Ordinanza emessa il 19 ottobre 2006 dalla Corte di cassazione nei procedimenti civili riuniti promossi da Gizzi Maria Teresa ed altro contro comune di Ceprano ed altra Espropriazione per pubblica utilita' - Criteri di determinazione dell'indennizzo in misura ridotta rispetto al valore venale degli immobili - Applicabilita' ai procedimenti in cor...

LA CORTE DI CASSAZIONE

Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti iscritti ai nn. 18211 e 22490 del ruolo generale degli affari civili dell'anno 2001, proposti da Maria Teresa Gizzi, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Barnaba Tortolini n. 34, presso l'avv. Nicolo' Paoletti, che la rappresenta e difende, per procura in calce al ricorso, ricorrente principale;

Contro Comune di Ceprano, in persona dei sindaco pro tempore, autorizzato a resistere da delibera della G.M. n. 219 del 1° agosto 2001 e elettivamente domiciliato in Roma alla via del Banco di Santo Spirito n. 48, presso l'avv. Mario D'Ottavi, rappresentato e difeso, per procura a margine del contoricorso e ricorso incidentale, dall'avv. Alfredo Sica da Frosinone, controricorrente e ricorrente incidentale; avverso la sentenza non definitiva della Corte di appello di Roma, 1ª sez. civ., n. 272/1991, del 18 dicembre 1990-28 gennaio 1991 e quella definitiva della stessa Corte e sezione, n. 4051/2000, del 22 novembre-18 dicembre 2000.

Udita, all'udienza del 21 settembre 2006, la relazione del cons. dott. Fabrizio Forte. Sentiti l'avv. Paoletti per la ricorrente principale e l'avv. Sica per quello incidentale e udito il p.m. dott. Antonio Martone, il quale ha concluso in via principale perche' sia sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5-bis del d.l. n. 333 del 1992 in relazione agli artt. 111 e 117 della Costituzione e, in subordine, per la rimessione degli atti alle sezioni unite della Corte.

Premesso in fatto che

Con citazione del 17 gennaio 1987, Maria Teresa Gizzi conveniva in giudizio, dinanzi alla Corte di appello di Roma, il Comune di Ceprano, deducendo che un suo terreno occupato nei 1980 dal convenuto era stato espropriato in favore di questo, con decreto dei Presidente della Giunta regionale del Lazio del 20 febbraio 1984, n. 195, per fini di edilizia residenziale pubblica e che la relativa indennita' d'espropriazione, determinata dapprima in L. 1.144.000 e poi, dopo la sentenza della Corte costituzionale 19 luglio 1983, n. 223, in Euro 44.054.750, era incongrua.

Con sentenza non definitiva del 28 gennaio 1991, la Corte di appello di Roma ha respinto le eccezioni di difetto di legittimazione attiva e passiva e la domanda di determinazione della indennita' di occupazione legittima perche' non provata, mentre con pronuncia definitiva del 18 dicembre 2000, la stessa Corte ha determinato l'indennita' di espropriazione in Euro 116.583.390, in applicazione dell'art. 5, comma 1, del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito con modificazioni dall'art. 1 della legge 8 agosto 1992, n. 359, rigettando le domande della Gizzi di interessi e rivalutazione perche' tardive e mancando su di esse l'accettazione del contraddittorio dall'ente locale convenuto.

Considerato che

Per la cassazione delle due sentenze la Gizzi ha proposto ricorso di quattro motivi, di cui tre relativi alla pronuncia del 2000 e uno a quella del 1991 e il Comune di Ceprano si e' difeso con controricorso e ricorso incidentale articolato in tre motivi, notificato alla ricorrente il 21 settembre 2001, avendo poi presentato entrambe le parti piu' memorie illustrative delle loro impugnazioni.

Con i primi due motivi del ricorso principale la Gizzi censura la sentenza definitiva di cui sopra per violazione dell'art. 1 del Primo Protocollo addizionale della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952 e ratificato dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848, in relazione all'applicazione dell'art. 5-bis del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 8 agosto 1992, n. 359 e al rigetto della domanda di interessi e rivalutazione monetaria dalla sentenza impugnata sulla somma liquidata (artt. 1224 e 1282 c.c.) e all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.

La ricorrente ha chiesto anzitutto la disapplicazione del citato art. 5-bis, del d.l. n. 333 del 1992 per contrasto con la norma sovranazionale citata, la quale garantisce il pacifico godimento della proprieta' e prevede le condizioni per esserne privati, consistenti in un pubblico rilevante interesse e nella conformita' della procedura ablativa alle norme del diritto interno e internazionale, consentendo agli Stati aderenti di regolare con legge l'esercizio della proprieta' in conformita' all'interesse pubblico.

Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti del'uomo di Strasburgo, deve esservi piena proporzionalita' tra le finalita' pubbliche che si vogliono raggiungere e il sacrificio della privazione della proprieta', con la conseguenza che la espropriazione o acquisizione della proprieta' per pubblica utilita' non e' conforme alla indicata norma della Convenzione, quando sia attuata in violazione del principio di legalita' e comunque per essa non sia pagata una somma ragionevolmente collegata al valore di mercato del bene ablato. Tale sproporzione risulta chiara nell'art. 5-bis del d.l. n. 333 del 1992, che prevede un criterio di liquidazione dell'indennita' per il quale all'espropriato compete circa la meta' del valore di mercato delle aree ablate, quando non sia applicata l'ulteriore riduzione del 40% per la omessa accettazione dell'indennita' offerta.

Ad avviso della ricorrente, poiche' l'art. 6 del Trattato sull'Unione europea ha fatto propria la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, il giudice nazionale non puo' che disapplicare la norma contrastante con l'indicato art. 1 del Primo Protocollo addizionale alla Convenzione stessa e la Cassazione dovra' cassare sul punto la sentenza impugnata e disporre la liquidazione dell'indennita' di espropriazione correlata al valore venale o a una somma ragionevolmente proporzionata a tale valore.

La sentenza impugnata ha anche denegato il diritto agli interessi e alla rivalutazione sulla somma liquidata in base ai valori delle aree alla data dell'espropriazione, cosi' violando ancora la Convenzione, come interpretata dalla Corte di Strasburgo, che ha chiarito che l'espropriato non puo' essere danneggiato dall'anormale prolungamento della procedura espropriativa e che allo stesso quindi compete ogni reintegrazione anche della svalutazione, soprattutto quando il danneggiato deve agire in giudizio per ottenere il riconoscimento di una giusta indennita', come in concreto accaduto nel caso, nel quale, dopo oltre 17 anni dall'esproprio, la indennita' non e' stata ancora pagata; alla luce della giurisprudenza sovranazionale deve cambiare lo stesso orientamento interpretativo per il quale l'indennita' viene corrisposta come debito pecuniario di valuta, per cui non compete la rivalutazione.

Il terzo motivo del ricorso principale lamenta l'insufficiente motivazione della decisione impugnata in ordine alla determinazione del valore venale delle aree espropriate sulla base delle indicazioni del consulente di parte del comune apoditticamente ritenute giuste dai giudici; ancora ad insufficienze motivazionali si rifa' il quarto motivo del ricorso principale in rapporto alla statuizione della sentenza non definitiva del 1991 che ha respinto erroneamente la domanda della indennita' di occupazione provata dalla Gizzi.

Il Comune di Ceprano ha impugnato in via incidentale la sentenza definitiva del 2000, per la parte in cui ha ritenuto ammissibile l'opposizione all'indennita' di espropriazione, dopo che il rigetto dell'azione di risarcimento dei danni per l'occupazione e acquisizione della medesima area sul presupposto della mancata valida espropriazione di questa, aveva precluso la domanda di determinazione dell'indennita', coprendo il dedotto e il deducibile ed escludendo quindi qualsiasi obbligo del comune convenuto in relazione alla reintegrazione per la perdita della proprieta' della Gizzi collegata alla realizzazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica sul terreno dell'attrice.

Il comune controricorrente ritiene anche insufficientemente motivata la disapplicazione dell'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 e la mancata liquidazione dell'indennita' dovuta nel valore dell'area come dichiarato ai fini del pagamento dell'ICI, criterio di liquidazione che, ad avviso della Corte di merito, sarebbe stato inapplicabile per essere l'espropriazione anteriore alla previsione normativa dell'imposta e che comunque l'indennita' doveva essere ridotta anche del 40% come previsto dall'art. 5-bis, non avendo la Gizzi accettato quanto a lei congruamente offerto dal comune.

Con l'ultimo motivo del ricorso incidentale il comune censura la sentenza impugnata, per non avere disposto la compensazione con le somme da depositare a titolo di indennita' con quella di Euro 551.000.000 gia' versate a controparte in esecuzione della sentenza d'appello che aveva accolto l'azione di risarcimento del danno, cassata senza rinvio dalla Cassazione per violazione dell'art. 389 c.p.c.

O s s e r v a

1.1. - Preliminarmente deve ordinarsi la riunione dei due procedimenti...

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