Ordinanza emessa dal Giudice di pace di Gragnano il 31 maggio 2007 nel procedimento civile promosso da Sabbatino Vincenzo contro Comune di Gragnano Acque e acquedotti - Servizio idrico integrato - Quota di tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura e di depurazione - Debenza da parte degli utenti anche se la fognatura sia sprovvista di ...

IL GIUDICE DI PACE

Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 5881/04 del Ruolo Generale Affari Civili dell'anno 2004, tra Sabbatino Vincenzo, rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Caligiuri e Alessandro Indipendente, presso cui elettivamente domicilia in Gragnano, alla via Vittorio Veneto n. 146, giusta procura alle liti, attore e Comune di Gragnano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Cirillo e Michele di Martino, elettivamente domiciliato presso la Casa comunale, giusta procura alle liti, convenuto.

Letti gli atti di causa;

Considerato che: con atto di citazione ritualmente notificato, il signor Sabbatino Vincenzo, quale titolare del contratto n. 11767 per la fornitura d'acqua potabile, conveniva in giudizio, dinanzi a questo ufficio, il Comune di Gragnano, in persona del Sindaco pro tempore, per sentirlo condannare - previa dichiarazione di non debenza - alla restituzione della somma pagata pari ad euro 36,00, per canone di depurazione delle acque reflue per l'anno 2001, maggiorata degli interessi e rivalutazione monetaria, per mancanza della prestazione e spese vinte.

Sosteneva in diritto l'attore che in base al disposto dell'art. 31, comma 28, legge 23 dicembre 1998, n. 448 a decorrere dal 1° gennaio 1999 il corrispettivo dei servizi di depurazione (e fognatura) costituendo "quota tariffa" ai sensi degli artt. 13 e segg. legge 5 gennaio 1994, n. 36, aveva perso la connotazione tributaria e rappresentava il parziale corrispettivo di una prestazione complessa correlata all'approviggionamento idrico, civilisticamente ricollegabile alla disciplina del contratto di somministrazione; aggiungeva che piu' specificamente il canone di depurazione rappresentava quota tariffa del cosiddetto "servizio idrico integrato" istituito dalla legge "Galli", ossia dell'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acque ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue; tale assunto era avvalorato dall'art. 6, comma 13, legge n. 133/1999, in quanto statuendo che "le somme dovute per i servizi di fognatura e depurazione resi dai comuni fino al 31 dicembre 1998 e riscosse successivamente alla predetta data non costituiscono corrispettivo agli effetti dell'IVA", escludeva l'applicazione di una imposta che colpiva la cessione di beni e la prestazione di servizi, stante la natura tributaria che il canone aveva avuto fino alla data del 31 dicembre 1998.

Deduceva, ancora l'attore, che esisteva la giurisdizione dell'autorita' giudiziaria ordinaria in quanto, come peraltro confermato da diverse pronunce della Cassazione ss.uu. (ex plurimis Cass., ss.uu., n. 8522/02) a seguito della introduzione del d.lgs. n. 258/2000 (di correzione ed integrazione del precedente d.lgs. n. 152/1999) e, piu' specificamente, a seguito dell'introduzione dell'art. 24 del cennato d.lgs n. 258/2000 di modifica ed integrazione dell'art. 62, d.lgs. n. 152/1999, a partire dal 3 ottobre 2000 il canone di depurazione aveva perso la propria natura tributaria, sicche', dalla suddetta data, esso aveva la giurisprudenza del giudice ordinario, confermata dalla pronuncia della S.C. a ss.uu. con sentenza n. 8522/02, aveva affermato il principio che a partire dal 3 ottobre 2000, il canone di depurazione perdeva la natura tributaria, sicche', dalla suddetta data, assumeva valore di corrispettivo di diritto privato.

Soggiungeva l'attore che il canone di depurazione presupponeva, in forza del vincolo sinallagmatrico che lega le parti nel contratto di somministrazione, l'effettiva fruizione del servizio e che in assenza di tale fruizione, nella chiara configurazione sia di un inadempimento contrattuale che dei presupposti per la risoluzione per inadempimento limitatamente a singole coppie di prestazioni, il somministrato aveva diritto alla restituzione della somma pagata al convenuto per il servizio di depurazione. Tale elementare principio di diritto privatistico, proseguiva l'attore, era stato fatto proprio anche dalla giurisprudenza tributaria, menzionando all'uopo la sentenza n. 319/2001 della Commissione tributaria di Milano, nella quale veniva statuito che "nessuno e' tenuto al pagamento di un tributo quale corrispettivo di un. servizio non reso e non ha rilievo sostenere che il corrispettivo sarebbe comunque dovuto per la...

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