Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico di un parlamentare per diffamazione - Deliberazione di insindacabilita' della Camera dei deputati - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dalla Corte di appello di Palermo, prima sezione penale - E...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Franco BILE;

Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 4 febbraio 2004 relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, comma primo, della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Manlio Mele, promosso con ricorso della Corte di appello di Palermo - I sezione penale, notificato il 10 gennaio 2005, depositato in cancelleria il successivo 25 gennaio ed iscritto al n. 4 del registro conflitti 2005.

Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;

Udito nell'udienza pubblica del 9 gennaio 2007 il giudice relatore Paolo Maddalena;

Udito l'avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

  1. - Nell'ambito del giudizio d'appello avverso la sentenza del 7 ottobre 2002 del Tribunale di Palermo recante la condanna del deputato Vittorio Sgarbi alla pena di euro 500,00 di multa per il delitto di diffamazione commesso nei confronti di Manlio Mele, la Corte di appello di Palermo - I sezione penale, con ricorso depositato il 16 giugno 2004, ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 4 febbraio 2004 (doc. IV-quater, n. 60), con cui l'Assemblea ha dichiarato che i fatti per i quali il deputato Sgarbi e' sottoposto a procedimento penale concernono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni di parlamentare, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.

    La vicenda trae origine da talune dichiarazioni rese in data 12 marzo 1997 dal deputato Sgarbi nel corso della trasmissione televisiva "Sgarbi quotidiani", contenenti opinioni critiche su di una vicenda che aveva investito la citta' di Terrasini e sul ruolo avuto dal sindaco di quel comune, Mele, e dall'ex sindaco di Palermo, Orlando.

    Riferisce il giudice confliggente che in quelle dichiarazioni, in particolare nell'affermazione che a Terrasini "c'e' stato un referendum, non ho capito poi perche', se non perche' la mafia c'e' e sappiamo da che parte sta, non si e' stabilito di cacciare quel sindaco", il Tribunale aveva colto l'accusa, mossa al Mele, di avere goduto dell'appoggio della mafia di Terrasini - cittadina della quale egli era sindaco - in occasione del referendum elettorale che, ai sensi della normativa all'epoca vigente nella Regione Siciliana, lo aveva visto contrapposto al consiglio comunale in conseguenza del voto di sfiducia espresso da quell'organo nei suoi confronti.

    Rileva ancora il ricorrente che altra parte del monologo - concernente l'accostamento logico, operato dal deputato, tra le accuse rivolte dall'ex sindaco di Palermo e dallo stesso Mele al comandante della stazione carabinieri di Terrasini, maresciallo Antonino Lombardo, e il suicidio di quest'ultimo - era stata ritenuta dal Tribunale, ad onta dell'asprezza dei toni, priva di rilevanza penale, per la sussistenza del legittimo esercizio del diritto di critica.

    Ad avviso della Corte di appello, la Camera dei deputati, con la deliberazione assunta, avrebbe esercitato illegittimamente il proprio potere, avendo arbitrariamente affermato la sussistenza di un collegamento funzionale tra le espressioni gia' ritenute diffamatorie dal Tribunale di Palermo e l'attivita' parlamentare del deputato Sgarbi.

    Sostiene la Corte di appello che le frasi pronunciate dal deputato, alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata dall'art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (sentenza n. 140 del 2003), non sarebbero in alcun modo collegate all'esercizio della funzione parlamentare.

    Difatti, la prerogativa costituzionale tutela unicamente l'indipendente svolgimento delle attivita' proprie del parlamentare (all'interno o all'esterno del parlamento) e quelle ed esse strettamente connesse, come accade nel caso di divulgazione al pubblico dell'attivita' gia' svolta in sede istituzionale. A tale riguardo, il giudice ricorrente richiama le sentenze n. 10 e n. 11 del 2000 di questa Corte, relative al nesso funzionale che deve intercorrere tra le opinioni espresse e l'attivita' parlamentare, e rileva come nel caso di specie non possa ravvisarsi alcun nesso di tal genere, tanto piu' che le dichiarazioni sono state rese nell'ambito di una trasmissione televisiva condotta dal parlamentare senza alcun collegamento con l'attivita' istituzionale dello stesso e senza che queste rappresentino una divulgazione all'esterno di una opinione gia' espressa dall'interessato nell'esercizio delle funzioni parlamentari tipiche. In particolare, l'accostamento tra gli atti di iniziativa parlamentare - peraltro non promananti dal deputato Sgarbi, ma da altri parlamentari (segnatamente, l'interrogazione del deputato Silvio Lotta, presentata alla Camera il 9 febbraio 1995) - concernenti l'agire del Mele come sindaco (tacciato di avere suscitato allarmi con denunce non verificate di intimidazioni alla sua persona e di non essere stato alieno da favoritismi) e la adombrata mafiosita' dello stesso Mele, all'origine della sua affermazione referendaria, sarebbe, ad avviso della Corte di appello, forzato, se non addirittura del tutto arbitrario. In definitiva, le affermazioni del deputato Sgarbi costituirebbero meri apprezzamenti personali, soggetti al diritto comune ed ai comuni limiti della liberta' di manifestazione del pensiero, essendo da escludere che esse si pongano in rapporto di continuita' con l'attivita' parlamentare propriamente detta.

    Di qui il sollevato conflitto, vertendosi in materia di interferenza dell'esercizio del potere conferito alla Camera dei deputati dall'art. 68, primo comma, della Costituzione nelle...

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