Ordinanza emessa l'11 giugno 2007 dalla Corte di appello di Salerno nel procedimento penale a carico di Alvino Giovanni ed altro Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di non luogo a procedere - Mancata previsione - Violazione del principio di ragionevolezza...

LA CORTE DI APPELLO

Ha pronunziato la seguente ordinanza nel procedimento in epigrafe indicato a carico di: Alvino Giovanni, nato a Pontecagnano il 20 settembre 1972 ed ivi residente, piazza Risorgimento n. 15; Dante Mali nato a Ricigliano il 15 marzo 1950 e residente in Battipaglia, viale De Crescenzo n. 4; pendente a seguito di appello del Procuratore generale di Salerno avverso la sentenza del G.i.p. del Tribunale di Salerno del 4 maggio 2004, con la quale fu dichiarato non doversi procedere nei confronti dei predetti imputati, ai sensi dell'art. 425 c.p.p., per i reati di truffa ed associazione per delinquere, perche' il fatto non sussiste;

Ritenuto che si ravvisi non infondata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 428 c.p.p., come modificato dall'art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 e dall'art. 10 della stessa legge per contrasto con gli articoli 3, 111, secondo comma e 112 della Costituzione;

Visto il verbale di causa e le dichiarazioni delle parti.

Tanto premesso, questa Corte, sotto il profilo della rilevanza della questione osserva che l'art. 10, secondo comma, della legge prevede l'immediata dichiarazione di inammissibilita', con ordinanza non impugnabile, dell'appello contro una sentenza di proscioglimento proposto dall'imputato o dal pubblico ministero, con una esplicita deroga al principio tempus regit actum, che normalmente regola la successione delle norme processuali.

L'inesistenza di eccezioni alla dichiarazione di inammissibilita' e di qualsiasi valutazione da parte del giudice, diversa dalla mera constatazione che e' stato proposto un appello dal p.m.. avverso una sentenza di proscioglimento (per cui si prevede anche non impugnabilita' della relativa ordinanza) non consente di pervenire, con il mezzo della interpretazione, ad altra soluzione.

Ne consegue che la questione di questione di legittimita' costituzionale del nuovo testo dell'art. 428 c.p.p. e dell'art. 10 della legge n. 46 del 2006 e' rilevante perche' solo la dichiarazione di incostituzionalita' delle citate norme consentirebbe a questa Corte di appello di esaminare i motivi di appello proposti dal p.m. appellante.

Passando ora ad esaminare il profilo della non manifesta infondatezza si osserva che la proposta questione appare non manifestamente infondata in relazione agli articoli 3, 111, secondo comma, e 112 della Costituzione per i motivi che di seguito, sinteticamente, si espongono.

A) L'art. 111, comma secondo, della Costituzione prevede che:

"Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti ad un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata".

Dunque:

  1. la parita' delle parti deve connotare l'intero processo quindi anche ogni sua singola fase (esclusa quella delle indagini preliminari);

  2. in ogni momento del processo deve essere garantito il contraddittorio delle parti.

Attraverso questi due momenti si svolge il tentativo di giungere all'accertamento della verita', in cui si sostanzia il processo.

Il quarto comma della stessa norma prevede poi che: "Il processo penale e' regolato dal contraddittorio nella formazione della prova".

A meno di non voler interpretare quest'ultima disposizione come una inutile ripetizione del primo comma, se ne deve dedurre che questo afferma la necessita' che il processo, nella sua interezza si svolga nel contraddittorio fra le parti ed in condizioni di parita' delle stesse ed il quarto regoli specificamente il principio del contraddittorio nella fase della formazione della prova, tanto piu' che, nel secondo comma dell'art. 111 vi e' un espresso riferimento al fatto che la parti si muovono, in parita', davanti ad un giudice terzo ed imparziale e queste sua qualita' hanno modo di oggettivarsi non solo nel momento della acquisizione della prova, ma anche in quello della decisione del processo.

Gia' dalla ordinanza della Corte costituzionale n. 421 del 2001, peraltro, si evince che il giudice delle leggi non ha condiviso la tesi di chi sostiene che il principio della parita' delle parti sarebbe limitato alla fase del contraddittorio, perche', in realta', il principio introdotto dal secondo comma dell'art. 111 Cost. non e' altro che la veste autonoma data ad un principio desumibile dal sistema dei valori costituzionali (art. 3 Cost. in particolare).

La parita' delle parti deve dunque caratterizzare ogni momento del processo in ragione di quegli che sono gli interessi di cui ogni parte e' portatrice:, il p.m. esercita la pretesa punitiva dello Stato, per vedere affermata la responsabilita' di chi ha violato la legge penale, ed in questo tende a...

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