Ordinanza emessa il 20 marzo 2006 dalla Corte di assise d'appello di Venezia nel procedimento penale a carico di Minciuna Ruslan Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento anche nei casi diversi da quello solo previsto dall'art. 593, comma 2 -...

LA CORTE D'ASSISE D'APPELLO

Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento a carico di Minciuna Ruslan alias Postulaki Yuri, nato a Straseni (Moldavia) il 23 giugno 1980, contumace.

  1. - Il Minciuna e' accusato di avere, in concorso con altri, ucciso a sprangate un cittadino italiano e tentato di uccidere un cittadino tunisino, anche rapinato. Con sentenza del 23 maggio - 8 luglio 2005 la Corte d'assise di Verona lo ha assolto da tutte le imputazioni, richiamando anche nel dispositivo i criteri di valutazione della prova di cui al capoverso dell'art. 530 c.p.p. Il pubblico ministero, che ne aveva chiesto la condanna all'ergastolo con isolamento diurno, ha proposto un articolato atto di apello nel quale oltre che contestare la logicita' delle argomentazioni del primo giudice, propone deduzioni che dovrebbero sorreggere un apprezzamento di merito del tutto diverso, in particolare sul punto centrale del processo, l'attendibilita' da attribuire ai due testi che hanno dichiarato di aver riconosciuto l'imputato come compartecipe dell'aggressione.

    Nelle more della trattazione di questo processo in secondo grado e' entrata in vigore la legge 20 febbraio 2006, n. 46, che ha escluso il potere della parte pubblica di impugnare con il mezzo dell'appello le sentenze di proscioglimento, salvo il caso qui non pertinente della prova nuova scoperta nel periodo che va dalla deliberazione della sentenza di primo grado alla scadenza del termine per impugnare, cosi' innovando l'art. 593 c.p.p.

    Tale legge ha pure espressamente disciplinato il regime transitorio, differentemente da quanto era accaduto con la provvisoria precedente modificazione introdotta allo stesso articolo 593 c.p.p. dall'art. 18, legge 24 novembre 1999, n. 468, prevedendo al primo comma dell'art. 10 l'applicazione anche ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore, e quindi prevedendo ai commi 2 e 3 le modalita' della dichiarazione di inammissibilita' degli appelli avverso le sentenze di proscioglimento non definiti, e una sorta di restituzione nei termini per proporre, in tali casi, il ricorso per cassazione.

    Oggi questa Corte distrettuale dovrebbe pertanto deliberare l'ordinanza di inammissibilita' di cui al secondo comma dell'art. 10.

    La parte pubblica ha tempestivamente depositato memoria con cui chiede sia sollevata la questione di legittimita' del nuovo testo dell'art. 593 c.p.p. e della disciplina transitoria, con riferimento agli artt. 3, 111 e 112 Cost. Oggi le parti hanno concluso come in atti.

  2. - Poiche' la deliberazione di inammissibilita' dell'appello costituisce certamente momento di esercizio della giurisdizione, deve prendersi preliminarmente atto della rilevanza della questione nel presente giudizio: la sua decisione, infatti, e' idonea ad imporre la cessazione o la prosecuzione di questo specifico processo di appello.

  3. - Osserva questo giudice distrettuale che vi e' gia' una giurisprudenza della Corte delle leggi che consente una prima "scrematura" dei possibili punti dell'argomentare tecnico-logico anche riproposto dalla parte pubblica nella sua memoria.

    In sintesi, la Corte costituzionale ha finora insegnato che "la diversita' dei poteri spettanti, ai fini delle impugnazioni, all'imputato ed al pubblico ministero, e' giustificata dalla differente garanzia rispettivamente loro assicurata dagli artt. 24 e 112 della Costituzione". E anche se "il potere di impugnazione e' un'estrinsecazione ed un aspetto dell'azione penale (la cui obbligatorieta' e' costituzionalmente imposta e quindi garantita dall'art. 112 Cost.), tuttavia e' escluso che esso debba configurarsi in modo simmetrico rispetto al diritto di difesa dell'imputato" perche' "le funzioni (del pubblico ministero) non sono assistite da garanzie di intensita' pari a quelle assicurate all'imputato dall'art. 24 della Costituzione, il quale non riguarda l'organo di accusa" mentre "solo se i poteri stessi, nel loro complesso, dovessero risultare inidonei all'assolvimento dei compiti previsti dall'art. 112 Cost." potrebbe essere censurata per irragionevolezza la configurazione dei poteri del pubblico ministero (Sentenza n. 98 del 1994, con riferimento anche alle sentenze 177 del 1971 e 363 del 1991).

    Ancora, la Corte ha ribadito in particolare che "il potere di appello del pubblico ministero non puo' riportarsi all'obbligo di esercitare l'azione penale come se di tale obbligo esso fosse - nel caso in cui la sentenza di primo grado abbia disatteso in tutto o in parte le ragioni dell'accusa - una proiezione necessaria ed ineludibile ... un'estrinsecazione e una conseguenza necessaria, configurante un nuovo dovere, il dovere di esercitare l'azione penale" (Sentenza n. 280 del 1995, anche con riferimento alla sentenza 177 del 1971). Sia solo consentito osservare che l'affermazione e' pienamente condivisibile, laddove altrimenti si dovrebbe necessariamente condudere per la costituzionalizzazione del doppio grado di giurisdizione di merito per la sola parte pubblica, in virtu' dell'art. 112 Cost.

    Che pertanto ne' l'art. 3 ne' l'art. 112 della Costituzione costituiscano, per se', parametri costituzionali idonei ad imporre l'assoluta omogeneita' della disciplina del potere di impugnazione tra la parte privata-imputato e la parte pubblica-p.m. e' affermazione/insegnamento che puo' darsi ormai per acquisito.

    Cio' pure dopo la modifica dell'art 111 Cost., perche' la stessa Corte costituzionale ha ribadito tale insegnamento anche successivamente a quell'innovazione costituzionale, gia' con la sentenza n. 115 del 2001 ma specialmente con l'ordinanza n. 421 del 3 - 21 dicembre 2001.

    Con tale ultima pronuncia il Giudice delle leggi ha espressamente avvertito che "l'attuale secondo comma dell'art. 111 Cost., inserito dalla legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2 - nel conferire veste autonoma ad un principio, quale quello della parita' delle parti, pacificamente gia' insito nel pregresso sistema dei valori costituzionali - non ha inciso sulla validita' dell'affermazione, cui si e' costantemente ispirata in precedenza la giurisprudenza di questa Corte, in forza della quale il principio di parita' tra accusa e difesa non comporta necessariamente l'identita' tra i poteri processuali del pubblico ministero e quelli dell'imputato: infatti una disparita' di trattamento puo' risultare giustificata ... sia dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero, sia dalla funzione allo stesso affidata, sia da esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia".

    Cio' vale anche, in particolare, per determinati casi di preclusione dell'appello del pubblico ministero, "nella cornice di un sistema nel quale il doppio grado di giurisdizione di merito non forma oggetto di garanzia costituzionale e il potere di impugnazione del pubblico ministero non costituisce estrinsecazione necessaria dei poteri inerenti all'esercizio dell'azione penale" (affermazione ormai appunto consolidata; tra le altre, ordinanze n. 83 del 2002, n. 165 del 2003 e n. 46 del 2004).

    L'ordinanza n. 421/2001 attesta quindi un ulteriore contenuto dell'insegnamento ormai costante della Corte delle leggi sulla materia del potere di impugnazione, che merita di essere ben evidenziato: per...

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