N. 162 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 marzo 2010

LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio d'appello in materia di responsabilita', iscritto al numero 31285 del registro di segreteria, proposto dal competente Procuratore regionale nei confronti della sentenza n. 1527/2007 pronunciata dalla Sezione giurisdizionale per il Lazio, nella parte in cui ha dichiarato inammissibile la domanda per il danno all'immagine formulata nei confronti del sig. G.P. difeso e rappresentato dall'avv. Luigi Medugno;

Uditi alla pubblica udienza del 27 ottobre 2009 il relatore consigliere Alberto Avoli, il Pubblico ministero in persona del V.P.G. Pasquale di Domenico e l'avv. Luigi Medugno, quale difensore del sig. G.P.

Premesso in fatto Con atto di citazione del 23 gennaio 1997, la Procura regionale per il Lazio conveniva in giudizio il sig. G.P. per sentirlo condannare al pagamento in favore dell'erario della somma di lire 32.000.000.000, oltre interessi legali e spese di giustizia, a titolo di responsabilita' amministrativa, quale risarcimento del danno erariale cagionato in virtu' del rapporto di servizio pubblico correlato all'esercizio delle funzioni di Presidente dell'ANAS, carica ricoperta in quanto Ministro pro tempore dei lavori pubblici (dal 22 luglio 1989 al 28 giugno 1992).

Il danno erariale contestato (patrimoniale) veniva equitativamente quantificato dall'attore pubblico in ragione dei maggiori costi sostenuti dall'Amministrazione negli appalti per lavori stradali, in conseguenza dell'illegittima e comunque abnorme diffusione del sistema delle trattative private in luogo delle licitazioni.

Infatti era risultato che 'durante la permanenza in carica del Ministro P., il Consiglio di amministrazione dell'ANAS aveva deliberato 449 affidamenti di lavori a trattativa Privata... Durante la gestione del (precedente) Ministro... l'incidenza percentuale degli affidamenti a trattativa privata sul complesso degli appalti si era attestata al 45%', anziche' al 76% e, durante la gestione del Ministro successivo a circa il 21%.'.

In particolare: 'da un confronto effettuato... fra i ribassi ottenuti sul prezzo progettuale negli affidamenti a trattativa privata e quelli conseguiti nelle aggiudicazioni a seguito di licitazioni... approvati negli stessi anni in esame, e' emerso che in media i primo risultano inferiori a volte in misura consistente rispetto ai secondi...'.

In sostanza, la Procura, con il richiamato atto di citazione, ha contestato al sig. G.P., un complessivo abuso nel ricorso alle trattative private, in luogo delle licitazioni, con implicazioni sia nella illegittimita' degli atti posti in essere e sia nella diseconomicita' dell'azione amministrativa.

La procura rappresentava che la medesima vicenda era oggetto di autonomo procedimento penale, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio, in data 10 ottobre 1996 della Procura dellaRepubblicadi Roma al Collegio per i reati ministeriali presso il tribunale.

Il 9 dicembre 2002 la Procura regionale per il Lazio emetteva un secondo atto di citazione, qualificandolo 'integrativo' del precedente.

Il requirente contabile evidenziava che il Tribunale di Roma, decima sezione penale, con la sentenza n. 12897/2001, aveva condannato il sig. G.P. a sei anni e quattro mesi di reclusione per il reato di corruzione propria aggravata. Collegava quindi il diffuso, illegittimo ed antieconomico ricorso alle trattative private (specificamente contestato nell'atto di citazione originario) con la percezione di tangenti, fino a ricostruire in terrnini complessivamente unitari un sistema di gestione delle risorse pubbliche nel settore degli appalti stradali, di per se' censurabile anche a titolo di responsabilita' amministrativa.

Nell'atto di citazione integrativo veniva rimodulato l'importo del danno erariale patrimoniale (da 32 miliardi di lire a 20.425.000.000), ancora facendo ricorso al criterio equitativo, assumendo pero' come parametro valorizzativo di maggior rilievo quello corrispondepte all'importo delle tangenti riscontrate in sede penale.

Contestualmente - circostanza particolarmente rilevante nella presente sede - l'atto di citazione integrativo contestava al sig.

G.P., come ulteriore e nuova voce, anche il danno all'immagine dell'amministrazione (per lire 6.808. 000.000), voce non ricompresa nell'atto originario.

Con sentenza di prime cure n. 1527/2007, depositata il 17 ottobre 2007,1a Sezione giurisdizionale per il Lazio della Corte dei conti ha ritenuto il sig. G.P. colpevole del danno patrimoniale per l'importo di euro 5.000.000, mentre ha dichiarato inammissibile l'atto di citazione integrativo per il danno all'immagine.

Tale inammissibilita' e' stata ritenuta dal Giudice di prime cure sulla base della seguente motivazione: 'La contestazione del danno non patrimoniale, introdotta per la prima volta nell'atto integrativo citazione, non puo' invece ammettersi, concretizzando essa effettivamente una mutatio libelli. Infatti la contestazione del danno non patrimoniale non costituisce una semplice articolazione e specificazione del prospettato danno originario, ma introduce una autonoma fattispecie che richiede una indagine svincolata dall'accertamento sulla fondatezza della domanda principale, integrando cosi' una mutatio non consentita neanche nel procedimento di primo grado.'.

