N. 246 SENTENZA 5 - 8 luglio 2010

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 117 (Distacco dei Comuni di Casteldieci, Maiolo,

Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello dalla Regione Marche e loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione), promosso dalla Regione Marche con ricorso notificato il 13 ottobre 2009, depositato in cancelleria il 22 ottobre 2009 ed iscritto al n. 95 del registro ricorsi 2009.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 25 maggio 2010 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

Uditi l'avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche e l'avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei Ministri in data 13 ottobre 2009, la Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, ha sollevato, in riferimento all'art. 132 della Costituzione, nonche' in riferimento al principio di leale collaborazione, questione di legittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 117 (Distacco dei Comuni di Casteldieci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello dalla Regione Marche e loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione), con la quale e' stato, appunto, disposto il distacco dei citati Comuni dalla Regione Marche e la loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, con inserimento dei medesimi nell'ambito territoriale della Provincia di Rimini.

Rileva la ricorrente che la legge - la quale, come fa notare la stessa ricorrente, e' stata promulgata dal Presidente della Repubblica facendo uso della formula prevista per le leggi ordinarie e non di quella, specifica, prevista dall'art. 46, comma 3, della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo) - consta di tre soli articoli, dei quali, il primo dispone, appunto, il distacco e la conseguente aggregazione territoriale; il secondo detta una specifica disciplina sostanziale e procedimentale per gli adempimenti derivanti dalla attuazione dell'art. 1; il terzo fissa la data di entrata in vigore della legge nel giorno successivo a quello di sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

1.1. - Nel ricostruire l'iter che ha condotto alla adozione della legge impugnata, la ricorrente rammenta che il suo procedimento di formazione ha avuto inizio con la richiesta di referendum, formulata dai Comuni interessati e dichiarata legittima con provvedimento dell'Ufficio centrale per il referendum del 27 giugno 2006; che la consultazione popolare si e' svolta nei giorni 17 e 18 dicembre 2006 e che, con la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto, ha dato un risultato favorevole al distacco dei predetti comuni dalle Marche ed alla loro aggregazione alla Emilia-Romagna, come da comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del successivo 28 dicembre.

Sono quindi stati richiesti dal Governo, che nell'occasione ha allegato lo schema di disegno di legge predisposto dal Ministro dell'interno, i pareri dei Consigli regionali delle due regioni interessate che, con deliberazione del 14 novembre 2007, per l'Emilia-Romagna, e con deliberazione del 17 marzo 2008, per le Marche, sono stati resi, rispettivamente, in senso favorevole dalla prima e non favorevole dalla seconda.

Essendo, nel frattempo, decaduto, a causa dell'intervenuto scioglimento delle Camere, il citato disegno di legge governativo, in occasione della apertura della XVI Legislatura, sono stati presentati tre diversi progetti di legge di iniziativa parlamentare volti a realizzare il medesimo scopo di quello decaduto. Questi, dopo l'esame in Commissione, nel corso del quale e' stato approntato un testo unificato, sono transitati per la Assemblea della Camera dei Deputati che ha discusso ed approvato, nelle sedute del 4 e 6 maggio 2009, il testo unificato. Il successivo 7 maggio il testo licenziato dalla Camera e' stato trasmesso al Senato per l'esame in Commissione - alla quale, al fine di accelerare il procedimento, il disegno di legge e' stato deferito in sede deliberante - ove esso e' stato definitivamente approvato il 29 luglio 2009.

  1. - Cosi' ricostruito l'iter della legge censurata, la Regione Marche ritiene che quest'ultima sia in contrasto con l'art. 132 della Costituzione in quanto il parere espresso dalla sua Assemblea legislativa, sebbene acquisito alla procedura parlamentare, non e' stato oggetto di considerazione in maniera ufficiale e conoscibile nel corso di questa, come invece sarebbe richiesto dalla detta norma costituzionale. La legge medesima, ad avviso della ricorrente, si porrebbe in contrasto, altresi', col principio di leale collaborazione, che deve informare le relazioni fra i soggetti istituzionali, in quanto la Regione Marche non sarebbe stata posta in condizione di conoscere le ragioni in forza della quali le Camere hanno disatteso il suo parere non favorevole allo scorporo territoriale.

    2.1. - Prima di motivare le predette censure la Regione ricorrente, dato atto che le sue doglianze attengono a vizi di carattere procedimentale intervenuti nell'approvazione della legge impugnata, si sofferma sulla giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di rilevabilita' di siffatte irregolarita', osservando che sin dal 1957 essa ha chiarito che, cosi' come quelle relative alle disposizioni di rango costituzionale di contenuto sostanziale, anche 'le violazioni delle norme strumentali per il processo formativo della legge (sono) suscettibili di sindacato costituzionale', essendo il procedimento legislativo 'soggetto al controllo di costituzionalita' attraverso la verifica dell'esistenza dei vizi tipici delle leggi, compresi quelli procedimentali'.

    Svolta questa premessa, la difesa della ricorrente ricorda come l'art. 132 della Costituzione individui una ipotesi di legge atipica, in relazione alla quale sono previste delle forme aggravate di approvazione, una delle quali e', appunto, la previa acquisizione dei pareri dei Consigli regionali interessati dal fenomeno di distacco-aggregazione da essa disciplinato; trattasi di previsione eccezionale, volta a creare un'articolata interlocuzione fra le popolazioni direttamente interessate, le assemblee rappresentative delle Regioni coinvolte e quelle nazionali.

    2.2. - Sulla base di questo rilievo, ritiene la ricorrente Regione che detta finalita' sarebbe frustrata ove si ritenessero soddisfatti i vincoli procedimentali prescritti dal citato art. 132 della Costituzione tramite la mera acquisizione formale dei pareri dei Consigli regionali, senza che questi siano effettivamente presi in considerazione nell'ambito della procedura legislativa e senza che siano rese conoscibili...

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