Ordinanza emessa il 30 maggio 2006 (pervenuta alla Corte costituzionale il 6 dicembre 2006) dalla Corte di appello di Brescia nel procedimento penale a carico di La Spina Felice ed altri Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Preclusione...

LA CORTE DI APPELLO

Ha emesso la seguente ordinanza.

Sulla eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 593 c.p.p., come modificato dall'art. 10, legge n. 46/2006, e sulla richiesta di declaratoria di inammissibilita' dell'appello proposto da talune delle parti civili, proposte all'odierna udienza dal procuratore generale;

O s s e r v a i n f a t t o

L'11 dicembre 1999 Battaglia Giuseppe presentava al Carabinieri di Bergamo denuncia nella quale, premesso di frequentare un locale notturno sito in Parre, del quale era titolare certo Toto, che presso lo stesso egli spendeva a volte anche cifre di L. 400.000 in una sola serata e che in certe occasioni il Toto gli consentiva di non saldare immediatamente il conto, riferiva che all'inizio del settembre 1999 tre uomini, fra i quali tale Felice che aveva visto nel locale, si presentavano tre volte presso la sua abitazione di Castione della Presolana richiedendogli il pagamento di un debito verso il Toto dell'importo di L. 1.300.000, facendosi consegnare la somma di L. 800.000, impossessandosi di un telefono cellulare, capi di abbigliamento e dell'attrezzatura che egli utilizzava per il suo lavoro di muratore e minacciandolo con un coltello da cucina per ottenere la parte rimanente della somma.

In pari data il Battaglia riconosceva il Felice nella fotografia di La Spina Felice Giuseppe, e gli altri due uomini nelle fotografie di Popovic Slavko e Poggia Amerigo. A seguito di indagini, il locale indicato dal Battaglia veniva identificato nel Lady Moon di Parre, ed il titolare dello stesso in Sanna Salvatore.

Con sentenza del Tribunale di Bergamo in data 10 marzo 2003 si dichiarava non doversi procedere nei confronti di La Spina Felice, e Popovic Slavko e Poggia Amerigo in ordine al reato di cui all'art. 393 c.p., cosi' modificate le originarie imputazioni di estorsione e rapina, per mancanza di querela.

Avverso detta sentenza presentava appello il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo, contestando la derubricazione del reati originariamente contestati e comunque l'affermazione di mancanza della querela.

O s s e r v a i n d i r i t t o

Con la norma della cui legittimita' costituzionale il procuratore generale dubita la disciplina dei casi di appello prevista dall'art. 593 c.p.p. e' stata profondamente modificata con particolare riguardo all'appellabilita' delle sentenze di proscioglimento pronunciate in primo grado, con esclusione delle sentenze emesse a seguito di giudizio abbreviato e di altre specificamente indicate. La previgente normativa escludeva tale appellabilita' al terzo comma del citato art. 593, sia per il pubblico ministero che per l'imputato, con riferimento alle sentenze relative a contravvenzioni punite con la pena dell'ammenda o con pena alternativa, ed al secondo comma, limitatamente al solo imputato, per le sentenze di proscioglimento perche' il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto.

Per effetto della recentissima modifica, il secondo comma dell'art. 593, nell'attuale formulazione, consente ora al pubblico ministero ed all'imputato di appellare contro le sentenze di proscioglimento solo allorche' con i motivi di appello, al sensi dell'art. 603 cpv. c.p.p., venga richiesta la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per l'assunzione di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, e dette prove abbiano il carattere, della decisivita'; prevedendosi dal punto di vista procedurale che il giudice dell'appello, ove in via preliminare non ammetta la rinnovazione dell'istruttoria, dichiari l'inammissibilita' dell'appello, e che entro il termine di quarantacinque giorni dalla notificazione della relativa ordinanza le parti possano proporre ricorso per cassazione anche avverso la sentenza di primo grado.

L'art. 10, legge n. 46/2006 prevede poi che la legge stessa trovi applicazione per i procedimenti in corso; disponendo che l'atto di appello proposto avverso una sentenza di proscioglimento prima dell'entrata in vigore della nuova normativa sia dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile, e che entro il termine di quarantacinque giorni dalla notificazione di quest'ultima possa essere presentato ricorso per cassazione avverso la decisione di primo grado.

Tanto premesso, e richiamando quanto precedentemente esposto sulla vicenda processuale, e' evidente la rilevanza nel presente giudizio della questione proposta dal procuratore generale. Al procedimento in esame, per effetto della citata norma transitoria, deve senz'altro applicarsi, invero, la nuova disciplina; essendo di conseguenza l'appello in discussione soggetto a declaratoria di inammissibilita', con la conseguente possibilita', per il pubblico ministero appellante, di esperire il ben diverso e tutto piu' delimitato rimedio del ricorso per cassazione 1).

Il requisito della rilevanza dell'eccezione e' dunque sussistente.

