Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale - Intervento di soggetto, parte di giudizio diverso da quello in cui e' stata sollevata la questione - Inammissibilita'. Ordinamento giudiziario - Conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di primo e di seco...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Franco BILE;

Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 45, della legge 25 luglio 2005, n. 150 (Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonche' per l'emanazione di un testo unico), e del combinato disposto degli artt. 2, comma 10, lettera a), della stessa legge n. 150 del 2005 e 3 del decreto legislativo 16 gennaio 2006, n. 20 (Disciplina transitoria del conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimita', nonche' di primo e secondo grado, a norma dell'articolo 2, comma 10, della legge 25 luglio 2005, n. 150), promossi con n. 2 ordinanze del 23 febbraio 2007 dal Tribunale amministrativo regionale del lazio sui ricorsi proposti da G.S. e da L.D.N. contro il Consiglio superiore della magistratura ed altri, iscritte ai numeri 238 e 239 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 2007.

Visti gli atti di costituzione di L.D.N. e di L.R., nonche' gli atti di intervento di L.D.R., di G.L., fuori termine, e del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 19 giugno 2007 e nella camera di consiglio del 20 giugno 2007 il giudice relatore Gaetano Silvestri;

Uditi gli avvocati Roberto Graziosi per L.D.R., Alberto M. Quaglia per G.L., Adriano Rossi per L.D.N., Tommaso Manferoce per L.R. e l'avvocato dello Stato Enrico Arena per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza del 23 febbraio 2007 (r.o. n. 238 del 2007), il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato - con riferimento agli artt. 3, 97 e 105 della Costituzione - questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 45, della legge 25 luglio 2005, n. 150 (Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonche' per l'emanazione di un testo unico), e del combinato disposto degli artt. 2, comma 10, lettera a), della stessa legge n. 150 del 2005 e 3 del decreto legislativo 16 gennaio 2006, n. 20 (Disciplina transitoria del conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimita', nonche' di primo e secondo grado, a norma dell'articolo 2, comma 10, della legge 25 luglio 2005, n. 150).

    Tali norme sono oggetto di censura nella parte in cui prevedono che gli incarichi direttivi concernenti uffici giudiziari di merito possano essere conferiti solo a magistrati che assicurino almeno quattro anni di servizio prima della data di "ordinario collocamento a riposo" indicata dall'art. 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie della magistratura), cioe' quella di compimento del settantesimo anno di eta'.

    Il giudizio a quo e' stato promosso dal dottor G.S. per l'annullamento della delibera con la quale il Consiglio superiore della magistratura, in data 31 maggio 2006, aveva conferito ad altro magistrato l'incarico direttivo di presidente d'una corte di appello, previa esclusione del ricorrente quale aspirante "non legittimato" a norma dell'art. 3 del d.lgs. n. 20 del 2006.

    Il Tribunale rimettente, dopo una ricognizione del quadro normativo, ritiene siano applicabili al caso di specie, ratione temporis, le disposizioni transitorie censurate, succedutesi senza soluzione di continuita' nell'attesa che trovi attuazione la delega conferita al Governo ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera h), numero 17 della legge n. 150 del 2005: disposizione quest'ultima con la quale si e' stabilita, in sostanza, l'esclusione dall'accesso agli incarichi direttivi di merito dei magistrati che abbiano gia' varcato la soglia del sessantaseiesimo anno di eta'.

    Tale delega e' stata esercitata con l'art. 35 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonche' in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150), la cui efficacia e' attualmente sospesa, fino alla data del 31 luglio 2007, a norma dell'art. 1, comma 1, della legge 24 ottobre 2006, n. 269 (Sospensione dell'efficacia nonche' modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario).

    Peraltro, come accennato, il legislatore ha disposto l'applicazione anticipata della disciplina delegata, dapprima con un'apposita norma transitoria della stessa legge di delega (il denunciato comma 45 dell'art. 2), e quindi, a far tempo dal 28 gennaio 2006, con la nuova disposizione transitoria introdotta dall'art. 3 del d.lgs. n. 20 del 2006, pure denunciato e tuttora vigente.

