Ordinanza del 22 dicembre 2006 emessa dalla Corte d'appello di Perugia nel procedimento penale a carico di Pieretti Claudio Massimo Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Preclusione, salvo nelle ipotesi di cui all'articolo 603, comma 2,...

LA CORTE DI APPELLO Letta l'istanza con la quale il difensore di Pieretti Claudio Massimo chiede dichiararsi l'inammissibilita' dell'appello proposto dal Procuratore della Repubblica di Orvieto avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Orvieto in data 17 novembre 2003, con la quale il Pieretti era stato assolto dalla imputazione ascrittegli; Ritenuto che, nel presente procedimento, si pone la questione della illegittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 593 c.p.p., come modificato dall'art. 1, legge n. 46/2006, e 10, legge cit., nonche' degli artt. 6, comma 1, legge n. 46/2006 e 576 c.p.p. come novellato, piu' volte sollevata da questa corte.

O s s e r v a Nel presente processo la questine di illegittimita' del combinato disposto normativo di cui sopra si presenta certamente rilevante in quanto la corte, investita dall'appello proposto dal p.m. avverso una sentenza di proscioglimento, in applicazione delle norme impugnate, dovrebbe dichiarare l'inammissibilita' dell'appello medesimo; Ritiene la corte, nella fase preliminare di delibazione della ammissibilita' dell'appello, di dover sollevare ex officio l'eccezione di incostituzionalita' del combinato disposto degli artt. 593 c.p.p. - come modificato dall'art. 1, legge n. 46/2006 - e 10, legge cit., nella parte in cui inibiscono al p.m. di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento ed impongono la declaratoria di inammissibilita' degli appelli gia' proposti, la quale appare non manifestamente infondata. La nuova normativa infatti, per quanto si dira', realizza una drastica compromissione dei poteri processuali del p.m., determinando una evidente asimmetria, quanto ai poteri di impugnazione delle sentenze, la quale non puo' dirsi assolutamente giustificata da ragionevoli considerazioni di principio ovvero di politica legislativa processuale, con conseguente violazione, sotto questo profilo degli artt. 111, comma 2, e 3 Cost. Inoltre la stessa, in sede applicativa, e' foriera di tali incongruenze, da consegnare nelle mani degli operatori del diritto un meccanismo praticamente ingestibile, nell'ambito del quale qualsiasi opzione ermeneutica si prediliga e' ineluttabilmente destinata a cozzare con un diverso profilo di illegittimita' costituzionale, determinando, soprattutto nel regime transitorio, notevoli disparita' di trattamento ovvero la necessita', onde evitare soluzioni pasticciate, del ricorso ad una sorta di giurisprudenza "creativa", o "suppletiva" delle sviste del legislatore. Tutto cio' in contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione (Art. 97 Cost.) ed a conferma della irragionevolezza complessiva del sistema delineato dalla normativa in argomento. Quest'ultima inoltre, in particolar modo nel regime transitorio, e' destinata ad incidere negativamente sui tempi processuali, determinando la necessita' dello svolgimento di un maggior numero di gradi di giudizio, a fronte di sentenze gravemente erronee, laddove l'errore ridondi in vizio di motivazione, in violazione del citato comma 2 dell'art. 111 Cost., ultimo periodo. Risulta pertanto necessario, al fine di porre in luce i profili di incostituzionalita' delineati in termini generalissimi, rivolgere uno sguardo di insieme alla nuova legge, ai lavori preparatori, alla interlocuzione del Presidente della Repubblica, che ha ravvisato profili di manifesta illegittimita', rinviando la legge alle Camere per una nuova deliberazione, nonche' alle modifiche apportate onde correggere le suddette censure di incostituzionalita'. Un tale discorso di insieme, lungi dal coinvolgere in un generico giudizio negativo l'impianto generale della legge, in violazione della regola della obbligatoria...

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