Ordinanza emessa il 28 novembre 2006 dalla Corte di appello di Perugia nel procedimento penale a carico di Maragoni Mauro Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Preclusione, salvo nelle ipotesi di cui all'articolo 603, comma 2, cod. proc...

LA CORTE DI APPELLO

Visti gli atti del procedimento penale a carico di Maragoni Mauro, che e' stato assolto, con sentenza in data 15 dicembre 2004 del Tribunale di Terni in composizione monocratica, dal reato di omicidio colposo in danno di Giubila Ulisse; sentenza impugnata, in via principale dal p.g. con atto depositato in data 28 maggio 2005, nonche' in via incidentale dalle parti civili costituite, con atto depositato in data 11 luglio 2005;

Sentiti il p.g. di udienza e le parti private che hanno chiesto la sospensione del presente procedimento richiamandosi a precedenti ordinanze di questa Corte che ha sollevato l'eccezione di illegittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 593 c.p.p., come modificato dall'art. 1 legge n. 46/2006, e 10, legge cit., nonche' degli artt. 6, comma 1, legge n. 46/2006 e 576 c.p.p. come novellato;

O s s e r v a

Nel presente processo la questione di illegittimita' del combinato disposto normativo di cui sopra si presenta certamente rilevante in quanto la Corte, investita dall'appello proposto dal p.m. avverso una sentenza di proscioglimento, in applicazione delle norme impugnate, dovrebbe dichiarare l'inammissibilita' dell'appello medesimo;

Nel caso di specie risulta rilevante altresi' la questione con riferimento all'art. 576 c.p.p., nella parte in cui, secondo una determinata interpretazione, la norma, come novellata, escluderebbe il potere di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento anche in capo alla parte civile, e parimenti determinerebbe, ai sensi dell'art. 10, comma 1, legge n. 46/2006, la declaratoria di inammissibilita' dell'appello gia' proposto, con conseguente illegittima compressione dei diritti della persona danneggiata dal reato.

Ritiene la Corte che l'esame della prima questione sia pregiudiziale ed assorbente in quanto, la eventuale pronuncia di non manifesta infondatezza della eccezione relativa alla soppressione del potere di appello in capo al p.m., determina la necessita' di sospensione del processo ai fini della trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, qualunque opinione si prediliga in ordine alla permanenza o meno del potere di appello in capo alla parte civile, posto che non e' processualmente possibile la separazione e quindi la trattazione del solo appello proposto a fini civili, qualora ritenuto ammissibile.

Venendo dunque all'esame del merito della questione ritiene la Corte di dover sollevare d'ufficio questione di incostituzionalita' del combinato disposto degli artt. 593 c.p.p. - come modificato dall'art. 1, legge n. 46/2006 e 10 legge cit., nella parte in cui inibiscono al p.m. di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento ed impongono la declaratoria di inammissibilita' degli appelli gia' proposti, sia non manifestamente infondata, anche per profili diversi da quelli posti in rilievo dall'eccipiente.

La nuova normativa infatti, per quanto si dira', realizza una drastica compromissione dei poteri processuali del p.m., determinando una evidente asimmetria, quanto ai poteri di impugnazione delle sentenze, la quale non puo' dirsi assolutamente giustificata da ragionevoli considerazioni di principio ovvero di politica legislativa processuale, con conseguente violazione, sotto questo profilo degli artt. 111, secondo comma, e 3 Cost.

Inoltre la stessa, in sede applicativa, e' foriera di tali incongruenze, da consegnare nelle mani degli operatori del diritto un meccanismo praticamente ingestibile, nell'ambito del quale qualsiasi opzione ermeneutica si prediliga e' ineluttabilmente destinata a cozzare con un diverso profilo di illegittimita' costituzionale, determinando, soprattutto nel regime transitorio, notevoli disparita' di trattamento ovvero la necessita', onde evitare soluzioni pasticciate, del ricorso ad una sorta di giurisprudenza "creativa", o "suppletiva" delle sviste del legislatore. Tutto cio' in contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) ed a conferma della irragionevolezza complessiva del sistema delineato dalla normativa in argomento.

Quest'ultima inoltre, in particolar modo nel regime transitorio, e' destinata ad incidere negativamente sui tempi processuali, determinando la necessita' dello svolgimento di un maggior numero di gradi di giudizio, a fronte di sentenze gravemente erronee, laddove l'errore ridondi in vizio di motivazione, in violazione del citato secondo comma dell'art. 111 Cost., ultimo periodo.

Risulta pertanto necessario, al fine di porre in luce i profili di incostituzionalita' delineati...

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