Ordinanza emessa il 16 febbraio 2007 dalla Corte di appello di Torino nel procedimento penale a carico di Laaouina Nourredine Reati e pene - Circostanze del reato - Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti - Divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309/1990 (in materia di traffico e det...

LA CORTE DI APPELLO

Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di Laaouina Nourredine, nato a Casablanca (Marocco) il 30 agosto 1974, alias Kamis Mohamed, nato a Casablanca (Marocco) il 30 luglio 1980, elettivamente domiciliato presso l'avv. Calogero La Verde del foro di Torino, difeso dallo stesso avv. Calogero La Verde del foro di Torino, imputato del delitto di cui all'art. 73, d.P.R. n. 309/1990, per avere illecitamente detenuto a fini di spaccio complessivi gr. 147 di hashish, contenenti gr. 2,61 di principio attivo; in Torino, il 7 marzo 2006; con recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale;

Premesso che l'imputato, essendo stato giudicato in primo grado dal g.u.p. del tribunale di Torino, con la sentenza emessa in data 13 ottobre 2006 e' stato dichiarato responsabile del reato ascrittogli e pertanto, riconosciuta l'attenuante di cui all'art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/1990 e le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata, e' stato condannato, valutata la diminuente del rito, alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 16.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia cautelare;

Premesso che il difensore dell'imputato ha presentato tempestivo appello avverso la sentenza pronunciata in primo grado nei confronti del proprio assistito richiedendo, tra l'altro, che il giudice del gravame contenesse la pena a costui irrogata ed applicasse la pena edittalmente prevista dall'art. 73, quinto comma d.P.R. n. 309/1990;

Rilevato che e' stata pertanto fissata udienza camerale innanzi a questa sezione della Corte di appello di Torino per la trattazione dell'appello come sopra proposto;

Sentite le parti che sono comparse nell'udienza odierna ed al termine della discussione hanno concluso testualmente nei seguenti termini:

il p.g. ha chiesto che la Corte, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 4 c.p. novellato, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti e, in particolare, di quella di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 sulla ritenuta circostanza aggravante della recidiva reiterata per contrasto con gli artt. 3, 25, secondo comma e 27, terzo comma della Costituzione, ordini la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sospendendo il processo, in subordine, che la Corte confermi la sentenza appellata;

La difesa in principalita' si e' associata alla richiesta formulata dal p.g.; in subordine ha richiamato i motivi di appello e ne ha chiesto l'accoglimento;

Tutto cio' premesso, osserva quanto segue.

  1. - La difesa dell'imputato, nel motivare il gravame proposto, lamenta l'eccessivita' della pena che la sentenza appellata ha inflitto al proprio assistito e chiede pertanto che essa sia congruamente ridotta.

    Ricorda che la decisione impugnata, dopo avere dichiarato l'imputato responsabile del reato di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309/1990, ha peraltro ritenuto di applicare alla fattispecie concreta l'ipotesi attenuata prevista dal quinto comma della citata disposizione di legge in considerazione della sue lieve entita'; che, inoltre, ha riconosciuto il prevenuto meritevole delle attenuanti generiche; che, da ultimo, ha ritenuto le due menzionate circostanze attenuanti equivalenti alla contestata recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale, cosi' come prescrive l'art. 69, ultimo comma c.p. a seguito della riforma introdotta dalla legge n. 251/2005. Rileva che cio' significa, stando all'interpretazione alla quale mostra di avere aderito il giudice di prime cure, che il giudice ha modulato la pena entro i limiti previsti dall'art. 73, primo comma d.P.R. n. 309/1990: ovvero che e' partito a questo fine dall'assunto che la pena dovesse essere determinata tra un minimo di sei anni di reclusione ed un massimo di venti anni quanto alla reclusione, tra un minimo di euro 26.000 e un massimo di euro 260.000 quanto alla multa; e cio' nonostante avesse riconosciuto la lieve entita' del fatto commesso, oltre al buon comportamento serbato dal prevenuto nel corso del processo.

    Cio' premesso, dissente dall'interpretazione che risulta adottata nella sentenza. E precisamente obietta che, a suo avviso, l'ipotesi della lieve entita' del fatto considerata nel citato art. 73, quinto comma non puo' essere reputata una semplice circostanza attenuante ad effetto speciale, bensi' una fattispecie autonoma di reato. Dall'attribuzione di una diversa qualificazione giuridica all'ipotesi in esame (ritenuta ipotesi autonoma, non circostanza attenuante) ricava, pertanto, che il giudice di merito avrebbe dovuto contenere la sanzione entro i limiti previsti dall'art. 73, quinto comma d.P.R. n. 309/1990: e cioe' avrebbe dovuto determinarla tra un minimo di un anno ed un massimo di sei anni di reclusione e tra un minimo di euro 3.000 ed un massimo di euro 26.000 di multa, appunto perche' avrebbe dovuto operare il calcolo della pena partendo dal presupposto che si tratta di un'autonoma fattispecie normativa.

    La difesa motiva la propria valutazione che pone in discussione la natura dell'ipotesi delineata nell'art. 73, quinto comma citato postulando che debba essere attribuita una particolare portata all'introduzione, attuata con la legge n. 251/2005, del successivo comma 5-bis. Questa disposizione infatti, nel prevedere che, nell'ipotesi di cui al quinto comma dello stessa articolo, il giudice possa applicare alla persona tossicodipendente o all'assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope che ne facciano richiesta la pena del lavoro di pubblica utilita', anziche' le pene detentive e pecuniarie in essa stabilite, a modo di vedere della parte appellante ha implicitamente presupposto che l'ipotesi prevista dall'art. 73, quinto comma citato costituisce un'autonoma figura di reato. Adduce a tale proposito che, se l'ipotesi in questione fosse qualificata come attenuante ad effetto speciale, allora non avrebbe senso l'espressa eccezione prospettata per il caso che si debba concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena. Pensa, in altre parole, che la mancata concessione del beneficio il piu' delle volte, nelle occorrenze che si possono frequentemente verificare, sia dettata dall'impedimento costituito dalla recidiva prevista dall'art. 99, quarto comma c.p. Pertanto ritiene che l'esplicito richiamo all'ipotesi del quinto comma citato consenta di presumere che il legislatore consideri come ordinariamente molto. probabile, e comunque non implausibile, l'eventualita' che le pene irrogate siano, in linea di massima, contenute entro i limiti previsti in tale disposizione, poiche' solo l'irrogazione di pene comprese entro tali limiti e' compatibile con un'eventuale concessione della sospensione condizionale della pena a cui osti la recidiva.

    Questa Corte di appello tuttavia non condivide la tesi esposta nel motivo di gravame circa l'esatta qualificazione giuridica dell'ipotesi attenuata di cui si disputa.

    Non puo' evitare di obiettare che non e' corretto basare l'interpretazione intesa a ricostruire l'intendimento del legislatore sopra l'id quod plerumque accidit nelle vicende concrete che la norma e' chiamata a disciplinare: nel caso di specie, sul tacito presupposto che il legislatore riferisca la mancata concessione della sospensione condizionale della pena all'eventualita', ritenuta probabile, che alla concessione del beneficio si opponga la contestazione della recidiva prevista dall'art. 99, quarto comma c.p. La natura generale ed astratta della legge penale e' incompatibile con un procedimento ermeneutico che faccia riferimento ad accadimenti che non esauriscono del tutto la sfera del particolare fenomeno esaminato perche' sono solo probabili, ma non certi. Quindi la mera eventualita' che il soggetto condannato non abbia diritto...

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