N. 290 SENTENZA 4 - 8 ottobre 2010

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), come modificato dall'articolo 1-bis del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1993, n. 271, promosso dal Tribunale di Ravenna nel procedimento vertente tra G. D. N. e l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) con ordinanza dell'11 giugno 2009, iscritta al n. 275 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, 1ª serie speciale, dell'anno 2009.

Visti gli atti di costituzione di G. D. N. e dell'INPS nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 6 luglio 2010 il giudice relatore Paolo Grossi;

Uditi gli avvocati Michele Miscione e Gianni Casadio per G. D.

N., Alessandro Riccio per l'INPS e l'avvocato dello Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza dell'11 giugno 2009, il Tribunale di Ravenna ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, primo comma, e 2 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), come modificato dall'articolo 1-bis del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1993, n. 271, 'nella parte in cui nega che spetti l'erogazione del beneficio della rivalutazione contributiva ai lavoratori affetti da malattia cagionata da esposizione all'amianto che si trovassero in pensione al momento della entrata in vigore della legge n. 257/1992 (28 aprile 1992)'.

Premette il giudice a quo di essere stato investito a seguito di ricorso proposto da una persona che ha chiesto in giudizio il riconoscimento della maggiorazione contributiva di cui alla disposizione denunciata, essendo stata riconosciuta dall'INAIL affetta da malattia professionale derivante da esposizione all'amianto. Il ricorso e' stato proposto in sede giurisdizionale avendo l'INPS respinto la domanda formulata in tal senso in sede amministrativa, sulla base del fatto che l'istante non era in attivita' lavorativa alla data di entrata in vigore della anzidetta disposizione legislativa, in quanto titolare di pensione di anzianita' sin dal 1° marzo 1991. Tesi, questa, ribadita dall'Istituto previdenziale anche in corso di causa.

Rammenta, in proposito, il rimettente di aver a suo tempo sollevato identica questione di legittimita' costituzionale e che la stessa e' stata dichiarata da questa Corte inammissibile con l'ordinanza n. 357 del 2008, in quanto sollevata in modo illogico e per ottenere un avallo interpretativo.

Tanto premesso, il giudice a quo - aderendo alla eccezione proposta dal ricorrente - rileva come il costante orientamento della giurisprudenza di legittimita' sia consolidato nel negare la corresponsione del beneficio di cui all'art. 13, comma 7, della legge n. 257 del 1992 ai lavoratori ammalati che si trovino in pensione di anzianita' o di vecchiaia alla data di entrata in vigore della disposizione medesima: orientamento, questo, tanto cristallizzato da aver assunto i connotati del diritto vivente. Il tutto, d'altra parte, in linea con la prassi applicativa adottata dall'INPS in sede amministrativa. Da qui, la nuova proposizione del dubbio di legittimita' costituzionale.

In punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente reputa irragionevole la esclusione in questione, in quanto 'qualunque lavoratore puo' contrarre una malattia da esposizione all'amianto a prescindere dalla data di conseguimento della pensione, dalla cessazione dell'attivita' morbigena e dal settore lavorativo di appartenenza', posto che, come e' noto, le malattie da amianto possono sopraggiungere anche a notevole distanza di tempo dalla esposizione professionale e dalla cessazione della attivita' lavorativa, rappresentando, dunque, un evento futuro ed incerto, privo di qualsiasi correlazione con l'epoca del pensionamento. Cio' determinerebbe una irragionevole disparita' di trattamento, che non si giustificherebbe neppure nella prospettiva di una agevolazione all'esodo dei lavoratori appartenenti al dismesso settore dell'amianto, in quanto la norma trova applicazione in ogni settore merceologico. Anzi - segnala il rimettente - un lavoratore potrebbe aver cessato di svolgere la propria attivita' lavorativa proprio perche' ammalato: sicche', non vi sarebbe ragione per 'differenziare chi e' andato in pensione per lo stesso fatto di aver contratto la malattia prima o dopo l'entrata in vigore della legge'.

Cio' ancor piu' ove si consideri che le provvidenze in questione non subiscono il termine di decadenza stabilito per i benefici di cui al comma 8 dello stesso articolo 13 della legge n. 257 del 1992, a norma dell'art. 47 del d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003; con la conseguenza che l'INPS, anche alla data odierna, puo' accordare il beneficio a pensionati ammalati a lunga distanza di tempo dal pensionamento, discriminando, pero', chi fosse andato in pensione prima della lontana entrata in vigore della norma censurata. Esempio, questo, che rende impossibile giustificare tale disparita' di trattamento sul rilievo che la...

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