N. 190 SENTENZA 26 - 28 maggio 2010

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 41-bis, commi 2-quater, lettera f), 2-quinquies e 2-sexies della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), promosso dal Tribunale di sorveglianza di Roma con ordinanza del 6 ottobre 2009, iscritta al numero 313 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, 1ª serie speciale, dell'anno 2010.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 12 maggio 2010 il Giudice relatore Gaetano Silvestri.

Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con ordinanza del 6 ottobre 2009, ha sollevato - in riferimento agli artt. 13, secondo comma, 24, primo comma, 113, primo e secondo comma, della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art.

41-bis, commi 2-quinquies e 2-sexies, della legge 26 luglio 1975, n.

354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui non consente la presentazione di un reclamo, per difetto di congruita' del contenuto, avverso il provvedimento di sospensione delle regole trattamentali adottato a norma del comma 2 dello stesso art. 41-bis.

Con il medesimo provvedimento, il Tribunale ha sollevato ulteriore questione di legittimita' costituzionale con riguardo all'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), della legge n. 354 del 1975 - per l'asserito contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, Cost. - nella parte in cui limita ad un massimo di due ore al giorno la permanenza all'aperto dei detenuti ed internati nei cui confronti sia stato adottato il provvedimento di sospensione delle regole trattamentali di cui al comma 2 dello stesso art.

41-bis.

1.1. - Il giudice a quo esamina, in apertura dell'ordinanza di rimessione, le modifiche recate all'art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario dall'art. 2, comma 25, lettere f), g) ed h) della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica).

Si ricorda anzitutto che, prima della riforma, il comma 2-sexies della disposizione novellata prevedeva la possibilita' di presentare reclamo, contro il decreto ministeriale di sospensione delle regole trattamentali, sia riguardo alla 'sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento', sia riguardo alla 'congruita' del contenuto dello stesso rispetto alle esigenze di cui al comma 2'. Con il recente intervento legislativo, la seconda delle espressioni citate e' stata espunta dal testo della norma censurata.

La novella e' posta dal rimettente in relazione ad un'altra modifica attuata con la legge n. 94 del 2009, che concerne l'alinea del comma 2-quater dello stesso art. 41-bis. In precedenza tale disposizione, elencando una serie di restrizioni per la vita intramuraria degli interessati, stabiliva che le stesse 'potessero' essere disposte con il provvedimento applicativo del regime speciale di detenzione. Dopo la riforma, e' stabilito che il provvedimento ministeriale 'preveda' le restrizioni medesime.

Il rimettente ricorda, infine, che la riforma ha inciso anche sulla lettera f) del comma 2-quater, riducendo da quattro a due ore la durata massima della permanenza all'aperto: una restrizione che costituisce, a sua volta, l'oggetto delle prescrizioni che devono essere impartite con il decreto di sospensione delle regole trattamentali.

1.2. - Il giudizio principale e' stato introdotto, secondo quanto riferito dal Tribunale, dal reclamo proposto da un detenuto contro il provvedimento a carattere generale mediante il quale il Ministro della giustizia, in data 6 agosto 2009, ha inteso dare attuazione alla recente riforma dell'art. 41-bis. Detto provvedimento ha disposto la sostituzione del paragrafo concernente, in ciascuno dei decreti applicativi del regime speciale in corso di esecuzione, i limiti per la permanenza all'aperto degli interessati, riducendo tale permanenza ad un massimo di due ore giornaliere, 'di cui una nelle sale di biblioteca, palestra, ecc.'.

Il reclamante, seguendo lo schema dell'impugnazione in punto di congruita' del provvedimento ministeriale, ha sostenuto l'inconferenza di un trattamento tanto severo rispetto alle finalita' proprie del regime speciale, ed ha sollecitato l'applicazione nei suoi confronti della regola ordinaria di permanenza all'aperto per almeno due ore al giorno: applicazione che il Tribunale adito dovrebbe disporre dopo aver sottoposto alla Corte costituzionale questione di legittimita' in ordine alla nuova disciplina della materia.

Il giudice a quo, muovendo dai rilievi del reclamante, assume in primo luogo che la riduzione delle ore di permanenza all'aperto sarebbe imposta dalla legge a prescindere dall'effettiva ricorrenza di esigenze di contenimento della pericolosita', e potrebbe risultare rischiosa per la salute degli interessati. In secondo luogo, il rimettente osserva come il Ministro della giustizia abbia fatto uso, nella specie, del proprio potere discrezionale, diminuendo da due ad una le ore di permanenza all'aperto dei detenuti in regime speciale (non potendosi considerare, allo scopo, l'ora da trascorrere in biblioteca od in palestra). Nondimeno, la riforma del 2009 avrebbe escluso l'ammissibilita' di reclami in punto di congruenza delle prescrizioni adottate con il provvedimento applicativo del regime speciale.

Proprio l'ultimo rilievo induce il Tribunale a verificare la propria 'competenza' in merito alla domanda proposta dal reclamante.

L'esplicita soppressione del sindacato di 'congruita'' avrebbe espunto dalla norma censurata, infatti, anche un criterio espresso di identificazione del giudice competente a provvedere sui relativi reclami. Il rimettente richiama tuttavia la giurisprudenza costituzionale che, ancor prima della previsione nell'art. 41-bis di uno specifico procedimento di reclamo, aveva riconosciuto la sindacabilita' delle scelte concernenti specifici aspetti del regime speciale, attribuendo in linea generale, al tribunale di sorveglianza, la funzione di controllo sui provvedimenti applicativi del Ministro (sono citate le sentenze n. 349 del 1993, n. 410 del 1993 e n. 351 del 1996).

Dal punto di vista territoriale, la competenza spetterebbe al Tribunale di Roma in forza di un'ulteriore modifica dell'art. 41-bis (nuovo testo del comma 2-quinquies), che individua appunto nel citato Tribunale il giudice competente per i reclami proposti avverso il 'procedimento applicativo' della sospensione del trattamento.

Proseguendo la propria analisi in punto di rilevanza, il rimettente osserva che, per quanto rivolto al giudice competente, il reclamo dovrebbe essere dichiarato inammissibile, in quanto non piu' previsto dalla legge quale strumento per sindacare il contenuto, e non i presupposti, del provvedimento...

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