Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Giustizia amministrativa - Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo - Prosecuzione del processo davanti al giudice munito di giurisdizione - Possibilita' della conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda e degli atti compiuti - Mancata previsione - Vio...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Franco BILE;

Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 30 legge del 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), promosso con ordinanza del 21 novembre 2005 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria sul ricorso promosso da Toto' Pizzeria s.r.l. ed altro contro comune di Genova ed altri iscritta al n. 148 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21 - 1ª serie speciale - dell'anno 2006.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella Camera di consiglio del 24 gennaio 2007 il giudice relatore Romano Vaccarella.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza depositata il 21 novembre 2005 il Tribunale amministrativo regionale della Liguria ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, 111 e 113 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 30 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), nella parte in cui non consente al giudice amministrativo, che declini la giurisdizione, di disporre la continuazione del processo con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda.

    1.1. - Il dubbio e' stato prospettato nel corso di un giudizio intentato da una societa' al fine di ottenere l'accertamento della responsabilita' e la conseguente condanna del comune di Genova e dell'Azienda Multiservizi e d'Igiene Urbana s.p.a. (AMIU), al ripristino dello stato dei luoghi e al risarcimento dei danni causati dalla collocazione di una serie di "cassonetti a cascata", destinati alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nelle immediate vicinanze dei locali, da essa occupati, adibiti ad attivita' di ristorazione.

    La societa' attrice lamentava che, ottenuto dal comune un permesso di occupazione permanente del suolo pubblico antistante l'esercizio commerciale, se l'era visto, in parte, rioccupare dall'ente che, "senza comunicare l'avvio del procedimento", aveva iniziato lavori edili interessanti lo spazio oggetto di concessione ed aveva collocato, a pochi metri di distanza dall'entrata del locale, una sorta di impianto per la raccolta dei rifiuti solidi urbani.

    La societa', dopo avere infruttuosamente inoltrato segnalazioni e diffide all'amministrazione, aveva agito sia in via possessoria sia ex art. 700 del codice di procedura civile innanzi al tribunale civile al fine di ottenere il ristoro dei danni, la reintegrazione nel godimento dei beni e l'adozione di misure atte a scongiurare la lesione del diritto alla salute.

    Il giudice ordinario adito aveva, pero', dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a decidere la controversia, per essere la stessa devoluta, in quanto involgente la materia urbanistica ed edilizia, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 34, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall'art. 7, legge 21 luglio 2000, n. 205.

    Proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale, questo rilevava che l'intervento della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 - dichiarativa della parziale illegittimita' degli artt. 33, commi 1 e 2, e 34, comma 1, del d.lgs. 31 marzo n. 80 del 1998 -, aveva fatto venir meno la giurisdizione del giudice amministrativo, come eccepito dai convenuti.

    1.2. - Il giudice a quo osserva, in ordine alla rilevanza della questione, che l'art. 30 legge 6 dicembre 1971, n. 1034, impone al giudice amministrativo la mera declaratoria di difetto di giurisdizione, da adottare anche d'ufficio, precludendogli l'adozione di ogni altra pronuncia volta ad assicurare la possibilita' di riassumere il processo davanti al giudice fornito di giurisdizione, con conseguente salvezza degli "effetti sostanziali e processuali" della domanda, laddove la translatio iudicii consentirebbe di non vanificare l'attivita' processuale svolta e impedirebbe alla parte di subire gli effetti della decadenza "nel frattempo maturata", segnatamente di quella dalle azioni possessorie, da promuoversi nel termine annuale.

    1.3. - In ordine alla non manifesta infondatezza del dubbio, l'inutile "palleggio di giudizi" tra giudici appartenenti a giurisdizioni diverse, ma non separate, con gli inevitabili effetti distorsivi costituiti dal dispendio di energie processuali e di risorse economiche e dalla incolpevole perdita del diritto alle azioni possessorie, sarebbe, a giudizio del rimettente, in contrasto col principio costituzionale della ragionevole durata del processo e del diritto all'attuazione della legge, e cioe' con gli artt. 24, 111 e 113 Cost.

    Precisa anche il rimettente che, per scongiurare siffatte evenienze, non solo non sarebbe percorribile la via dell'interpretazione estensiva dell'art. 5 cod. proc. civ., perche' il diritto vivente nega la praticabilita' della perpetuatio iurisdictionis allorche' la norma attributiva della giurisdizione venga dichiarata costituzionalmente illegittima, ma neppure sarebbe evocabile l'istituto dell'errore scusabile, comunque inidoneo a surrogare il meccanismo processuale della translatio iudicii, essendo il relativo riconoscimento pur sempre rimesso ad una valutazione del giudice.

  2. - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, che ha chiesto alla Corte di dichiarare inammissibile o manifestamente infondata la proposta questione, per carente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo.

    Secondo la difesa erariale, infatti, la circostanza che nulla il...

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