Ordinanza emessa l'8 marzo 2007 dal tribunale di Grosseto - Sezione distaccata di Orbetello nel procedimento penale a carico di Treggiari Adolfo Reati e pene - Prescrizione - Reati di competenza del giudice di pace - Reati puniti con la sola pena pecuniaria ai sensi dell'art. 52, commi 1 e 2, lett. a), prima parte, d.lgs. n. 274/2000 - Termine m...

IL TRIBUNALE

Nel procedimento penale iscritto al numero di cui in epigrafe, a carico di Treggiari Adolfo in ordine al reato di cui all'art. 594 c.p.;

Sentite le parti, alla pubblica udienza dell'8 marzo 2007, ha dato lettura della seguente ordinanza.

E' rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, primo comma, c.p., come sostituito dall'art. 6, legge 5 dicembre 2005, n. 251, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede il termine minimo di prescrizione di anni sei per i delitti e di anni quattro per le contravvenzioni, anziche' di anni tre, anche per i reati puniti con la sola pena pecuniaria ai sensi dell'art. 52 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

1) Esposizione dei fatti e rilevanza.

L'imputato e' stato citato dinanzi a questo tribunale competente per rispondere del reato di cui all'art. 594 c.p. per aver offeso l'onore ed il decoro di Rogalla Jeannette.

Il delitto contestato rientra tra quelli indicati dall'art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. cit., ma la competenza appartiene a questo tribunale in composizione monocratica trattandosi di fatto commesso anteriormente al 2 gennaio 2002 (v. art. 64, comma 1). Tuttavia, debbono essere applicate le sanzioni previste per i reati di competenza del giudice di pace, stante il combinato disposto di cui agli artt. 63 e 64, comma 2, d.lgs. cit.

In particolare, deve applicarsi la sola pena pecuniaria della multa, ai sensi dell'art. 52, comma 2, lett. a), primo periodo, in quanto il delitto di cui all'art. 594 c.p. - contestato all'odierno imputato - e' punito con la pena pecuniaria alternativa a quella detentiva non superiore nel massimo a sei mesi.

Nel presente giudizio sono applicabili le nuove disposizioni per effetto delle quali i termini di prescrizione risultino piu' brevi (v. art. 10, comma 3, legge n. 251 del 2005).

In punto di rilevanza, si osserva che l'accoglimento della questione di legittimita' costituzionale - nei termini di cui appresso - comporterebbe la prescrizione triennale del delitto per cui si procede, con la conseguenza che dovrebbe essere immediatamente pronunciata la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato ai sensi dell'art. 129 c.p.p. (il termine massimo di tre anni e nove mesi e', infatti, ampiamente maturato, in quanto il reato risale al 7 maggio 2001) non risultando dagli atti l'evidenza della prova giustificativa di una pronuncia assolutoria piu' favorevole. Diversamente, sulla base del regime normativo vigente, la prescrizione non risulta maturata ne' con riferimento al termine di sei anni di cui al nuovo art. 157, primo comma, c.p., ne' con riferimento al regime normativo vigente all'epoca della commissione del fatto in quanto la prescrizione quinquennale e' stata interrotta con il decreto di citazione a giudizio del 27 gennaio 2004, mentre il termine massimo di sette anni e mezzo (identico in relazione ad entrambe le discipline) non e' ancora scaduto.

Di qui la rilevanza della questione fondata sui motivi che si vanno ad indicare.

2) Non manifesta infondatezza.

L'art. 157, quinto comma, c.p., come sostituito dall'art. 6, legge n. 251/2005, prevede la prescrizione triennale quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria.

I primi commentatori hanno subito evidenziato i problemi relativi all'esatta delimitazione del campo applicativo della norma.

Preso atto del silenzio dei lavori parlamentari sul punto, l'attenzione e' stata accentrata sui reati di competenza del giudice di pace, in relazione alle sanzioni della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilita' (v. artt. 52 e ss. d.lgs. n. 274/2000).

Tali sanzioni, in effetti, sono diverse dalle pene ordinarie di natura detentiva e pecuniaria, per cui e' ravvisabile l'unico presupposto applicativo contemplato dalla disposizione di cui al nuovo art. 157, quinto comma, c.p., rappresentato per l'appunto dalla punibilita' del reato per cui si procede con pene diverse da quelle tipiche.

Vi e', in realta', chi ha obiettato che la disposizione de qua non puo' trovare applicazione in ordine alle pene applicabili dal giudice di pace stante il disposto di cui all'art. 58, comma 1, d.lgs. cit., in cui si stabilisce che per ogni effetto giuridico le pene dell'obbligo di permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilita' si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria.

Tale obiezione, pero', non appare condivisibile.

La norma di cui all'art. 58, infatti, prevede soltanto un assimiliazione quanto agli effetti giuridici, finendo pero' in tal modo per rimarcare, anziche' per negare, la diversa natura giuridica delle pene applicabili dal giudice di pace rispetto alle ordinarie pene...

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