Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Eccezione di inammissibilita' - Erronea indicazione della norma censurata - Agevole individuazione della norma effettivamente impugnata dal contesto della motivazione - Reiezione. Fallimento e procedure concorsuali - Piano di riparto - Contestazioni dei creditori ammessi allo stato pass...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Annibale MARINI;

Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 213, comma secondo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), richiamato dall'art. 1, comma sesto, secondo inciso, del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26 (Provvedimenti urgenti per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 3 aprile 1979, n. 95, promossi con ordinanze del 18 dicembre 2003 dalla Corte d'appello di Ancona, nel procedimento civile vertente tra Diana Ponzetti ved. Belardinelli, ed altri, e SIMA Meccanica Oleodinamica s.p.a. in amministrazione straordinaria, e del 19 aprile 2005 dal Tribunale ordinario di Verona, nel procedimento civile vertente tra Banca Intesa - Banca Commerciale Italiana s.p.a. e Pagana s.r.l. in amministrazione straordinaria, iscritte al n. 237 del registro ordinanze 2004 e al n. 500 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 43 e 41, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.

Visto l'atto di costituzione di Diana Ponzetti ved. Belardinelli ed altri, nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 7 marzo 2006 e nella camera di consiglio dell'8 marzo 2006 il giudice relatore Romano Vaccarella;

Uditi l'avvocato Nicola Sbano per Diana Ponzetti ved. Belardinelli ed altri e l'avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso di un giudizio di opposizione al piano di riparto finale di una procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26 (Provvedimenti urgenti per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 3 aprile 1979, n. 95, la Corte d'appello di Ancona, con ordinanza del 18 dicembre 2003, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 della Costituzione, dell'art. 213 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui fa decorrere il termine di venti giorni, per la proposizione da parte dei creditori delle contestazioni al piano di riparto finale, dall'inserzione nella Gazzetta Ufficiale dell'avviso dell'avvenuto deposito dell'atto presso la cancelleria del tribunale, anziche' dalla ricezione della raccomandata con avviso di ricevimento contenente la notizia dell'avvenuto deposito.

    1.1. - Premette la Corte rimettente che un dipendente della SIMA Meccanica Oleodinamica s.p.a. in amministrazione straordinaria, vantando nei confronti di quest'ultima un credito per differenze di trattamento di fine rapporto, aveva impugnato dinanzi al Tribunale ordinario di Ancona il piano di riparto finale redatto a conclusione della procedura concorsuale.

    La societa' convenuta, costituitasi in persona del commissario straordinario, aveva eccepito in rito la tardivita' del ricorso, perche' proposto oltre il termine di venti giorni dal compimento delle formalita' previste dall'art. 213 del r.d. n. 267 del 1942 (legge fallimentare); nel merito aveva dedotto l'infondatezza della domanda.

    Con sentenza del 29 giugno 2000 l'adito Tribunale aveva dichiarato inammissibile il ricorso perche' tardivo, osservando che il decreto-legge n. 26 del 1979, disciplinante la procedura cui era sottoposta la SIMA Meccanica Oleodinamica s.p.a., richiama, all'art. 1, sesto comma, le norme del r.d. n. 267 del 1942 relative alla liquidazione coatta amministrativa (artt. 195 e seguenti); sicche' la fase di chiusura della procedura di amministrazione straordinaria e' regolata dall'art. 213 della legge fallimentare, il quale stabilisce che il piano di riparto tra i creditori dev'essere depositato, previa autorizzazione dell'autorita' vigilante, presso la cancelleria del tribunale; che dell'avvenuto deposito e' data notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e che nel termine di venti giorni dall'inserzione gli interessati possono proporre, con ricorso al tribunale, le loro contestazioni.

    Avverso detta pronuncia aveva proposto appello il Belardinelli, deducendo, fra l'altro, la incostituzionalita' del citato art. 213.

    1.2. - Affermata la sicura rilevanza della questione di legittimita' costituzionale ai fini della decisione sul proposto gravame, la Corte d'appello reputa la questione non manifestamente infondata.

    La norma impugnata sarebbe discriminatoria e lesiva del diritto di difesa dei creditori ammessi al passivo, laddove impone loro di impugnare il piano di riparto finale nel termine di venti giorni dalla pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale e nei giornali designati dall'autorita' che vigila sulla procedura, dell'avviso dell'avvenuto deposito.

    Osserva il giudice a quo che tale forma di pubblicita' presuppone un onere di diligenza eccessivo, insostenibile non solo per qualsiasi privato cittadino, ma anche per qualsiasi organizzazione, pubblica o privata. Occorrerebbe, infatti, sobbarcarsi l'onere della consultazione quotidiana della Gazzetta Ufficiale o di imprecisati giornali scelti dall'organo di vigilanza, per tutta la durata della procedura, la quale puo' protrarsi per vari anni.

    Ad avviso della Corte rimettente, invece, i creditori hanno diritto "di ricevere diretta formale comunicazione dall'organo della procedura del deposito dei piani di riparto".

    La Corte costituzionale, invero, ha gia' dichiarato la illegittimita' costituzionale di numerose disposizioni della legge fallimentare, che facevano decorrere termini di impugnazione dalla data di deposito o di pubblicazione, ponendo il principio che il termine per la tutela dei diritti decorre dalla data di notifica o di comunicazione dei provvedimenti.

    In conclusione, secondo il giudice a quo, per effetto della disposizione censurata non troverebbero realizzazione il principio costituzionale del giusto processo, l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, l'art. 15 (recte: 14) del Patto internazionale di New York sui diritti civili e politici, come pure molte direttive comunitarie.

    1.3. - Con atto del 20 gennaio 2004 si sono costituiti nel giudizio incidentale di costituzionalita' gli eredi del ricorrente, i quali hanno concluso per l'accoglimento della questione.

    Osserva, preliminarmente, la parte privata che il termine di venti giorni per opporsi al piano di riparto decorre esclusivamente dall'avvenuta pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della notizia dell'avvenuto deposito, nessun effetto essendo, invece, connesso alla pubblicazione sugli altri organi di stampa designati dalla autorita' di vigilanza.

    Cio' precisato, rileva che la mancata diretta comunicazione ai creditori impone a costoro oneri abnormi, tenuto conto della indeterminata durata delle procedure, della inesigibilita' del grado di diligenza richiesto per soddisfare l'onere in questione, peraltro, non imposto da alcuna ragione; che, d'altra parte, altre disposizioni della stessa legge fallimentare prevedono che i soggetti interessati ad opposizioni o ad impugnazioni di atti della procedura debbono avere diretta comunicazione di fatti od atti potenzialmente lesivi.

    La disposizione impugnata, oltre che irragionevole, sarebbe lesiva sia del diritto alla difesa sia di quello al giusto processo, nonche' del principio di buona amministrazione, sotto il profilo del "giusto procedimento", di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di...

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