Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Sequestro di persona a scopo di estorsione - Pena minima di venticinque anni di reclusione in difetto di circostanza attenuante speciale per i fatti di minore gravita' - Denunciata irragionevolezza ed ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a fattispecie analogh...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Franco BILE;

Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;

ha pronunciato la seguente

Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 630 del codice penale promosso con ordinanza del 19 maggio 2006 dal Tribunale di Padova nel procedimento penale a carico di D.S. ed altri, iscritta al n. 428 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, 1ª serie speciale, dell'anno 2006;

Visto l'atto di costituzione di D.G. nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 17 aprile 2007 il giudice relatore Giovanni Maria Flick;

Ritenuto che, con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Padova ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 630 del codice penale, nella parte in cui stabilisce, per il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, la pena minima di "anni venticinque di reclusione in difetto di circostanza attenuante speciale per i fatti di minore entita' o gravita";

che il giudice a quo premette di essere investito del processo penale nei confronti di tre cittadini albanesi, imputati del reato previsto dalla norma denunciata, per aver privato della liberta' personale altro cittadino extracomunitario allo scopo di ottenere, come prezzo della sua liberazione, il pagamento del corrispettivo di una cessione di sostanza stupefacente, precedentemente effettuata a favore del sequestrato;

che il rimettente riferisce, in particolare, che quest'ultimo era stato condotto a forza da quattro persone, armate di coltello (successivamente identificate nei tre imputati ed in un minorenne), presso un casolare abbandonato, ove era stato costretto a contattare, tramite telefono cellulare, propri connazionali al fine di reperire la somma di cui era debitore, richiesta come condizione per la sua liberazione e con minaccia di morte ove il versamento non fosse avvenuto;

che il sequestrato era rimasto quindi segregato nel casolare - legato ed imbavagliato - fino alla mattina del giorno successivo, allorche', a seguito della "segnalazione di un cittadino", i Carabinieri avevano provveduto alla sua liberazione;

che, ad avviso del giudice a quo, nel fatto ascritto agli imputati sarebbe ravvisabile il contestato delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione - punito, nella "forma base", con la reclusione da venticinque a trenta anni - e non gia' il concorso fra i reati di cui agli artt. 605 e 629 cod. pen;

che, al riguardo, si dovrebbe ritenere, infatti, "sostanzialmente vincolante", e comunque condivisibile, l'interpretazione accolta dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, in forza della quale - ai fini della configurabilita' del delitto in questione - l'ingiustizia del profitto perseguito dall'agente va apprezzata non in base alla personale valutazione di costui, ma con riferimento a canoni legali: con la conseguenza che il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione resterebbe integrato anche quando l'agente miri ad ottenere il pagamento di un debito derivante da un rapporto illecito precedentemente intercorso con la vittima (quale, nella specie, la cessione di sostanza stupefacente), trattandosi di pretesa priva di tutela legale;

che, cio' premesso, il rimettente dubita, tuttavia, della legittimita' costituzionale dell'art. 630 cod. pen., avuto riguardo alla rigidita' della risposta sanzionatoria da esso prefigurata;

che - rimarcato come la discrezionalita' del legislatore nella determinazione della pena per i singoli reati incontri il limite della ragionevolezza - il giudice a quo assume segnatamente che il minimo edittale di venticinque anni di reclusione, "per la sua estrema severita' e soprattutto per l'assenza di...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT