Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale promosso nei confronti di un parlamentare per dichiarazioni ritenute diffamatorie - Deliberazione di insindacabilita' del Senato della Repubblica - Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal Giudice dell'udienza prelim...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Franco BILE;

Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 30 giugno 2004 (Doc. IV-quater, n. 22) relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore Roberto Castelli nei confronti del deputatoOliviero Diliberto, promosso con ricorso del giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma, notificato il 21 febbraio 2006, depositato in cancelleria il 28 febbraio 2006 ed iscritto al n. 24 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di merito;

Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica;

Udito nell'udienza pubblica del 3 luglio 2007 il giudice relatore Paolo Maddalena;

Udito l'avvocato Nicolo' Zanon per il Senato della Repubblica.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ricorso depositato l'8 giugno 2005, il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, chiedendo a questa Corte di dichiarare che non spetta al Senato affermare che i fatti per cui e' in corso procedimento penale a carico del senatore Roberto Castelli, pendente dinanzi ad esso GUP, concernono opinioni espresse nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, e, conseguentemente, di annullare la delibera adottata il 30 giugno 2004 (Doc. IV-quater, n. 22) "per il procedimento civile avente medesimo oggetto e che, come risulta dagli atti, il Senato ha ritenuto applicabile anche alla fattispecie presente".

    Il ricorrente premette che, con querela del 27 aprile 2004, il deputato Oliviero Diliberto lamentava che, nel corso della trasmissione televisiva "Telecamere", registrata in data 18 marzo 2004 e andata in onda il successivo giorno 21, il senatore Roberto Castelli aveva profferito dichiarazioni diffamatorie nei suoi confronti.

    In particolare, secondo la querela, alla domanda rivolta dal deputato Diliberto al senatore Castelli su quali fossero le ragioni della presenza di quest'ultimo ad una manifestazione di giovani padani svoltasi davanti al "Parlamento" (manifestazione nel corso della quale erano state pronunciate le parole "chi non salta italiano e"), il senatore Castelli aveva risposto: "Piuttosto che mandare in giro a sprangare come fai tu preferisco saltare".

    Inoltre, nel corso della stessa trasmissione televisiva, il senatore Castelli aveva sostanzialmente addebitato al querelante "di essere il mandante di azioni delittuose", affermando testualmente: "Fascisti, borghesi, ancora pochi mesi, te lo ricordi? Poi hanno sparato ed i tuoi amici sono in Francia"; e, sempre nel medesimo contesto, il senatore Castelli aveva dichiarato: "Credo sia molto piu' grave andare a ricevere con gli onori le terroriste che voi avete fatto liberare con l'inganno", con cio' accusando il deputato Diliberto "di aver operato illegalmente per favorire il rientro in Italia di terroristi, allorche' aveva svolto l'incarico di Ministro della giustizia nel primo governo D'Alema".

    Il GUP ricorrente rammenta altresi' che, con ordinanza del 13 dicembre 2004, il "Tribunale dei ministri", investito dei predetti fatti su iniziativa del pubblico ministero in considerazione della carica ricoperta dal senatore Castelli nel Governo, aveva dichiarato la propria incompetenza e disposto la restituzione degli atti, ritenendo che si trattasse di reati comuni.

    Successivamente - si espone ancora nel ricorso - la Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, in data 18 maggio 2005, aveva ritenuto che per i fatti contestati al senatore Castelli in sede penale, oggetto del procedimento pendente dinanzi ad esso giudice ricorrente, dovesse intendersi applicabile la deliberazione di insindacabilita' gia' adottata dal Senato il 30 giugno 2004 (su conforme proposta della Giunta in data 15 giugno 2004), trattandosi di delibera riferita alle medesime dichiarazioni per le quali era stato gia' instaurato un giudizio civile.

    Nella proposta della Giunta del 15 giugno 2004 - riferisce sempre il GUP del Tribunale di Roma - si poneva in risalto, tra l'altro, "che la contrapposizione della propria figura e della propria condotta politico amministrativa di Ministro della giustizia con quella dei suoi predecessori della scorsa legislatura e' la cifra della pubblica presentazione che il senatore Castelli fa del suo operato quale Ministro della giustizia, sin dall'assunzione della carica", essendo egli figura di spicco del gruppo politico parlamentare della Lega Nord che "ripetutamente appunto' la sua attenzione sulle vicende connesse alla gestione del "caso Baraldini" da parte del secondo governo della scorsa legislatura, in cui il deputato Diliberto rivestiva la carica di Guardasigilli". In particolare, si osservava ancora nella proposta della Giunta, e' "da almeno sei mesi" che tra la Lega Nord ed il partito "di cui il deputato Diliberto e' segretario nazionale si va sviluppando una contrapposizione politica piuttosto accesa, della quale, per lo stesso tenore delle polemiche e per la sede pre-elettorale in cui si svolgono, e' bene che sia arbitra la pubblica opinione assai piu' che la sede giurisdizionale".

    Espone il ricorrente che nella stessa proposta si assumeva esservi una "sperequazione", sotto il profilo della garanzia prevista dall'art. 68, primo comma, Cost., tra la posizione rivestita da un ministro, "che nel nostro ordinamento costituzionale puo' anche essere parlamentare ma che non puo' ovviamente spiegare la sua attivita' negli atti tipici che questa funzione contempla", e quella del "mero parlamentare", giacche' "la giurisprudenza costituzionale riconnette il nesso funzionale alla preesistenza di atti parlamentari tipici in corrispondenza contenutistica sostanziale con l'espressione delle opinioni". A tal fine, si sosteneva nella proposta della Giunta, la posizione del ministro presentava "analogia" con quella del parlamentare "che, a Camere sciolte, eserciti attivita' di cronaca o di critica politica su fatti successivi allo scioglimento, senza percio' avere la possibilita' di produrre atti di sindacato ispettivo preesistenti". Un caso, questo, venuto all'esame durante la XIII legislatura (Doc. IV-quater, n. 34, riguardante il senatore Meduri) e deciso nel senso dell'insindacabilita' delle opinioni espresse dal parlamentare; sicche' - si concludeva nella proposta - "non pare possibile discostarsi da quel precedente nel caso di specie, che comunque rappresenta un'estrinsecazione del diritto di critica motivato politicamente".

    Tanto premesso, il GUP ricorrente sostiene che il Senato "abbia erroneamente valutato la sussistenza dei presupposti necessari per poter considerare le dichiarazioni rese dal senatore Castelli ricollegabili all'ipotesi prevista dall'art. 68, primo comma, della Costituzione". Infatti, nel rammentare che la...

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