    Il rimettente censura, in sostanza, sia la norma di transizione direttamente approvata dal Parlamento sia quella introdotta dal Governo attraverso l'esercizio dell'apposita delega contenuta nell'art. 2, comma 10, della citata legge n. 150 del 2005, in questo secondo caso coinvolgendo nella censura anche la norma di delegazione.

    1.1. - Il Tribunale ritiene non manifestamente infondato il dubbio che la disciplina denunciata contrasti, per la sua irragionevolezza, con l'art. 3 Cost.

    Premessa del ragionamento e' la possibilita' per i magistrati di prolungare la propria permanenza in servizio ben oltre il termine di "ordinario collocamento a riposo", e cioe' fino al compimento del settantacinquesimo anno di eta', secondo il disposto dell'art. 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), aggiunto dall'art. 34, comma 12, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003).

    Il giudice a quo ritiene irragionevole che la nuova norma ordinamentale, finalizzata ad assicurare la continuita' di direzione dell'ufficio per almeno un quadriennio, debba essere applicata anche nei confronti di magistrati i quali, pur trovandosi a meno di quattro anni dalla data "ordinaria" di pensionamento, potrebbero esercitare le funzioni direttive per un periodo ben piu' lungo, e cio' attraverso il mero atto di esercizio d'un diritto potestativo, la cui attuazione comporta il prolungamento del servizio senza alcuna particolarita' di disciplina.

    La necessita' di considerare il futuro periodo di lavoro nelle sue dimensioni concrete, e non con riguardo alla data di ordinario collocamento a riposo, sarebbe comprovata, secondo il Tribunale, dalle disposizioni concernenti i magistrati che abbiano subito una ingiusta sospensione o, nelle stesse circostanze, abbiano anticipato il proprio pensionamento: e' stabilito infatti, per costoro, che il quadriennio a disposizione per l'ufficio direttivo sia calcolato aggiungendo, al tempo mancante per il compimento dei settanta anni di eta', un periodo pari a quello della sospensione e del servizio non espletato per l'anticipato collocamento in quiescenza, cumulati fra loro (art. 4 del d.lgs. n. 20 del 2006 e art. 35 del d.lgs. n. 160 del 2006, in relazione ai commi 57 e 57-bis dell'art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004", commi, rispettivamente, modificato e inserito dall'art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66, recante "Interventi urgenti per i pubblici dipendenti sospesi o dimessisi dall'impiego a causa di procedimento penale, successivamente conclusosi con proscioglimento", convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 11 maggio 2004, n. 126).

    La disciplina censurata sarebbe poi irragionevole, a parere del rimettente, anche per le implicazioni che ne sortirebbero circa la durata di fatto degli incarichi conferiti ai magistrati legittimati, potenzialmente pari ad almeno nove anni, con una grave riduzione di flessibilita' degli organigrammi, non sufficientemente contenuta, specie allo stato, dall'ancora inefficace disposizione sulla temporaneita' degli incarichi direttivi.

    1.2. - Gli elementi di irragionevolezza fin qui illustrati concorrono, nella prospettazione del rimettente, a determinare anche un vulnus al principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

    Il Tribunale muove dalla normativa secondaria che il Consiglio superiore della magistratura aveva adottato, sulla materia in questione, con il punto 2 della circolare 8 luglio 1999, P-13000. In quel contesto, la possibilita' per l'aspirante di garantire almeno un triennio di conduzione dell'ufficio direttivo costituiva uno degli elementi di valutazione positiva, senza escludere in assoluto la rilevanza di fattori che rendessero accettabile un periodo piu' breve. La ridotta durata del periodo di ulteriore servizio, in altre parole, non implicava un difetto di legittimazione per chi aspirasse all'incarico direttivo.

    Cio' premesso, il rimettente osserva che la diversa scelta legislativa, precludendo in astratto la partecipazione ai concorsi degli appartenenti ad intere fasce generazionali, limita il novero delle richieste valutabili dal Consiglio superiore ed esclude dalla comparazione magistrati portatori, in ipotesi, di...

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