La richiamata sentenza n. 1527/2007 veniva appellata dalla Procura di questa Corte (fra l'altro) relativamente alla menzionata questione dell'inammissibilita' della domanda per il danno all'immagine.

Il sig. G.P., nei propri atti di giudizio, si e' opposto alla tesi della procura appellante ed anzi ha depositato in data 2 ottobre 2009, con il ministero dell'avv. Luigi Medugno, istanza di declaratoria di 'nullita' dell'atto processuale introduttivo del giudizio d'appello'.

L'istanza, fondata sul 'comma 30-ter' dell'articolo 17 della legge n. 102/2009, evidenziava che 'il sig. G.P. non ha mai riportato alcuna condanna per le vicende poste a fondamento dell'azione di responsabilita', ma e' stato anzi prosciolto dalle imputazioni ascrittegli, perche' 'il fatto non sussiste', come da sentenza del G.U.P. presso il Tribunale di Roma in data 19 giugno 2005'.

Con sentenza n. 75/10, depositata il 5 febbraio 2010, questo giudice accoglieva l'appello della procura affermando l'ammissibilita' della domanda per il danno all'immagine.

Cio' sull'accertato presupposto che l'atto di citazione integrativo era effettivamente stato preceduto da uno specifico invito a dedurre e che pertanto la contestazione del danno all'immagine doveva prefigurarsi non come una mutatio libelli, bensi' come una nuova ed autonoma domanda.

Relativamente invece all'istanza di declaratoria di nullita' proposta dal sig. G.P., questo medesimo giudice pronunciava come segue.

'All'accoglimento dell'appello segue la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato l'inammissibilita' della domanda per danno non patrimoniale, contenuta come voce autonoma e nuova nell'atto di citazione integrativo. La positiva pronuncia sull'ammissibilita' della citazione per il danno all'immagine dovrebbe costituire il presupposto per il rinvio di merito al giudice di primo grado, cosi' nuovamente adito.' 'Tuttavia la remissione a tale giudice deve necessariamente tenere conto del disposto di cui al 'comma 30-ter' dell'articolo 17 della legge n. 102/1999, cosi' come modificato dalla legge n.

141/2009 nella parte in cui prescrive che il danno all'immagine possa essere perseguito a titolo di responsabilita' amministrativa, solo se ed in quanto intervenuta una sentenza penale di condanna passata in giudicato'.

'Si pone al riguardo innanzi tutto una questione: se cioe' la norma sia suscettibile di applicazione in questa sede d'appello, ovvero non lo sia, a cagione dell'interposizione della sentenza di prime Cure, appellata'.

'La sezione ritiene di dover dare al quesito una risposta affermativa, in quanto la sentenza di prime cure ha pronunciato l'inammissibilita' della citazione sul punto del danno all'immagine senza entrare nel merito.' 'Il principio al quale il Collegio intende ancorare il proprio convincimento decisorio e' pertanto il seguente: la sentenza di inammissibilita' dell'atto di citazione pronunciata in primo grado non concretizza la preclusione stabilita dal 'comma 30-ter' dell'articolo 17 della legge n. 103/2009, consentendo al Giudice d'appello la cognizione sull'eccezione di nullita' della domanda (formulata per contestazione del danno all'immagine senza l'avvenuta formazione di previo giudicato penale; e, conseguentemente, sull'eccezione di nullita' dell'appello.' 'Potendo (e dovendo) valutare l'eccezione di nullita' sollevata dalla difesa del sig. G.P. con la menzionata memoria del 2 ottobre 2009, e occorrendo in cio' l'applicazione della norma in questione, questo giudice non puo' non coglierne profili di possibile incostituzionalita' rilevanti in questa sede'.

Pertanto, relativamente al danno all'immagine, la richiamata sentenza n. 75/2010 (dopo aver accolto l'appello della procura dichiarando ammissibile l'atto di citazione integrativo del 9 dicembre 2002 nella parte del danno non patrimoniale), anziche' disporre il rinvio, ha previsto che separata ordinanza sia sollevata questione di legittimita' costituzionale del comma 30-ter con riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 97 della Carta.

Per doverosa completezza nella descrizione del fatto occorre sinteticamente ripercorrere i principali passaggi dell'autonomo processo penale sviluppatosi per la medesima vicenda.

Il procedimento penale aveva preso corpo dalla richiesta di rinvio a giudizio inoltrata in data 10 ottobre 1996 dalla procura della Repubblica di Roma al Collegio per i reati ministeriali presso il tribunale.

La decima sezione penale di detto tribunale, con la menzionata sentenza n. 12807/2001, ha condannato il sig. G.P. per corruzione propria aggravata.

La Corte d'appello di Roma annullava pero' la sentenza penale di condanna in primo grado.

Cio' in applicazione dei principi contenuti nella...

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