N. 177 SENTENZA 10 - 14 maggio 2010

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale di La Spezia nel procedimento penale a carico di P. A. G. ed altri, con ordinanza del 16 luglio 2009, iscritta al n. 274 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, 1ª serie speciale, dell'anno 2009.

Udito nella camera di consiglio del 14 aprile 2010 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di La Spezia, in composizione collegiale, con ordinanza depositata in data 16 luglio 2009, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 25 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a partecipare al giudizio, quale componente del tribunale in composizione collegiale, del giudice che, in precedenza investito del giudizio direttissimo conseguente ad arresto in flagranza di reato per lo stesso fatto nei confronti delle stesse persone, all'esito del giudizio di convalida e di applicazione di misura cautelare personale, abbia diversamente qualificato il reato originariamente contestato e, sulla base di tale diversa qualificazione, abbia dichiarato il proprio difetto di cognizione in favore del tribunale collegiale.

Il rimettente riferisce che, a seguito dell'arresto in flagranza di P. A. G., B. A. e P. I. C., per il reato di furto aggravato in concorso, previsto dagli articoli 110, 624, 625, nn. 2, 5 e 7, del codice penale, il Tribunale di La Spezia, in composizione monocratica, era stato investito del procedimento a carico dei predetti imputati con rito direttissimo, ai sensi degli artt. 449 e 558 cod. proc. pen.

Il giudice a quo pone in evidenza che, nel corso del giudizio di convalida e di applicazione delle misure cautelari richieste nei confronti degli arrestati, il giudice monocratico, con ordinanza del 13 luglio 2009, convalidato l'arresto, aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere e, ravvisata la diversa qualificazione giuridica del fatto, ovvero, non piu' furto aggravato in concorso, ma rapina impropria aggravata in concorso, aveva dichiarato, ai sensi dell'art. 33-septies cod. proc. pen., il proprio difetto di cognizione in favore del Tribunale in composizione collegiale, disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero.

Il giudice a quo indica le ragioni per le quali il giudice monocratico aveva ravvisato una diversa qualificazione giuridica del fatto; in particolare, quest'ultimo aveva considerato che la condotta tenuta da B. A., a seguito dell'azione furtiva, consistita nell'ingaggiare una colluttazione con il carabiniere C., dopo essersi dato alla fuga, inducesse a ravvisare gli estremi del reato di rapina impropria, anziche' quello di furto pluriaggravato a lui contestato in concorso con gli altri arrestati.

Inoltre, richiamando alcune pronunzie della Corte di cassazione in tema di concorso 'anomalo', secondo cui puo' essere ritenuto prevedibile sviluppo dell'azione inerente ad un furto l'uso eventuale di violenza o minaccia, che, se realizzato, fa progredire la sottrazione della cosa mobile altrui in rapina impropria, il giudice monocratico aveva ritenuto che analogo titolo di reato dovesse essere ascritto agli altri due compartecipi, ai sensi dell'art. 116 cod.

pen. Il medesimo giudice, poi, aveva prospettato come configurabile l'aggravante prevista dall'art. 628, comma 3, n. 1, cod. pen., poiche' il reato era stato commesso da piu' persone riunite.

Il Tribunale rimettente riferisce, infine, che il pubblico ministero, ricevuti gli atti, aveva disposto che si procedesse nelle forme del rito direttissimo nei confronti dei tre arrestati, i quali erano stati presentati innanzi al medesimo Tribunale.

Il collegio rileva, dunque, che uno dei propri componenti e' lo stesso giudice monocratico - persona fisica avanti al quale si e' tenuto il primo giudizio direttissimo nella fase della convalida e dell'applicazione di misure cautelari.

Il giudice a quo, pur non ignorando il consolidato orientamento della Corte costituzionale, secondo cui non sussiste l'incompatibilita' del...

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