N. 208 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 maggio 2010

IL GIUDICE DI PACE L'avv. Carla De Santis ha emesso l'ordinanza di rimessione nel processo penale a carico del sig. Rexhamataj Kongres, nato a Tropoje (Albania) il 9 marzo 1987, elettivamente domiciliato presso il difensore d'ufficio avv. Giulia Ragazzo del Foro di Firenze con studio in Firenze via Pasquini n. 1, libero contumace, assistito e difeso dall'avv. Giulia Ragazzo, imputato del reato p. e p. dall'art.

10-bis, d.lgs. n. 286/1998, perche' 'si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione delle norme previste dal medesimo d.lgs. in quanto privo di permesso di soggiorno. Accertato in Rufina (Firenze) in data 23 dicembre 2009.', all'udienza ha pronunciato la seguente ordinanza:

Premesso che:

in data 23 dicembre 2009 la Stazione Carabinieri Toscana inviava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze richiesta prot. n. 26/24 - 0/2009 di autorizzazione alla citazione ai sensi dell'art. 20-bis d.lgs. n. 274/2000 e successive modifiche di Rexhahmataj Kongres, identificato a mezzo passaporto albanese, in relazione all'art. 10-bis, d.lgs. n. 286/1998, perche' 'si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione delle norme previste dal medesimo d.lgs. in quanto privo di permesso di soggiorno. Accertato in Rufina (Firenze) in data 23 dicembre 2009.';

con provvedimento del 24 dicembre 2009, n. 2766/2009, reg.

mod. 21-bis la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze autorizzava la Polizia Giudiziaria alla presentazione dell'imputato davanti al giudice di pace di Pontassieve per l'udienza del 7 gennaio 2010 alla quale compariva il solo difensore d'ufficio;

in tale udienza il Pubblico Ministero sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs. n. 286/1998 in relazione agli artt. 2, 3 comma 1 e 25, comma 2 Cost. per i motivi illustrati con nota scritta contestualmente depositata e chiedeva la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; il difensore dell'imputato sollevava parimenti eccezione di legittimita' costituzionale della norma richiamata in relazione ai medesimi articoli, associandosi alla richiesta del Pubblico Ministero.

Rilevanza delle questioni sollevate.

L'imputato veniva tratto a giudizio perche' si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione dell'art. 10 del d.lgs. n.

268/1998, in quanto privo di permesso di soggiorno. La disposizione all'esame introduce un nuovo reato proprio dello straniero, la cui condotta consiste nel far ingresso o nel trattenersi nel territorio dello Stato in violazione delle norme contenute nello stesso decreto legislativo e nell'art. 1 della legge n. 68/2007. Trattasi di contravvenzione punita con ammenda da € 5.000,00 a 100.00,00, per la quale e' stata espressamente esclusa la possibilita' di estinzione del reato per oblazione. La questione di legittimita' costituzionale risulta pertanto pregiudizievole e rilevante ai fini della decisione.

Non manifesta infondatezza delle questioni sollevate.

Sussiste, infatti, la non manifesta infondatezza delle questioni sollevate in relazione all'art. 10-bis del d.lgs. n. 286/1998 come introdotto dall'art. 1, comma 16, legge 15 luglio 2009, n. 94 in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, 27, 97 della Costituzione;

Sussiste, inoltre, la violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalita' e sussidiarieta' della legge penale di cui agli artt. 3, 25, 27 della Costituzione;

A) Violazione degli artt. 25 e 27 della Costituzione.

1) Violazione del cd. principio di offensivita' del reato (nullum crimen sine iniuria), ricavabile dagli articoli 25 e 27 della Costituzione: il reato deve sostanziarsi anche nella offesa di uno specifico bene giuridico, non essendo concepibile un reato senza offesa, e dunque al legislatore e' preclusa l'introduzione, per finalita' di mera deterrenza, di sanzioni che non si ricolleghino a fatti colpevoli, ma piuttosto a modi di essere ovvero ad una mera disobbedienza priva di disvalore (anche potenziale) per un determinato bene giuridico protetto; invece con il reato di clandestinita' il legislatore ha previsto l'incriminazione di condotte che, in se' considerate, non hanno alcuna idoneita' offensiva di un bene giuridico (non potendo certo sostenersi che il solo fatto che un soggetto tenti di entrare illegalmente nel territorio dello Stato sia idoneo a cagionare una lesione al bene della sicurezza pubblica: come e' stato autorevolmente ricordato dalla Corte Costituzionale, nelle sentenze n. 22 del 2 febbraio 2007 e n. 78 del 16 marzo 2007, e come meglio si dira' innanzi, non puo' ritenersi che il clandestino sia, per il solo fatto della sua clandestinita', un pericolo per l'ordine pubblico), essendo invece l'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero espressione di una condizione individuale, dello status di migrante (condizione spesso non riconducibile ad una condotta volontaria e consapevole dell'agente, costretto a fuggire per ragioni di sopravvivenza ed a subire la sottrazione dei propri documenti da parte dei sodalizi criminali che ne organizzano il trasferimento nel territorio nazionale).

2) Violazione del principio di sussidiarieta' dell'illecito penale: il ricorso alla sanzione penale nel nostro ordinamento deve ammettersi esclusivamente come extrema ratio, quando cioe' la tutela del bene giuridico non possa essere raggiunta adeguatamente attraverso altri strumenti dell'ordinamento giuridico. Nel caso di specie il reale obiettivo perseguito dalla nuova fattispecie incriminatrice e' costituito dall'allontanamento dello straniero irregolare dal territorio dello Stato, obiettivo che - gia' prima della introduzione del reato - era possibile raggiungere mediante le diverse ipotesi di espulsione in via amministrativa previste dal testo unico sull'immigrazione. La perseguibilita' penale del clandestino e', sotto tale profilo, assolutamente neutra, non agevolando ne' condizionando in alcun modo le procedure di espulsione, che restano ancorate ai presupposti giustificativi e fattuali gia' previsti dall'ordinamento.

La celebrazione del processo penale, per l'effetto, comportera' solo un dispendio di energie, senza aver conseguito risultati ulteriori o diversi rispetto a quelli gia' conseguibili con la normativa previgente: il diritto penale viene dunque completamente asservito alle funzioni di polizia preordinate alla gestione della immigrazione irregolare.

3) Violazione del principio di uguaglianza e del principio di personalita' della responsabilita' penale, ricavabile da piu' punti:

  1. poiche' per effetto del quinto comma dell'art. 10-bis nel caso in cui l'autore dell'azione criminosa sia espulso o respinto, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, e poiche' l'esecuzione dei provvedimenti di espulsione e di respingimento e' rimessa alla discrezionalita' ed alla disponibilita' di mezzi dell'autorita' amministrativa, senza che nessun rilievo ricoprano a tal fine la volonta' e le azioni dello straniero, ne deriva che l'accertamento giurisdizionale di condotte identiche produce effetti diversi (sentenza di condanna o di non luogo a procedere) a causa di circostanze assolutamente estranee alla sfera di intervento degli imputati;

  2. non e' stata attribuita alcuna rilevanza alla presenza di giustificati motivi che abbiano determinato le condotte punite, a differenza di quanto previsto nell'analoga (e molto piu' grave) ipotesi delittuosa di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n.

    286/1998; cio' determina una ingiustificata disparita' di trattamento tra gli autori dei due reati, entrambi tesi a colpire la stessa situazione soggettiva (il clandestino o lo straniero divenuto clandestino). Non e' superfluo ricordare in proposito che proprio la...

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