Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Straniero e apolide - Espulsione amministrativa - Reato di rientro senza autorizzazione nel territorio dello Stato - Trattamento sanzionatorio - Limite minimo edittale di un anno di reclusione - Lamentata irragionevolezza, nonche' violazione dei principi di eguaglianza e della finalita'...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Franco BILE;

Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;

ha pronunciato la seguente

Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 13, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione), promossi con ordinanze del 19 gennaio 2005 dal Tribunale di Gorizia, dell'11 marzo 2005 dal Tribunale di Trieste, del 31 marzo 2005 dal Tribunale di Gorizia, del 23 aprile 2005 dal Tribunale di Trieste e del 30 marzo 2005 dal Tribunale di Gorizia, rispettivamente iscritte ai nn. 242, 314, 318, 437 e 462 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 19, 25, 26, 38 e 39, 1ª serie speciale, dell'anno 2005;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella Camera di consiglio del 23 maggio 2007 il giudice relatore Gaetano Silvestri;

Ritenuto che il Tribunale di Gorizia in composizione monocratica, con ordinanza del 19 gennaio 2005 (r.o. n. 242 del 2005), ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 13, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) - come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione) - nella parte in cui prevede la pena minima della reclusione pari ad un anno per lo straniero espulso che rientri nel territorio dello Stato senza la speciale autorizzazione del Ministro dell'interno;

che il giudice rimettente - investito del procedimento a carico del cittadino di uno Stato all'epoca non appartenente all'Unione europea, accusato d'essere rientrato nel territorio nazionale, dopo un precedente provvedimento di espulsione, senza la prescritta autorizzazione speciale - e' chiamato a valutare una richiesta congiunta di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale;

che secondo lo stesso rimettente la sanzione concordata tra le parti, pur computata a partire dal minimo edittale e con la massima possibile estensione delle riduzioni connesse alle attenuanti generiche ed al rito, sarebbe sproporzionata per eccesso rispetto alla gravita' effettiva del fatto contestato;

che il Tribunale rileva come la norma censurata sia stata modificata in sede di conversione del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione), contestualmente all'analogo intervento compiuto sull'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, che il legislatore avrebbe attuato, dopo la sentenza di questa Corte n. 223 del 2004, a fini di nuova legittimazione dell'arresto obbligatorio per il reato di indebito trattenimento dello straniero nel territorio nazionale;

che, in particolare, a fronte d'un provvedimento che aveva stabilito l'illegittimita' della previsione di arresto concernente un reato per il quale non avrebbe potuto essere successivamente applicata una misura cautelare, pur senza attingere il comma 13 dell'art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, il legislatore avrebbe trasformato la relativa contravvenzione in un delitto punito con la reclusione fino a quattro anni con uno scopo "evidentemente preventivo rispetto ad eventuali censure di incostituzionalita", nel contempo sostituendo l'originaria previsione dell'arresto in flagranza con quella dell'arresto obbligatorio, anche fuori dai casi di flagranza;

che dunque, a parere del rimettente, il marcato inasprimento della sanzione per il reato di indebito reingresso non sarebbe connesso alle caratteristiche sostanziali del fenomeno criminoso, rimaste invariate, ed avrebbe quindi alterato la necessaria proporzione tra pena edittale e disvalore della condotta incriminata, con conseguente lesione del principio di uguaglianza e del principio di necessaria finalizzazione rieducativa della pena;

che l'intervento riformatore sulla norma censurata, secondo il Tribunale, sarebbe privo di congruenza perfino rispetto alle ragioni giustificatrici emerse nel corso dei lavori parlamentari, non solo per la riferibilita' della sentenza n. 223 del 2004 di questa Corte ad una diversa fattispecie di reato, ma anche, e soprattutto, perche' l'obiettivo di consentire l'applicazione di una misura cautelare dopo l'arresto avrebbe potuto essere raggiunto con la fissazione a quattro anni del valore massimo di pena...

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