Ordinanza emessa il 28 maggio 2007 dal tribunale amministrativo regionale della Lombardia sul ricorso proposto da Chahafi Rahal contro Questura di Milano ed altro Straniero - Ingresso e permanenza nel territorio dello Stato - Divieto di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno, in caso di condanna, anche a seguito dell'applicazione della ...

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1373/2006 proposto da Chahafi Rahal rappresentato e difeso dall'avv. Amedeo Rizza nello studio del quale e' elettivamente domiciliato in Milano, piazza del Tricolore, n. 2;

Contro la Questura di Milano, in persona del Questore pro tempore, ed il Ministero dell'interno, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dalla Avvocatura distrettuale dello Stato, presso cui sono domiciliati ex lege in Milano, via Freguglia n. 1, per l'annullamento del provvedimento n. 132/2006 IMM., emesso dal Questore della Provincia di Milano in data 23 marzo 2006, notificato il 5 maggio 2006, di rigetto dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dal ricorrente per motivi di lavoro.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore alla pubblica udienza del 28 febbraio 2007 il dott. Vincenzo Blanda;

Uditi l'avv. M.L. Frescura, in sostituzione dell'avv. Amedeo Rizza, per il ricorrente ed, ai preliminari di udienza, l'avv. dello Stato Silvana Vanadia;

Considerato in fatto ed in diritto quanto segue.

F a t t o

Con ricorso notificato il 12 maggio 2006 e depositato presso la segreteria del tribunale il 23 maggio 2006, Chahafi Rahal, cittadino del Marocco, ha impugnato il decreto con il quale la Questura di Milano, in data 23 marzo 2006, ha negato il rinnovo del permesso di soggiorno, sulla base di una sentenza emessa dal Tribunale di Monza ai sensi dell'art. 444 c.p.p. di applicazione della pena di mesi otto di reclusione e Euro 2.000,00 di multa, ai sensi dell'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309/1990, per cessione di sostanze stupefacenti.

A sostegno del gravame l'interessato ha dedotto i seguenti motivi:

1) violazione di legge intesa come falsa applicazione dell'art. 4 del d.lgs. n. 286/1998 con riferimento agli articoli 1, 2 e 3 della legge n. 1423/1956, dell'art. 86 del d.P.R. n. 309/1990 in ordine ai criteri di valutazione della pericolosita' sociale.

Il provvedimento di diniego si fonderebbe unicamente su una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, per la quale sarebbe stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Nella sentenza in questione il Tribunale di Monza avrebbe evidenziato "la non particolare gravita' dei fatti in relazione al quantitativo della sostanza rinvenuta nonche' l'incensuratezza del ricorrente", elementi dai quali avrebbero tratto "un giudizio prognostico favorevole in ordine alla futura astensione dall'illecito penale".

L'Autorita' di pubblica sicurezza, anche in virtu' di quanto stabilito dalla Corte di cassazione, sez. I civ. con la sentenza n. 12721/2002, avrebbe dovuto precisare le ragioni per le quali il ricorrente e' da considerare socialmente pericoloso, non potendo essere ritenute sufficienti in tal senso il mero riferimento all'esistenza di denunce penali o di sentenze di condanna.

Nel caso di specie mancherebbero, inoltre, i presupposti previsti dall'articolo 1 della legge n. 1423/1956 e dall'art. 86 del d.P.R. n. 309/1990, stante l'assenza di una concreta pericolosita' sociale e di una valutazione globale dell'intera personalita' del soggetto destinatario del provvedimento.

L'amministrazione non avrebbe tenuto conto del fatto che la condanna ha riguardato un singolo episodio di cessione di un quantitativo minimo di cocaina, tant'e' che il Tribunale di Monza ha riconosciuto l'ipotesi lieve di cui al comma 5 dell'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990;

2) violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere nelle forme del difetto di motivazione dell'atto impugnato.

Il decreto impugnato e' stato adottato omettendo qualsiasi valutazione concreta della pericolosita' sociale del ricorrente, ai sensi degli articoli 1, 2 e 3 della legge n. 1423/1956 e dell'art. 86 del d.P.R. n. 309/1990, sulla base di un giudizio meramente probabilistico.

Un'istruttoria piu' accurata avrebbe consentito di verificare l'assenza di quelle condizioni di pericolosita' idonee a giustificare il diniego alla permanenza dell'interessato sul territorio nazionale.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'interno e la Questura di Milano.

Con ordinanza n. 1267 resa nella camera di consiglio del 31 maggio 2006 la Sezione ha respinto la domanda cautelare avanzata dall'interessato.

Le parti hanno prodotto memorie nelle quali illustrano ulteriormente le loro rispettive posizioni.

Alla udienza pubblica del 28 febbraio 2007, il difensore del ricorrente ha insistito per l'accoglimento del ricorso e la causa e' stata trattenuta in decisione.

D i r i t t o

  1. - In via preliminare, il Collegio deve occuparsi dell'eccezione sollevata nella memoria depositata il 14 febbraio 2007 dalla Avvocatura dello Stato riguardante la carenza di legittimazione passiva della Questura di Milano.

    Sostiene in particolare la difesa dell'Amministrazione che, sulla base di quanto disposto dall'art. 11 del T.U. n. 1611/1933, la legittimazione a resistere in giudizio spetterebbe esclusivamente al Ministero dell'interno e non alla Questura quale "organo interno dell'Amministrazione centrale dello Stato priva di autonoma soggettivita".

    L'assunto non rileva ai fini di causa posto che l'impugnazione e' stata correttamente notificata sia al Ministero dell'interno che alla Questura di Milano, quale organo che ha adottato l'atto gravato, presso la sede della Avvocatura distrettuale dello Stato del predetto capoluogo, cosi' come previsto dalla norma sopra menzionata.

  2. - Venendo al merito del ricorso i due motivi esposti dall'interessato possono essere trattati congiuntamente attesa la loro evidente e stretta connessione.

    L'istante lamenta l'illegittimita' del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, il quale si fonderebbe unicamente sulla sentenza emessa il 21 marzo 2004 a carico dell'interessato dal Tribunale di Monza, a seguito di patteggiamento, alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, per il reato di cessione illecita di sostanze stupefacenti di cui all'art. 75, comma 5, del d.P.R. n. 309/1990.

    Il ricorrente contesta l'automatismo applicato dall'Autorita' di P.S. che ha ritenuto sussistente la pericolosita' sociale dello straniero senza che tale giudizio sia stato puntualmente motivato sulla base di una adeguata istruttoria riguardante l'intera personalita' del soggetto.

    L'amministrazione, in particolare, non avrebbe tento conto che il ricorrente risulta gravato da un'unica condanna, la cui pena e' stata condizionalmente sospesa; ne' della prognosi favorevole formulata dai giudici penali in ordine alla futura astensione dalla commissione di altri...

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