Ordinanza emessa il 16 gennaio 2007 dalla Corte di appello di Torino nel procedimento penale a carico di Leoni Antonietta Reati e pene - Circostanze del reato - Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti - Divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309/1990 (in materia di traffico e detenzi...

LA CORTE DI APPELLO

Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di Leoni Antonietta, nata a Sassari il 17 giugno 1952, difesa dall'avv. Fabrizio Bonfante del foro di Cuneo, la quale in primo grado, giudicata con sentenza in data 30 maggio 2006 dal Tribunale di Torino, e' stata dichiarata responsabile del reato a lei ascritto e, concessa l'attenuante di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, e' stata condannata, valutata la diminuente del rito, alla pena di anni quattro di reclusione e 18.000,00 euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia cautelare;

Premesso che all'imputata nel presente giudizio e' ascritto il reato di cui all'art. 73, commi 1 e 1-bis, d.P.R. n. 309/1990, perche', senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalla ipotesi previste dall'art. 75 stessa legge, cedeva, distribuiva, commerciava, procurava ad altri, consegnava e comunque illecitamente deteneva ad evidente fine di messa in vendita e commercio, un involucro termosaldato contenente grammi 9,9703 netti di eroina in pietra, sostanza stupefacente di cui alla tab. I prevista dall'art. 13, comma 1 e 14 della legge medesima; commesso in Torino in data 16 maggio 2006; con la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale;

Rilevato che il difensore dell'imputata ha presentato tempestivo appello avverso la sentenza pronunciata in primo grado richiedendo, tra l'altro, che la pena sia contenuta nei minimi edittali;

Rilevato che e' stata pertanto fissata udienza innanzi a questa sezione della Corte di appello per la trattazione dell'appello come sopra proposto;

Sentite le parti comparse nell'udienza odierna, concludenti, il p.g., per la conferma della sentenza appellata e, la difesa, per l'accoglimento dei motivi dell'appello;

Osserva quanto segue

  1. - Il difensore dell'imputata invoca, tra l'altro, il riconoscimento delle attenuanti generiche e comunque la riduzione della pena che e' stata irrogata in primo grado alla prevenuta in forza della prevalenza sulla recidiva che vorrebbe vedere attribuita all'ipotesi attenuata prevista dall'art. 73, quinto comma, d.P.R. n. 309/1990.

    La richiesta cosi' formulata, tuttavia, e' evidentemente in contrasto con la previsione dell'art. 69, quarto comma c.p., come modificato dall'art. 3 della legge n. 251/2005, nel punto in cui stabilisce che vi e' divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti. Infatti, come la sentenza appellata non ha mancato di rilevare nella motivazione, stante l'espresso divieto di prevalenza delle attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti stabilito per i recidivi reiterati dall'art. 69, quarto comma c.p. (cosi' come modificato dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251), nel caso che ne occupa il giudizio di bilanciamento con la recidiva non puo' andare oltre la mera equivalenza. Poiche' la volonta' del legislatore e' indubbiamente nel senso indicato nella motivazione ora richiamata, non e' quindi consentito aderire alla richiesta della difesa di formulare il giudizio di prevalenza dell'attenuante prevista dall'art. 73, quinto comma, d.P.R n. 309/1990, - eventualmente in unione con le pure richieste attenuanti generiche, - sulla recidiva che la sentenza emessa in primo grado ha ritenuto fosse stata correttamente contestata.

    Conseguentemente, dal menzionato divieto di prevalenza dell'attenuante ad effetto speciale dell'art. 73, quinto comma, d.P.R. n. 309/1990, sulla recidiva discendono l'impossibilita' di riformare in senso favorevole all'imputata la valutazione di equivalenza della citata attenuante con la recidiva e la necessita' di irrogare la pena nella misura indicata dall'art. 73, primo comma, d.P.R. citato, di gran lunga piu' elevata di quella prevista dal quinto comma della stessa disposizione (basti pensare che la pena detentiva prevista dal primo comma dell'art. 73 e', nel minimo, di sei anni di reclusione, mentre quella prevista dal quinto comma della stessa disposizione e' invece, sempre nel minimo, pari ad un anno di reclusione, per rendersi conto della sensibile differenza di trattamento che scaturisce dal divieto di prevalenza sancito dall'art. 69, quarto comma c.p., come novellato dall'art. 3 della legge n. 251/2005).

    Orbene, secondo questa Corte, non e' manifestamente infondato sostenere che il limite posto dal divieto di cui in premessa alla possibilita' di calcolare il trattamento sanzionatorio sulla base della prevalenza alle attenuanti appare in contrasto con i principi che si ricavano dall'interpretazione combinata degli artt. 27, terzo comma, 25, secondo comma e 3 della Carta costituzionale, vale a dire con i principi della finalita' rieducativa della pena, dell'offensivita' del reato e, in diretta correlazione con i principi prima indicati, della proporzionalita' e della ragionevolezza della pena.

    In effetti, la tesi, prospettata dalla difesa nei motivi dell'appello, secondo cui la previsione dell'art. 73, quinto comma, d.P.R. n. 309/1990, integrerebbe una fattispecie autonoma di reato e non un'attenuante ad effetto speciale, si pone in contraddizione con l'insegnamento di numerose pronunce della giurisprudenza di legittimita' (si vedano, tra altre, Cass. pen., sez. IV, 18 novembre 1995, n. 2611; Cass. pen., sez. IV, 1° giugno 1992, n. 3914; Cass. pen., sez. IV, 11 luglio 1991, n. 356; Cass. pen., sez. VI, 20 settembre 1991, n. 10278; Cass. pen., sez. unite, 31 maggio 1991, n. 9148: tutte concordi nel ritenere che si tratti di una circostanza attenuante ad effetto speciale, anziche' di una distinta ipotesi di reato). Non puo' percio' essere accolta.

    Inoltre, non pare si possa affermare che sarebbe sufficiente che il giudice di merito decidesse di non tenere nessun conto della recidiva nel calcolo della pena per vanificare il divieto stabilito dall'art. 69, comma quarto c.p., sul presupposto che l'aumento di pena che dipende dall'applicazione della...

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