Giudizio su conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Parlamento - Immunita' parlamentari - Giudizio per sequestro conservativo ante causam promosso a carico di parlamentare per il risarcimento dei danni conseguenti a diversi atti asseritamente diffamatori e calunniatori - Giudizi di risarcimento dei danni e di simulazione e revocatoria ...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Annibale MARINI;

Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza nei giudizi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorti a seguito della delibera del Senato della Repubblica del 28 maggio 2003, relativa alla insindacabilita' delle opinioni espresse dal senatore Rocco Loreto nei confronti del dott. Matteo Di Giorgio, promossi con n. 2 ricorsi del Tribunale di Potenza - Sezione civile e con ricorso del Tribunale di Potenza - Sezione del giudice dell'udienza preliminare, notificati il 15, 16 e 22 novembre 2004, depositati in cancelleria il 3 e 7 dicembre 2004 ed iscritti, rispettivamente, ai numeri 26, 27 e 28 del registro conflitti 2004;

Visti gli atti di costituzione del Senato della Repubblica;

Udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 2006 il giudice relatore Sabino Cassese;

Udito l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per il Senato della Repubblica.

Ritenuto in fatto

  1. - Con tre distinti ricorsi (r. confl. n. 26, n. 27 e n. 28 del 2004), il Tribunale di Potenza ha sollevato altrettanti conflitti di attribuzione nei confronti del Senato della Repubblica, in relazione alla deliberazione del 28 maggio 2003 con la quale e' stata dichiarata - ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione - l'insindacabilita' delle dichiarazioni dell'ex senatore Rocco Loreto; dichiarazioni da cui hanno preso origine due giudizi civili e un giudizio penale.

    1.1. - Nel primo ricorso (r. confl. n. 26), il Tribunale, in funzione di giudice monocratico civile, riferisce che il dottor Matteo Di Giorgio, magistrato con funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, aveva formulato istanza di sequestro conservativo dei beni rientranti nel patrimonio del sen. Rocco Loreto in vista di una successiva azione per il risarcimento del danno. A sostegno della domanda, il dott. Di Giorgio affermava di avere svolto, all'inizio dell'anno 2000, indagini penali a carico del sen. Loreto, all'epoca Sindaco del comune di Castellaneta e Senatore della Repubblica, e che da quel momento l'indagato aveva posto in essere una serie di attivita' dirette a screditarlo, consistenti:

    1. nell'averlo definito, nel corso di un comizio tenuto il 7 aprile del 2000, "capocantiere", attribuendogli, altresi', il fatto di aver "reclutato nel suo ufficio e nella sua abitazione alcuni che stanno dando i numeri", e di essere "arruolato nelle file di Forza Italia", aggiungendo che c'e' un "miscuglio tra magistratura, polizia giudiziaria e la sezione di Forza Italia";

    2. in due dichiarazioni del 12 e 13 settembre, rese rispettivamente ad una testata giornalistica televisiva nazionale e ad una locale: nella prima, l'attivita' di indagine era definita "una vendetta giudiziaria annunciata"; nella seconda, si affermava che il dott. Di Giorgio indossava indegnamente la toga, accusandolo di avere parenti e amici nella ASL di Taranto, di essere legato ad un esponente di Forza Italia, di essere autore di "un complotto, mirato a far fuori dalla scena politica esponenti del centro sinistra", programmato con il sindaco di Palagiano, dalla cui casa, secondo un filmato, usciva "furtivamente";

    3. in dichiarazioni rilasciate il 13 e il 14 dello stesso mese a piu' quotidiani, con le quali si qualificavano "autentiche cazzate" gli arresti e gli avvisi di garanzia posti in essere dal dott. Di Giorgio e si attribuiva all'azione investigativa l'obiettivo di delegittimare il sen. Loreto nel momento della scelta delle candidature per le imminenti elezioni amministrative, riferendosi di voci in ordine ad una possibile candidatura dello stesso magistrato;

    4. nell'aver dichiarato, nel corso di un comizio tenuto il 22 ottobre, che il magistrato era indagato presso il Tribunale di Potenza e che nessuno ne aveva chiesto le dimissioni;

    5. nella presentazione di un esposto del successivo 26, indirizzato, fra l'altro, al Consiglio superiore della magistratura, in cui si sollecitava la promozione dell'azione disciplinare a carico del Di Giorgio.

    In corso di causa, aggiunge il Tribunale, il sen. Loreto eccepiva che le sue dichiarazioni erano state rese nell'esercizio delle funzioni parlamentari e il Senato della Repubblica, conformemente alle motivazioni contenute nella relazione della Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, ne deliberava l'insindacabilita'.

    Tanto premesso, il ricorrente sostiene che dal confronto tra le interrogazioni parlamentari richiamate nella...

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