Altrettanto deve concludersi, peraltro, in ordine all'ulteriore presupposto della non manifesta infondatezza della questione.

E' opportuno premettere che, per quanto la novella legislativa abbia ad oggetto l'appellabilita' delle sentenze di proscioglimento da parte sia dell'imputato che del pubblico ministero, e' nei confronti di quest'ultimo che la limitazione dell'accesso al gravame in discussione assume portata preponderante e, sostanzialmente, rilievo centrale.

All'imputato era invero gia' inibita dalla precedente normativa la possibilita' di appellare sentenze di proscioglimento con formula piena.

Ma, a prescindere da questa pur pregnante circostanza, non occorre spendere molte parole per evidenziare come in generale, a fronte di una pronuncia assolutoria, l'interesse ad impugnare si concentri in concreto sul pubblico ministero piu' che sull'imputato.

L'incidenza di una siffatta limitazione sui poteri di impugnazione del pubblico ministero non richiede, a sua volta, particolare commento. E' sufficiente osservare come per effetto di essa l'ufficio della pubblica accusa si veda privato nella grandissima maggioranza dei casi del potere di appellare una sentenza di proscioglimento in primo grado. L'esercizio di tale potere presuppone infatti, nell'attuale previsione normativa, che nuove prove siano emerse dopo il giudizio di primo grado; e, per giunta, che esse si presentino come decisive per il giudizio.

Ove la marginalita' statistica di una situazione cosi' descritta puo' essere agevolmente apprezzata da chiunque abbia minima esperienza delle cose giudiziarie.

Una deprivazione di facolta' processuali di tale portata impone un controllo sulla ragionevolezza della relativa previsione normativa; e cio' soprattutto nel momento in cui le predette facolta', in quanto riferite alla figura istituzionale del pubblico ministero, si ricollegano a valori di fondamentale rilevanza costituzionale.

Viene in risalto in primo luogo, a questo proposito, il principio dell'obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale, da parte del pubblico ministero, di cui all'art. 112 Cost.

La centralita' del principio in parola nel sistema complessivo della giurisdizione penale e' data, vale la pena qui ricordarlo, non solo dal suo contenuto specifico; ma altresi' dalla sua funzionalita' alla concreta attuazione di valori a loro volta caratterizzati da valenza costituzionale.

E' dato acquisito da tempo nella stessa giurisprudenza costituzionale, formatasi sulle norme del codice di procedura penale ora vigente a partire dalla sua entrata in vigore, che l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero, ufficio non a caso interno ed integrante dell'ordine giudiziario nella visione del legislatore costituente, sia manifestazione del fondamentale principio di legalita', di cui all'art. 25 Cost., nel suo aspetto sostanziale; in quanto esso esprime, cioe', la necessita' che alla commissione di reati, lesivi di interessi e valori spesso a loro volta di rango costituzionale o comunque di elevata rilevanza sociale, segua l'inflizione di una pena 2).

Non va peraltro trascurato, in questa prospettiva, il rilievo del diritti di difesa garantito dall'art. 24 Cost. anche alle parti offese dei reati. Diritto che non puo' ritenersi attuato dalle sole norme connesse all'istituto della costituzione di parte civile nel processo penale; rispetto al quale, a dire il vero, l'art. 6, legge n. 46/2006, modificando l'art. 576 c.p.p. con l'escludere il riferimento operativo della facolta' di impugnazione della parte civile al mezzo di gravame previsto per il pubblico ministero, continua a rendere possibile l'appello di essa parte civile avverso la sentenza di proscioglimento di primo grado, sia pure ai soli effetti della responsabilita' civile. L'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero vale infatti ad offrire alle vittime dei reati l'essenziale tutela del loro legittimo interesse ad ottenere giustizia, a prescindere dalle possibilita' che dette vittime in concreto abbiano di accedere al processo nelle forme dell'azione civile ivi direttamente intrapresa.

Detto questo, e' ben vero che la giurisprudenza della Corte costituzionale ha affermato come il potere di appello del pubblico ministero non possa essere ricondotto all'obbligo di esercitare l'azione penale 3). Ma e' vero altresi' che il principio e' stato dalla stessa giurisprudenza successivamente chiarito nel senso che la facolta' di impugnazione non costituisca "estrinsecazione necessaria" dell'esercizio dell'azione penale 4). Detta facolta' rappresenta dunque non piu' che uno dei possibili sviluppi, e non il necessario prolungamento dell'azione penale; ma, in questa prospettiva, limitazioni particolarmente consistenti al potere di impugnazione non possono che riverberarsi sulla completezza delle possibilita' di esercizio dell'azione. E qui ci troviamo di fronte, come si e' visto, ad una deminutio del potere di appello del pubblico ministero tale da ridurre lo stesso a casi marginali, per non dire estremi.

Avuto riguardo al contesto di valori costituzionalmente...

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