimento impugnato avanzata, in via cautelare, dal ricorrente, il collegio ha sollevato d'ufficio la questione, dopo aver sottolineato che tale provvedimento si fonda sul combinato disposto delle norme censurate che impedisce allo straniero che risulti condannato, anche a seguito di patteggiamento della pena, per una serie di reati, fra i quali quelli inerenti agli stupefacenti, di ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. L'interpretazione consolidata che la giurisprudenza amministrativa ha fornito di queste norme e' nel senso di escludere che residui alcuno spazio all'autorita' amministrativa per la valutazione della pericolosita' sociale dello straniero che - si specifica in alcune decisioni - e' presunta ex lege, sicche' l'interessato puo' solo limitarsi a contestare l'esistenza o la rilevanza della condanna, dal momento che il successivo provvedimento amministrativo e' di carattere vincolato.

    In questa situazione il ricorso dovrebbe essere respinto, dovendo escludersi che il suddetto diritto vivente consenta una interpretazione adeguatrice, mentre potrebbe giungersi ad una diversa soluzione solo ove le disposizioni censurate venissero dichiarate costituzionalmente illegittime, nella parte in cui attribuiscono automatica rilevanza anche alle condanne pronunciate a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen.

    Di qui la palese rilevanza della questione, sulla quale non potrebbero avere alcuna influenza eventuali sopravvenienze normative, in quanto, in base al principio tempus regit actum, la legittimita' del provvedimento impugnato deve essere valutata esclusivamente sulla base della disciplina vigente all'epoca della sua adozione.

    Cio' posto, il remittente passa all'esame della non manifesta infondatezza della questione, osservando che le due suddette disposizioni, applicate in combinato disposto, appaiono, anzitutto, in conflitto con l'art. 3 Cost. per l'intrinseca irragionevolezza della scelta legislativa di fare derivare automaticamente, per effetto di una condanna per fatti...

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