Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'11 ottobre 2006 (della Regione Veneto) Professioni - Abolizione dell'obbligatorieta' di tariffe fisse o minime, del divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, del divieto di svolgere pubblicita' informativa circa i titoli ...

Ricorso della Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, autorizzato mediante deliberazione della Giunta stessa 19 settembre 2006, n. 2893, rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dagli avv.ti prof. Mario Bertolissi di Padova, Romano Morra di Venezia e Andrea Manzi di Roma, presso quest'ultimo domiciliata in Roma, via F. Confalonieri 5;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost.; degli articoli 2, commi 1, 2-bis e 3; 3, 5, commi 1 e 2; 6, 12, comma 1; 13, 19, 22, 26, 27, 29, 30, 34, comma 1; del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, come risultanti dalla conversione operata dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 dell'11 agosto 2006 (supplemento ordinario n. 183/L), nonche' della stessa intera legge di conversione.

F a t t o e d i r i t t o

  1. - Il decreto-legge 4 luglio 2006, n, 223, recante "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale" (c.d. decreto Bersani), ha previsto numerose norme, che, ad avviso della Regione del Veneto, si pongono in contrasto con la Costituzione, violando l'autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria regionale, nonche' il principio di leale collaborazione.

    La regione ha quindi proposto ricorso in via di azione avanti a codesta ecc.ma Corte costituzionale per la declaratoria di illegittimita' costituzionale di alcune disposizioni del decreto legge citato (ricorso notificato in data 31 agosto 2006, depositato l'11 settembre 2006, registro ricorsi n. 96/2006).

    Lo stesso decreto e' stato convertito, con modificazioni, con la legge 4 agosto 2006, n. 248, recante "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale", senza eliminare quelle norme che si ritenevano lesive della autonomia regionale.

    Al contrario, con la legge citata sono state introdotte disposizioni, ulteriori rispetto a quelle contenute nel decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, viziate da illegittimita' costituzionale sotto i medesimi profili.

    In particolare, molte di queste disposizioni vuinerano l'autonomia legislativa, amministrativa e organizzativa regionale, non recependo per altro gli orientamenti formulati da codesto ecc.mo Collegio, sotto molteplici profili in ordine:

    1. alla ricostruzione dei rapporti tra legislazione statale e regionale definiti dal nuovo art. 117 Cost., anche alla luce del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, di cui all'art. 120 Cost., con specifico riferimento alle materie della tutela della concorrenza, delle professioni, del commercio, della programmazione socio-sanitaria e del trasporto pubblico locale;

    2. all'attuazione e alla cogenza delle disposizioni di cui all'art. 119 Cost., congiuntamente a quelle degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., con riferimento all'autonomia finanziaria e contabile delle regioni e alla natura di principio delle norme di coordinamento della finanza pubblica.

    Per meglio illustrare i profili di illegittimita' costituzionale denunciati si procedera' qui di seguito ad un'analisi di ciascuna delle norme impugnate.

  2. - L'art. 2 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, come convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248, nella volonta' di dettare "Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali", ha previsto, rispettivamente al comma 1, 2-bis e al comma 3, che:

    In conformita' al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di liberta' di circolazione delle persone e dei servizi, nonche' al fine di assicurare agli utenti un'effettiva facolta' di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attivita' libero professionali e intellettuali: a) l'obbligatorieta' di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti; b) il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicita' informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonche' il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicita' del messaggio il cui rispetto e' verificato dall'ordine; c) il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di societa' di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l'oggetto sociale relativo all'attivita' libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non puo' partecipare a piu' di una societa' e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o piu' soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilita" (comma 1);

    "All'articolo 2233 del codice civile, il terzo comma e' sostituito dal seguente: "Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali"" (comma 2-bis);

    "Le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1 sono adeguate, anche con l'adozione di misure a garanzia della qualita' delle prestazioni professionali, entro il 1 gennaio 2007. In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data le norme in contrasto con quanto previsto dal comma 1 sono in ogni caso nulle" (comma 3).

    Appare evidente che le disposizioni in discorso contengono norme di minuto dettaglio ed autoapplicative, che ledono l'autonomia legislativa regionale.

    L'art. 117 della Costituzione, al suo terzo comma, annovera tra le materie di legislazione concorrente la disciplina delle "professioni", attribuendo alle Regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

    Ora, le norme del "decreto Bersani" sopra riportate non hanno nessuna delle caratteristiche che individuano un principio fondamentale poiche' pongono in essere delle modifiche molto puntuali, oltre che rilevanti, alla disciplina della materia, abolendo l'obbligatorieta' delle tariffe fisse o minime e numerosi divieti fino ad ora vigenti, quali quello di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi (lett. a) o di pubblicizzare titoli, specializzazioni, caratteristiche del servizio offerto e i costi complessivi delle prestazioni (lett. b) e di fornire servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di societa' di persone o associazioni tra professionisti (lett. c).

    Le abolizioni cosi' previste non necessitano in se' di alcuna norma di dettaglio per darvi attuazione, privando, di conseguenza, le regioni di qualsiasi potere in materia.

    A nulla varrebbe invocare i principi comunitari di libera concorrenza e di libera circolazione delle persone e dei servizi, richiamati nel primo comma dell'art. 2 del decreto legge n. 223 del 2006, al fine di superare le censure prospettate e affermare la competenza statale.

    Come ha avuto modo di osservare codesto ecc.mo Collegio nella sentenza 14 gennaio 2004, n. 14 e come vedremo meglio a breve in altra parte del presente ricorso, una concezione cosi' ampia della competenza attribuita allo Stato in materia di tutela della concorrenza - "che non presenta i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di una funzione esercitabile sui piu' diversi oggetti" - finirebbe per vanificare lo schema di riparto dell'art. 117 Cost., secondo il quale sono "attribuite alla potesta' legislativa residuale e concorrente delle regioni materie la cui disciplina incide innegabilmente sullo sviluppo economico".

    In altre parole la tutela della concorrenza non puo' essere utilizzata quale fondamento di legittimazione del potere normativo statale esercitato in modo da non lasciare, irragionevolmente, il minimo spazio non solo per un'ipotetica legislazione ulteriore, ma persino per una normazione secondaria di mera esecuzione.

  3. - Analogo richiamo alle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi viene svolto nell'art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, come convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248, recante "Regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale".

    Per poter evidenziare i profili di illegittimita' costituzionale delle norme contenute nell'articolo ora citato e' necessario riportare qui di seguito per esteso il testo della disposizione:

    "Ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la liberta' di concorrenza secondo condizioni di pari opportunita' ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonche' di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilita' all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, al sensi dell'art. 117...

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