Ordinanza emessa il 20 febbraio 2006 (pervenuta alla Corte costituzionale l'11 ottobre 2006) dal tribunale di Grosseto nel procedimento penale a carico di Cerretani Tiziano Reati e pene - Prescrizione - Reati di competenza del giudice di pace - Reati puniti con la sola pena pecuniaria Termine di prescrizione di tre anni - Mancata previsione - Ir...

IL TRIBUNALE

nel procedimento penale iscritto al numero di cui in epigrafe, a carico di Cerretani Tiziano in ordine al reato di cui all'art. 636, comma primo, c.p., sentite le parti, alla pubblica udienza del 20 febbraio 2006, ha dato lettura della seguente ordinanza.

E' rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma primo, c.p., come sostituito dall'art 6, legge 5 dicembre 2005, n. 251, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede il termine minimo di prescrizione di anni sei per i delitti e di anni quattro per le contravvenzioni, anziche' di anni tre, anche per i reati puniti con la sola pena pecuniaria attribuiti alla competenza del giudice di pace ai sensi dell'art. 4, commi primo e secondo, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

1) Esposizione dei fatti e rilevanza.

L'imputato e' stato citato dinanzi a questo tribunale competente per rispondere del reato di cui all'art. 636, comma primo, c.p. per aver introdotto, nei giorni 26 e 28 giugno del 2000, un gregge di pecore nel fondo di proprieta' di Serafini Riccardo contro la volonta' di quest'ultimo.

Il delitto contestato rientra tra quelli indicati dall'art. 4, comma primo, lett. a), d.lgs. cit., ma la competenza appartiene a questo tribunale in composizione monocratica trattandosi di fatto commesso anteriormente al 2 gennaio 2002 (v. art. 64, comma 1). Tuttavia, debbono essere applicate le sanzioni previste per i reati di competenza del giudice di pace, stante il combinato disposto di cui agli artt. 63 e 64, comma secondo, digs. cit.

In particolare, poiche' il reato contestato (art. 636, comma primo, c.p.) e' punito con la sola pena della multa, debbono continuare ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti secondo quanto previsto dall'art. 52, comma primo, d.lgs. cit.

Nel presente giudizio non e' mai stato aperto il dibattimento, per cui sono applicabili le nuove disposizioni per effetto delle quali i termini di prescrizione risultino piu' brevi (v. art. 10, comma terzo, legge n. 251 del 2005).

In punto di rilevanza, si osserva che l'accoglimento della questione di legittimita' costituzionale - nei termini di cui appresso - comporterebbe la prescrizione triennale del delitto per cui si procede, con la conseguenza che dovrebbe essere immediatamente pronunciata la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato ai sensi dell'art. 129 c.p.p. (il termine massimo di tre anni e nove mesi e', infatti, ampiamente maturato), non risultando dagli atti l'evidenza della prova giustificativa di una pronuncia assolutoria piu' favorevole. Diversamente, sulla base del regime normativo vigente, la prescrizione non risulta maturata ne' con riferimento al termine di sei anni di cui al nuovo art. 157, comma primo, c.p., ne' con riferimento al regime normativo vigente all'epoca della commissione del fatto in quanto la prescrizione quinquennale (art. 157, comma primo, n. 4) e' stata interrotta con il decreto di' citazione a giudizio del 16 novembre 2004, mentre il termine massimo di sette anni e mezzo (identico in relazione ad entrambe le discipline) non e' ancora scaduto.

Di qui la rilevanza della questione fondata sui motivi che si vanno ad indicare.

2) Non manifesta infondatezza.

L'art. 157, comma quinto, c.p., come sostituito dall'art. 6 legge n. 251/2005, prevede la prescrizione triennale quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria.

I primi commentatori hanno subito evidenziato i problemi relativi all'esatta delimitazione del campo applicativo della norma.

Preso atto del silenzio dei lavori parlamentari sul punto, l'attenzione e' stata accentrata sui reati di competenza del giudice di pace, in relazione alle sanzioni della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilita' (v. artt. 52 e ss. d.lgs. n. 274/2000).

Tali sanzioni, in effetti, sono diverse dalle pene ordinarie di natura detentiva e pecuniaria, per cui e' ravvisabile l'unico presupposto applicativo contemplato dalla disposizione di cui al nuovo art. 1 57, comma quinto, c.p., rappresentato per l'appunto dalla punibilita' del reato per cui si procede con pene diverse da quelle...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT