N. 306 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 aprile 2010

IL TRIBUNALE Letto il ricorso ex art. 700 c.p.c;

Letti gli atti ed i documenti prodotti;

A scioglimento della riserva di cui all'odierna udienza osserva.

Il ricorrente G.D.N. chiede al Tribunale di Napoli in funzione di Giudice del lavoro l'emanazione di un provvedimento di urgenza, ex art. 700 cpc, con cui si disponga. 1) la sospensione della delibera di esclusione dalla qualita' di socio del ricorrente, con immediata reintegrazione del D.N. nel suo posto di lavoro; 2) la condanna della societa' convenuta al risarcimento del danno patito, da quantificarsi nella misura di Euro 1300,00 mensili, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, fino alla data di effettiva reintegrazione del ricorrente nel suo posto di lavoro; con vittoria di spese diritti ed onorari.

Deduce il ricorrente di aver lavorato, in qualita' di socio, presso la societa' cooperativa Manutencoop I a r.l., di aver lavorato per l'espletamento di lavori socialmente utili, tra cui la pulizia di viali, giardini, strade e l'esecuzione di attivita' di facchinaggio e manovalanza; di aver osservato un orario di lavoro obbligatorio dalle 8,00 alle 14,00 per sei giorni alla settimana, di aver percepito un compenso correlato alle ore di lavoro effettuate, di aver ricevuto gli statini paga attestanti gli importi delle retribuzioni percepite;

di essere stato assoggettato alla disciplina di cui al ccnl Federambiente, ed inquadrato nel livello 4b; di essere stato assoggettato al potere gerarchico e disciplinare del datore di lavoro; di essere stato espulso dalla cooperativa convenuta e di aver proposto ricorso al Tribunale di Napoli, in funzione di Giudice del lavoro, al fine di essere reintegrato nel suo posto di lavoro. A tale ultimo proposito, deduce il ricorrente che il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 30 giugno - 7 luglio 2009, aveva accolto il ricorso, ordinando alla societa' convenuta la reintegrazione del ricorrente nel proprio posto di lavoro; che all'esito del giudizio di reclamo avverso il provvedimento del 30 giugno 2009, il Tribunale di Napoli, in composizione collegiale, aveva accolto il reclamo, respingendo la richiesta di reintegrazione del ricorrente nel suo posto di lavoro.

Il ricorrente deduce, in punto di diritto, che la domanda cautelare puo' sempre essere riproposta, anche in assenza di fatti nuovi, atteso che essa costituisce soltanto una decisione emessa in via provvisoria; che, inoltre, il provvedimento emesso all'esito del primo procedimento cautelare e' fondato su 'ritenute carenze istruttorie' con riferimento all'adeguatezza della documentazione prodotta in giudizio; che, pertanto, la decisione emessa all'esito del precedente giudizio cautelare si fonda su un presupposto di carattere processuale, che non impedisce la riproposizione della domanda; che, comunque, il ricorrente sviluppa nel ricorso nuove allegazioni, in fatto ed in diritto, che dovranno essere prese in esame nel nuovo giudizio.

Deduce ancora il ricorrente che, con una richiesta del 1º aprile 2005, aveva chiesto la concessione di un periodo di quattro mesi di aspettativa; che con una istanza del 26 giugno 2005 il ricorrente aveva chiesto di ottemperare all'obbligo imposto dal giudice, di sottoporsi ad una terapia riabilitativa; che, pertanto, non poteva considerarsi fondata l'affermazione secondo cui era rimasto 'scoperto' ossia privo di giustificazione il periodo di assenza dal mese di aprile al mese di giugno 2005; che successivamente era intervenuta una seconda istanza di concessione di un periodo di quattro mesi di aspettativa, istanza presentata dal ricorrente il 26 giugno 2005; che il ricorrente, al termine di un periodo di malattia, era stato reintegrato nel proprio posto di lavoro, fino a quando il Commissario Governativo aveva ritenuto di procedere al riesame della posizione del ricorrente; che la domanda di concessione di un periodo di aspettativa, presentata dal ricorrente, non doveva necessariamente menzionare la documentazione attestante lo stato invalidante, richiamando, in proposito, l'art. 12 del d.l. 4 settembre 1987, n.

366; che, pertanto, il lavoratore non ha l'obbligo di specificare, nella domanda di concessione dell'aspettativa, le malattie che comportano lo stato invalidante, dovendo soltanto presentare il relativo certificato medico; che la sussistenza di una patologia doveva essere eventualmente accertata mediante l'espletamento di una consulenza tecnica; che non aveva alcun rilievo, nella fattispecie, la sussistenza di un provvedimento di custodia cautelare - peraltro immediatamente rimosso - nei confronti del ricorrente; che e' stato prodotto il diario clinico del ricorrente, da cui si evince il quadro clinico, la sua evoluzione e la terapia somministrata; che il provvedimento del giudice delle indagini preliminari riconosce che il ricorrente, prima dell'arresto, era in cura presso il SERT e che tale cura doveva proseguire, disponendo percio' la scarcerazione del D.N.G.; che il certificato del 4 ottobre 2005 attesta lo stato di cura del ricorrente presso una struttura ospedaliera per 'disturbi caratteriali di grave entita' in soggetto dedito all'uso di sostanze stupefacenti'. Il ricorrente deduce inoltre che con certificato medico del 10 febbraio 2010 si attesta la sua sottoposizione ad un regime di cura per 'terapia disintossicante' sin dal mese di aprile 2005, con conseguente impossibilita' di svolgere l'attivita' lavorativa, la cui ripresa era subordinata al 'conseguimento dell'obbiettivo terapeutico'. Parte ricorrente richiama ampiamente le argomentazioni esposte dal Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, nell'ordinanza del 30 giugno - 7 luglio 2009; deduce che la risoluzione del rapporto di lavoro deve essere sempre assistita da una giusta causa, e tale principio deve valere anche nel caso del rapporto tra socio lavoratore e societa' cooperativa; che anche nel caso del socio lavoratore, la risoluzione unilaterale del rapporto, per volonta' della societa' cooperativa, deve intervenire entro un lasso di tempo congruo rispetto all'evento indicato come causa della risoluzione; che il comportamento della cooperativa, che aveva accettato le giustificazioni del ricorrente, lo aveva reintegrato in servizio e lo aveva mantenuto in servizio per lungo tempo, ha ingenerato nel ricorrente il convincimento del carattere definitivo di tale decisione; che, infine, l'espulsione del ricorrente doveva essere intimata previa audizione del lavoratore ai sensi dell'art. 7

St. Lav.; che la fattispecie in oggetto era gia' stata qualificata come rapporto di lavoro subordinato, ma che, comunque, anche all'esclusione del socio lavoratore da una cooperativa va applicato l'art. 7 St. Lav., anche in virtu' dell'art. 9 legge n. 30/2003.

In ordine al periculum in mora, parte ricorrente deduce che la situazione del ricorrente, gia' delineata nella precedente ordinanza del Giudice monocratico, non era mutata ma anzi si era aggravata; che l'attivita' lavorativa espletata costituiva per il ricorrente l'unica fonte di reddito, e gli consentirebbe di mantenere un'esistenza libera e dignitosa e di evitare la commissione di altri reati, durante il periodo necessario alla celebrazione del giudizio di merito.

Pertanto il ricorrente chiede la reintegrazione nel posto di lavoro in precedenza occupato presso la Cooperativa Manutencoop a r.l.

Costituitasi la societa' convenuta, eccepiva in primo luogo l'improponibilita' della domanda, in quanto il ricorrente aveva gia' proposto altra domanda cautelare, ed il relativo procedimento si era concluso con l'ordinanza del Tribunale di Napoli, ex art..

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