Ordinanza emessa il 13 aprile 2006 (pervenuta alla Corte costituzionale il 6 dicembre 2006) dalla Corte di appello di Brescia nel procedimento penale a carico di Antonioli Claudio Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Preclusione, salvo...

LA CORTE DI APPELLO

Ha emesso la seguente ordinanza.

Sulla eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 593 c.p.p., come modificato dall'art. 1 legge n. 46/2006 e dell'art. 10 della stessa legge, proposta all'odierna udienza dal procuratore generale;

O s s e r v a i n f a t t o

Con sentenza del Tribunale di Mantova, in data 12 marzo 2002, a seguito di giudizio abbreviato, Antonioli Claudio veniva assolto per non aver commesso il fatto dal reato di furto aggravato ai sensi dell'art. 625 n. 2 c.p.

Avverso detta sentenza presentava appello il procuratore generale chiedendo l'affermazione della penale responsabilita' dell'imputato.

In virtu' dell'art. 10, comma 2, legge n. 46/2006 si imporrebbe la dichiarazione di inammissibilita' dell'appello del p.g.

All'odierna udienza il procuratore generale, preso atto delle limitazioni alla facolta' di appello del pubblico ministero introdotte dalla sopravvenuta modifica dell'art. 593 c.p.p. per effetto della previsione di cui all'art. 1, legge n. 46/2006, e ritenute dette limitazioni operanti anche nei procedimenti in corso secondo lo schema di cui all'art. 10 cit., eccepiva l'illegittimita' costituzionale della norma da ultima citata con riferimento agli artt. 3, 24, 25, 111 e 112 Cost.

O s s e r v a i n d i r i t t o

Con la norma, della cui legittimita' costituzionale il procuratore generale dubita, la disciplina dei casi di appello prevista dall'art. 593 c.p.p. e' stata profondamente modificata con particolare riguardo all'appellabilita' delle sentenze di proscioglimento pronunciate in primo grado, ad eccezione delle sentenze emesse a seguito di giudizio abbreviato e di altre specificamente indicate.

La previgente normativa escludeva tale appellabilita' al terzo comma del citato art. 593, sia per il pubblico ministero che per l'imputato, con riferimento alle sentenze relative a contravvenzioni punite con la pena dell'ammenda o con pena alternativa, ed al secondo comma, limitatamente al solo imputato, per le sentenze di proscioglimento perche' il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto.

Per effetto della recentissima modifica, il secondo comma dell'art. 593 c.p.p., nell'attuale formulazione, consente ora al pubblico ministero ed all'imputato di appellare le sentenze di proscioglimento solo allorche' con i motivi di appello, ai sensi dell'art. 603 cpv. c.p.p., venga richiesta la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per l'assunzione di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado e dette prove abbiano il carattere della decisivita', prevedendosi dal punto di vista procedurale che il giudice dell'appello, ove in via preliminare non ammetta la rinnovazione dell'istruttoria, dichiari l'inammissibilita' del gravame, e che entro il termine di quarantacinque giorni dalla notificazione della relativa ordinanza le parti possano proporre ricorso per cassazione anche avverso la sentenza di primo grado.

L'art. 10, legge n. 46/2006 prevede poi che la legge stessa trovi applicazione per i procedimenti in corso, disponendo che l'atto di appello proposto avverso una sentenza di proscioglimento prima dell'entrata in vigore della nuova normativa sia dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile e che entro il termine di quarantacinque giorni dalla notificazione di quest'ultima possa essere presentato ricorso per cassazione avverso la decisione di primo grado.

Tanto premesso e richiamando quanto precedentemente esposto sulla vicenda processuale, e' evidente la rilevanza nel presente giudizio della questione proposta dal procuratore generale. Al procedimento in esame, per effetto della citata norma transitoria, deve senz'altro applicarsi, invero, la nuova disciplina; essendo di conseguenza l'appello in discussione soggetto a declaratoria di inammissibilita', con la conseguente possibilita', per il pubblico ministero appellante, di esperire il ben diverso e piu' delimitato rimedio del ricorso per cassazione 1).

Il requisito della rilevanza dell'eccezione e' dunque sussistente.

Altrettanto deve concludersi, peraltro, in ordine all'ulteriore presupposto della non manifesta infondatezza della questione.

E' opportuno premettere che, per quanto la novella legislativa abbia ad oggetto l'appellabilita' delle sentenze di proscioglimento da parte sia dell'imputato che del pubblico ministero, e' nei confronti di quest'ultimo che la limitazione dell'accesso al gravame in discussione assume portata preponderante e, sostanzialmente, rilievo centrale.

All'imputato era invero gia' inibita dalla precedente normativa la possibilita' di appellare sentenze di proscioglimento con formula piena.

Ma, a prescindere da questa pur pregnante circostanza, non occorre spendere molte parole per evidenziare come in generale, a fronte di una pronuncia assolutoria, l'interesse ad impugnare si concentri in concreto sul pubblico ministero piu' che sull'imputato.

