Ordinanza emessa il 28 marzo 2006 dalla Corte di appello di Napoli nel procedimento penale a carico di Sossio Giordano Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Preclusione - Inammissibilita' dell'appello proposto prima dell'entrata in vigo...

LA CORTE DI APPELLO

Ordinanza sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593 c.p.p. novellato dalla legge 20 febbraio 1946, nella parte in cui limita l'appello del p.m., contro le sentenze di proscioglimento, alle ipotesi previste dall'art. 603, secondo comma, c.p.p. ed altresi' dell'art. 10, secondo comma, della stessa legge per contrasto con gli artt. 3, 111, 112 della Costituzione;

Ritenuta la questione rilevante nel processo a carico di Giordano Sossio, assolto in primo grado ed appellato dal p.g.;

Fatta propria la motivazione allegata del p.g. in udienza, che dispone unirsi alla presente ordinanza;

P. Q. M.

Sospende il giudizio in corso e dispone trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale;

Ordina che a cura della cancelleria l'ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri;

Che ne venga data comunicazione ai Presidenti delle due Camere.

Il Presidente: Russo

Allegato

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA

presso la Corte d'Appello di Napoli

IL P.G.

Sentenza G.M. Napoli 30 maggio 2005 di assoluzione Giordano Sossio

Questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593 c.p.p., novellato dalla legge 20 febbraio n. 46, nella parte in cui limita l'appello del p.m. contro le sentenze di proscioglimento alle ipotesi di cui all'art. 603, comma 2 c.p.p.; nonche' dell'art. 10, comma 2 della stessa legge per contrasto con gli articoli 3, 111, 112 della Costituzione.

L'art. 593 c.p.p., cosi' come e' stato modificato dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, risulta in contrasto col principio costituzionale della "parita' delle armi" (art. 111 Cost.), in quanto esclude il potere di appello del p.m. contro le sentenze di proscioglimento, al di fuori delle ipotesi di cui all'art. 603, comma 2 c.p.p.

Rispetto alla precedente formulazione codicistica, organica ed equilibrata, dei "casi di appello", tale intervento, fortemente limitativo e praticamente ablativo del potere di impugnazione di merito da parte del p.m., appare anche in contrasto col parametro costituzionale della "ragionevolezza" (art. 3 Cost.).

Il testo modificato dell'art. 593 c.p.p. rispetta solo apparentemente il principio di parita' delle parti avendo il legislatore precluso anche all'imputato l'appellabilita' delle sentenze di proscioglimento. L'apparente simmetria in effetti riduce il p.m. mero promotore dell'azione penale, con scarso potere di incidere sulla vicenda processuale quando essa volga alla negazione del fondamento dell'accusa, mentre "nell'architettura della delega per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale, il ruolo del p.m. non e' quello di mero accusatore ma pur sempre di organo di giustizia (cfr. direttiva 37)" (sent. n. 88 del 2001 Corte cost.).

Con la sentenza n. 280 del 28 giugno 1995 (relatore Vassalli), concernente la legittimita' costituzionale dell'appello incidentale del p.m. la Corte ha affermato: "Se di un dovere in senso lato si puo' parlare per il p.m. di fronte all'esercizio del potere d'impugnazione, tale dovere e' riconducibile a quei generali doveri che competono al p.m. in relazione alle funzioni ad esso demandate, doveri che nel vigente ordinamento (art. 73 o.g.) sono indicati con riferimento alla vigilanza sull'applicazione delle leggi e sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia. Da questo insieme di riferimenti e' dato trarre la conclusione che quando il p.m. deve decidere se impugnare o meno una sentenza egli deve determinarsi secondo gli interessi generali della giustizia".

La stessa sentenza precisa che la "ragion d'essere" dell'istituto dell'appello incidentale del p.m., e' quello "di prevenire conclusioni che egli ritiene, ove fossero adottate, contrarie a giustizie".

La "finalita' giustizia", che la Corte costituzionale ha sintetizzato (sent. n. 111 del 1993) con l'espressione: "fine primario ed ineludibile del processo penale non puo' che rimanere quello della ricerca della verita", e' un valore riconosciuto in piu' occasioni dal giudice delle leggi che ha affermato che "ad un ordinamento improntato al principio di legalita' (art. 25, secondo comma, della Costituzione) - che rende doverosa la punizione delle condotte penalmente sanzionate - nonche' al connesso principio di obbligatorieta' dell'azione penale (cfr. sentenza n. 88 del 1991 cit.) non sono consone norme di metodologia processuale che ostacolino in modo irragionevole il processo di accertamento del fatto storico necessario per pervenire ad una giusta decisione (cfr. la sentenza n. 255 del 1992)".

Questa fondamentale...

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