Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Prescrizione - Reati di competenza del giudice di pace - Reati puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria - Termine di prescrizione di tre anni - Lamentata irragionevolezza e violazione del principio di eguaglianza - Eccepita inammissibilita' per ...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente

Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 157, primo e quinto comma, del codice penale, come sostituiti dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), promossi con ordinanze del 21 marzo 2006 dal Tribunale di Perugia, del 27 aprile 2006 dal Tribunale di Reggio Emilia, del 6 settembre 2006 dalla Corte di cassazione e del 14 febbraio 2007 dal Tribunale di Grosseto, sezione distaccata di Orbetello, rispettivamente iscritte ai nn. 415 e 436 del registro ordinanze del 2006 ed ai nn. 112 e 399 del registro ordinanze del 2007, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 43, 1ª serie speciale, dell'anno 2006, edizione straordinaria del 2 novembre 2006, e nn. 12 e 22, 1ª serie speciale, dell'anno 2007; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 12 dicembre 2007 il giudice relatore Gaetano Silvestri.

Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di Perugia in composizione monocratica, con ordinanza del 21 marzo 2006 (r.o. n. 415 del 2006), ha sollevato - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui non dispone che il termine triennale di prescrizione, previsto per i reati puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applichi anche agli ulteriori reati di competenza del giudice di pace. Il rimettente illustra come si proceda, nel giudizio principale, per reati attribuiti alla competenza del giudice di pace, commessi in epoca antecedente all'entrata in vigore del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), e dunque rimessi, secondo la disciplina transitoria dello stesso d.lgs. n. 274 del 2000, alla cognizione del tribunale in composizione monocratica. Per i reati in questione sono peraltro gia' applicabili, in forza della citata disciplina transitoria (artt. 63 e 64), le "nuove" sanzioni introdotte con riguardo, appunto, agli illeciti penali attribuiti alla competenza del giudice di pace. Nel caso di specie - secondo l'ulteriore premessa del Tribunale - la dichiarazione di apertura del dibattimento e' intervenuta dopo l'entrata in vigore della legge n. 251 del 2005, con la conseguenza che dovrebbe trovare applicazione, se piu' favorevole, la nuova disciplina dei termini prescrizionali (comma 3 dell'art. 10 della stessa legge n. 251 del 2005). Il giudice a quo ritiene che il termine triennale previsto dal testo riformato del quinto comma dell'art. 157 cod. pen. - che si riferisce ai reati per i quali "la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria" - riguardi proprio gli illeciti attribuiti alla competenza del giudice di pace, se punibili con le sanzioni della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilita' (sanzioni cosiddette "para-detentive", in quanto ne' detentive ne' pecuniarie). Infatti, ove diversamente intesa, "la norma risulterebbe inapplicabile, in quanto priva di qualsivoglia concreto riferimento". Il Tribunale assume, in particolare, che dovrebbe farsi applicazione del quinto comma dell'art. 157 cod. pen. anche nei casi in cui la sanzione "para-detentiva" sia prevista in alternativa a quella pecuniaria: il fatto che in concreto il giudice possa irrogare solo la seconda non esclude infatti, a parere del rimettente, che la previsione edittale investa anche la sanzione "diversa", e che valga pertanto il termine prescrizionale di tre anni, in luogo di quello piu' lungo che il primo comma dello stesso art. 157 cod. pen. prevede per i reati puniti con pene detentive o con la sola pena pecuniaria. Tutto cio' premesso, il giudice a quo rileva che la disciplina della prescrizione per i reati di competenza del giudice di pace sarebbe "platealmente irragionevole". Infatti, per i fatti puniti unicamente con la sanzione pecuniaria, il termine sarebbe pari a quattro anni o a sei anni (a seconda che si tratti di contravvenzioni o delitti), mentre gli illeciti piu' gravi, per i quali e' applicabile anche (o solo) una sanzione coercitiva della liberta' personale (ancorche' non detentiva), sarebbero suscettibili di estinzione nell'arco di un triennio. Cio' in specifico contrasto con l'aspettativa di un "oblio sociale dell'illecito" piu' o meno tempestivo a seconda della portata dell'offesa, e comunque con il criterio di un piu' marcato interesse punitivo per i fatti di maggior gravita'. Il Tribunale pone in rilievo come la denunciata anomalia si riscontri anche per sequenze di progressione nell'offesa ad un medesimo bene: nel caso di percosse senza lesioni - fatto punibile a norma dell'art. 581 cod. pen. con la sola pena pecuniaria - il reato si prescrive in sei anni, mentre, se le stesse percosse provocassero lievi lesioni personali (punibili anche con la permanenza domiciliare, o con il lavoro di pubblica utilita', a norma dell'art. 582 cod. pen.), il termine per l'estinzione del reato sarebbe ridotto a tre anni. Secondo il giudice a quo, l'irrazionalita' della disciplina dovrebbe essere eliminata attraverso una parificazione dei termini prescrizionali per i reati attribuiti alla competenza del giudice di pace, in particolare estendendo a tutti la previsione del quinto comma dell'art. 157 cod. pen. L'allineamento del termine sui valori piu' elevati sarebbe infatti precluso dall'inammissibilita' di interventi manipolativi in malam partem, trattandosi nella specie di materia interessata da riserva di legge. Una prescrizione particolarmente sollecita, d'altra parte, sarebbe congrua con quella connotazione di "diritto mite" che segnerebbe, appunto, la giurisdizione penale di pace. Il Tribunale illustra, da ultimo, la rilevanza della questione nella fattispecie sottoposta al suo giudizio. All'imputato e' ascritto un reato di lesioni personali per il quale, essendo comminata anche la sanzione "para-detentiva", dovrebbe pervenirsi ad una sentenza dichiarativa dell'intervenuta prescrizione. Gli ulteriori reati contestati (minaccia ed ingiuria), puniti con la sola pena della multa, non sarebbero invece ancora prescritti, pur presentando rilievo minore. L'invocata pronuncia di illegittimita' del quinto comma dell'art. 157 cod. pen. implicherebbe che anche i fatti meno gravi, tra quelli ascritti all'imputato, resterebbero esenti da pena per la sopravvenuta prescrizione. 1.1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto nel giudizio con atto depositato il 13 novembre 2006. Secondo la difesa erariale, la questione proposta e' "inammissibile e infondata", pur prescindendo "dall'irrilevanza in questo stato del procedimento [...] posto che il procedimento non si trova avanti il giudice competente e posto che non viene concretamente in discussione l'entita' della effettiva pena e la sua applicabilita". Il rimettente - a giudizio dell'Avvocatura generale - muoverebbe da una soluzione interpretativa non ineluttabile, e cioe' che i reati di competenza del giudice di pace, quando puniti con la sola pena pecuniaria, si prescrivano nei termini indicati al primo comma dell'art. 157 cod. pen. Al contrario, anche in chiave di interpretazione "adeguatrice", dovrebbe ritenersi che la norma appena citata non riguardi le pene pecuniarie applicate dal giudice di pace, e che anche i reati sanzionati con tali pene ricadano, di conseguenza, nella previsione del quinto comma del citato art. 157. A sostegno del proprio assunto, la difesa erariale osserva come il legislatore, fin dall'approvazione della legge 24 novembre 1999, n. 468 (Modifiche alla legge 21 novembre 1991, n. 374, recante istituzione del giudice di pace. Delega al Governo in materia di competenza penale del giudice di pace e modifica dell'articolo 593 del codice di procedura penale), abbia inteso creare per la...

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