L'incidenza di una siffatta limitazione sui poteri di impugnazione del pubblico ministero non richiede, a sua volta, particolare commento.

E' sufficiente osservare come per effetto di essa l'ufficio della pubblica accusa si veda privato nella grandissima maggioranza dei casi del potere di appellare una sentenza di proscioglimento in primo grado.

L'esercizio di tale potere presuppone infatti, nell'attuale previsione normativa, che nuove prove siano emerse dopo il giudizio di primo grado e, per giunta, che esse si presentino come decisive per il giudizio.

Ove la marginalita' statistica di una situazione cosi' descritta puo' essere agevolmente apprezzata da chiunque abbia minima esperienza delle cose giudiziarie.

Una deprivazione di facolta' processuali di tale portata impone un controllo sulla ragionevolezza della relativa previsione normativa e cio' soprattutto nel momento in cui le predette facolta', in quanto riferite alla figura istituzionale del pubblico ministero, si ricollegano a valori di fondamentale rilevanza costituzionale.

Viene in risalto in primo luogo, a questo proposito, il principio dell'obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale, da parte del pubblico ministero, di cui all'art. 112 Cost.

La centralita' del principio in parola nel sistema complessivo della giurisdizione penale e' data, vale la pena qui ricordarlo, non solo dal suo contenuto specifico, ma altresi' dalla sua funzionalita' alla concreta attuazione di valori a loro volta caratterizzati da valenza costituzionale.

E' dato acquisito da tempo nella stessa giurisprudenza costituzionale, formatasi sulle norme del codice di procedura penale ora vigente a partire dalla sua entrata in vigore, che l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero, ufficio non a caso interno ed integrante dell'ordine giudiziario nella visione del legislatore costituente, sia manifestazione del fondamentale principio di legalita', di cui all'art. 25 Cost., nel suo aspetto sostanziale, in quanto esso esprime; cioe', la necessita' che alla commissione di reati, lesivi di interessi e valori spesso a loro volta di rango costituzionale o comunque di elevata rilevanza sociale, segua l'inflizione di una pena 2)

Non va peraltro trascurato, in questa prospettiva, il rilievo del diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost. anche alle parti offese dei reati. Tale diritto non puo' ritenersi attuato dalle sole norme connesse all'istituto della costituzione di parte civile nel processo penale, rispetto al quale, a dire il vero, l'art. 6, legge n. 46/2006, modificando l'art. 576 c.p.p. con l'escludere il riferimento operativo della facolta' di impugnazione della parte civile al mezzo di gravame previsto per il pubblico ministero, continua a rendere possibile l'appello di essa parte civile avverso la sentenza di proscioglimento di primo grado, sia pure il soli effetti della responsabilita' civile. L'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero vale infatti ad offrire alle vittime dei reati l'essenziale tutela del loro legittimo interesse ad ottenere giustizia, a prescindere dalle possibilita' che dette vittime in concreto abbiano di accedere al processo nelle forme dell'azione civile ivi direttamente intrapresa.

Detto questo, e' ben vero che la giurisprudenza della Corte costituzionale ha affermato come il potere di appello del pubblico ministero non possa essere ricondotto all'obbligo di esercitare l'azione penale 3). Ma e' vero altresi' che il principio e' stato dalla stessa giurisprudenza successivamente chiarito nel senso che la facolta' di impugnazione non costituisca "estrinsecazione necessaria" dell'esercizio dell'azione penale 4). Detta facolta' rappresenta dunque non piu' che uno dei possibili sviluppi, e non il necessario prolungamento dell'azione penale, ma, in questa prospettiva, limitazioni particolarmente consistenti al potere di impugnazione non possono che riverberarsi sulla completezza delle possibilita' di esercizio dell'azione. E qui ci troviamo di fronte, come si e' visto, ad una deminutio del potere di appello del pubblico ministero tale da ridurre lo stesso a casi marginali, per non dire estremi.

Avuto riguardo al contesto di valori costituzionalmente rilevanti di cui le opportunita' di esercizio dell'azione penale sono, per quanto esposto, espressione, diviene assolutamente doveroso interrogarsi sulla possibilita', per il legislatore ordinario, di apporre a detto esercizio limitazioni di tale entita' nell'ambito della normale discrezionalita' legislativa e sulla necessita', di contro, che una scelta di questo genere debba essere ancorata rigorosamente ad un canone di ragionevolezza.

Vi e' pero' anche un altro profilo di rilevanza costituzionale che deve essere oggetto di analisi in questa prospettiva; profilo che attiene al principio del contraddittorio processuale posto dall'art. 111 Cost.

E' appena il caso di precisare che qui non si intende fare riferimento al principio del contraddittorio nella formazione della prova, di cui al quarto comma della norma costituzionale appena citata. Oggetto di...

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