N. 247 SENTENZA 5 - 8 luglio 2010

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO Giudice, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,

Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,

Maria Rita SAULLE, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,

Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4-bis, della legge della Regione Veneto 6 aprile 2001, n. 10 (Nuove norme in materia di commercio su aree pubbliche), introdotto dall'art. 16 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 7 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di miniere, acque minerali e termali, lavoro, artigianato, commercio e veneti nel mondo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto nel procedimento vertente tra 'Associazione dei venditori ambulanti immigrati con licenze di commercio itinerante' e il Comune di Venezia ed altri con ordinanza del 23 marzo 2009, iscritta al n. 186 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 2009.

Visti l'atto di costituzione del Comune di Venezia nonche' l'atto di intervento della Regione Veneto;

Udito nell'udienza pubblica dell'8 giugno 2010 il Giudice relatore Paolo Grossi;

Uditi gli avvocati Federico Sorrentino per il Comune di Venezia,

Luigi Manzi e Bruno Barel per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza emessa il 23 marzo 2009, il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 5, 10, primo comma, 41, 117, primo e secondo comma, lettera e), e 118 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4-bis, della legge della Regione Veneto 6 aprile 2001, n. 10 (Nuove norme in materia di commercio su aree pubbliche), introdotto dall'art. 16 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 7 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di miniere, acque minerali e termali, lavoro, artigianato, commercio e veneti nel mondo), secondo cui 'E' vietato il commercio su aree pubbliche in forma itinerante nei centri storici dei comuni con popolazione superiore ai cinquantamila abitanti'.

Il rimettente premette di essere stato adito a seguito di ricorso proposto dalla 'Associazione dei venditori ambulanti immigrati con licenza di commercio itinerante' e da altri due cittadini extracomunitari, entrambi in possesso di autorizzazione per l'esercizio di attivita' di commercio 'su area di tipo B (in forma itinerante), a carattere permanente per il settore merceologico non alimentare'. I ricorrenti - sottolinea il giudice a quo - hanno impugnato per incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere e vizio di motivazione l'ordinanza contingibile ed urgente adottata dal Sindaco del Comune di Venezia il 13 giugno 2008, prot. n. 255264, con la quale - sul presupposto della ritenuta sussistenza di pericoli per la sicurezza urbana e l'incolumita' pubblica e sulla base della norma censurata - e' stato 'vietato il trasporto senza giustificato motivo di mercanzia in grandi sacchi di plastica e borsoni nel centro storico del Comune di Venezia' ed e' stato sancito che 'il predetto trasporto, se accompagnato con la sosta prolungata nello stesso luogo o in aree limitrofe deve essere considerato come atto direttamente ed immediatamente finalizzato alla vendita su area pubblica in forma itinerante ed in quanto facenti parte sostanziale dell'atto di vendita, rientrando nella fattispecie prevista e sanzionata dalla vigente legislazione regionale'.

Rilevata la legittimazione dei ricorrenti ed il perdurante interesse degli stessi, malgrado l'ordinanza impugnata avesse efficacia sino al 31 dicembre 2008, avendo tale provvedimento prodotto medio tempore effetti, il Giudice a quo ritiene che, alla stregua delle doglianze espresse, la questione di legittimita' costituzionale 'assume carattere logicamente prioritario' rispetto all'esame delle doglianze oggetto del giudizio, e che, inoltre, non sia possibile pervenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, atteso il suo tenore letterale.

Nel merito, il Tar osserva come sarebbe innanzitutto violata la competenza statale in materia di concorrenza, a norma degli artt. 41 e 117, secondo comma, lettera e), Cost., poiche' il 'commercio itinerante costituisce una delle forme attraverso cui si esplica la liberta' di iniziativa economica consistente nel commercio su aree pubbliche', come provato anche dalla disciplina dettata dall'art. 28 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59), che prevede 'una sorta di catalogo dei limiti' che, in base all'art. 41 Cost., possono essere imposti alla liberta' di iniziativa economica a fronte di valori costituzionalmente rilevanti.

Le Regioni, quindi, pur potendo intervenire in tale settore per i profili inerenti alle materie di propria competenza (quali il commercio e l'urbanistica), non potrebbero eludere la competenza statale in materia di concorrenza, ne' i principi di proporzionalita' ed adeguatezza. Sicche', per il rimettente, il divieto introdotto dalla norma contestata, finirebbe per comportare una irragionevole e contraddittoria 'eliminazione di una delle modalita' attraverso le quali, per la normativa statale, puo' essere svolta l'attivita' commerciale'.

Quanto alla dedotta violazione degli artt. 3, 5 e 118 Cost., il Tar sottolinea che tanto la normativa statale che quella regionale innanzi richiamate demandano ai Comuni l'adozione di appositi provvedimenti per limitare l'esercizio del commercio itinerante su aree pubbliche. La competenza comunale trova, dunque, la propria ragion d'essere nella necessita' di non porre limiti che non rispondano a specifiche esigenze connesse alle peculiarita' del territorio. La disposizione censurata opera, invece, in modo del tutto indifferenziato in ambiti territoriali disomogenei, in guisa tale da comprimere irragionevolmente l'autonomia comunale, privata della possibilita' di differenziare fra loro le varie situazioni territoriali, sociali ed economiche, nonche' di governare l'elemento della disomogeneita' distinguendo tra il commercio svolto legittimamente (come nella specie) e quello abusivo.

Ritenuto, poi, che il commercio itinerante 'riguarda attualmente in modo prevalente se non esclusivo la piccola imprenditoria degli extracomunitari', per il Tar risulterebbero, infine, violati gli artt. 2, 3, 4, 10, primo comma, 41 e 117, primo comma, Cost.

Vietando, infatti, soltanto tale tipo di commercio, esso sarebbe discriminato rispetto ad altre forme di commercio su aree pubbliche, quali quelle su posteggi dati in concessione in sede fissa. La previsione censurata comprometterebbe, pertanto, la liberta' di iniziativa economica e il diritto al lavoro, riconosciuti come diritti inviolabili agli stranieri regolari, per i quali vale il principio di parita' di trattamento sancito dalla Convenzione OIL 24 giugno 1975, n. 143, ratificata dalla legge 10 aprile 1981, n. 158 (Ratifica ed esecuzione delle convenzioni numeri 92, 133 e 143 dell'Organizzazione internazionale del lavoro), anche se si tratti di lavoratori autonomi, con conseguente violazione dell'art. 10, primo comma, Cost. Per altro verso, la normativa in questione introdurrebbe un effetto discriminatorio indiretto, secondo quanto prevede l'art.

2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 (Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parita' di trattamento tra le persone indipendentemente...

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