Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Intervento in giudizio - Soggetti che non sono titolari delle potesta' legislative in contestazione - Inammissibilita'. Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lombardia - Aree destinate ad essere espropriate per la realizzazione di attrezzature e servizi pubblici - Diretta realizza...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Annibale MARINI;

Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 9, commi 12 e 13, in combinato disposto con l'art. 11, comma 3; dell'art. 19, comma 2, lettera b), n. 2, e dell'art. 10, comma 1, lettera d), entrambi in relazione all'art. 55, comma 1, lettera b), e all'art. 57, comma 1, lettere a) e b); dell'art. 27, comma 1, lettera e), n. 4, e dell'art. 33 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 16 maggio 2005, depositato in cancelleria il successivo 24 maggio 2005 ed iscritto al n. 62 del registro ricorsi 2005.

Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia nonche' gli atti di intervento di TIM ITALIA S.p.a. e di VODAFONE OMNITEL N.V;

Udito nell'udienza pubblica del 21 febbraio 2006 il giudice relatore Gaetano Silvestri;

Uditi l'avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Andrea Manzi e Nicolo' Zanon per la Regione Lombardia.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ricorso notificato il 16 maggio 2005 e depositato il 24 maggio 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 9, commi 12 e 13, e dell'art. 11, comma 3; dell'art. 19, comma 2, lettera b), n. 2, e dell'art. 10, comma 1, lettera d), entrambi in relazione all'art. 55, comma 1, lettera b), e all'art. 57, comma 1, lettere a) e b); dell'art. 27, comma 1, lettera e), n. 4, e dell'art. 33 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 11 del 16 marzo 2005, in riferimento all'art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione.

    L'Avvocatura dello Stato, preliminarmente, precisa che la presentazione del ricorso e' stata decisa dal Consiglio dei ministri nella riunione del 13 maggio 2005 e che «si depositeranno» estratto del verbale e relazione del Ministro proponente. L'estratto e la relazione risultano pero' depositati contestualmente al ricorso.

    Il ricorrente passa poi ad inquadrare l'oggetto della legge impugnata nella materia «governo del territorio» di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. ed inizia l'esame delle singole norme poste ad oggetto del ricorso.

    1.1. - In primo luogo, e' censurato il combinato disposto dell'art. 9, commi 12 e 13, e dell'art. 11, comma 3. Il comma 12 dell'art. 9 prevede la possibilita' da parte del proprietario di un'area sottoposta a vincoli espropriativi di realizzare direttamente attrezzature e servizi indicati dal «piano dei servizi», per la cui attuazione e' preordinato il vincolo di espropriazione. Il successivo comma 13 stabilisce che «non configurano vincolo espropriativo e non sono soggette a decadenza le previsioni del piano dei servizi che demandino al proprietario dell'area la diretta realizzazione di attrezzature e servizi, ovvero ne contemplino la facolta' in alternativa all'intervento della pubblica amministrazione». Infine, l'art. 11, al comma 3, dopo aver stabilito che «alle aree destinate alla realizzazione di interventi di interesse pubblico o generale, non disciplinate da piani e da atti di programmazione, possono essere attribuiti, a compensazione della loro cessione gratuita al comune, aree in permuta o diritti edificatori trasferibili su aree edificabili previste dagli atti di PGT anche non soggette a piano attuativo», prevede che, in alternativa a tale attribuzione di diritti edificatori, «sulla base delle indicazioni del piano dei servizi il proprietario puo' realizzare direttamente gli interventi di interesse pubblico o generale, mediante accreditamento o stipulazione di convenzione con il comune per la gestione del servizio».

    L'Avvocatura dello Stato ritiene che le norme sopra indicate, qualora l'entita' dei lavori da realizzare superi la soglia stabilita dalla normativa comunitaria, si pongano in contrasto con quest'ultima e con la normativa statale che disciplina le modalita' di affidamento degli appalti pubblici di lavori e servizi. In particolare, sarebbero violati i principi generali del Trattato sull'Unione europea in materia di tutela della concorrenza e, nell'ambito specifico degli appalti, le direttive del Consiglio delle Comunita' europee 92/50 del 18 giugno 1992 (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi), 93/36 del 14 giugno 1993 (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture), 93/37 (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori), 93/38 (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonche' degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni), e le relative norme statali di attuazione, che prevedono il ricorso a procedure di aggiudicazione ad evidenza pubblica per la realizzazione degli interventi in questione. In proposito viene specificamente richiamato l'art. 19, comma 01, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici), secondo cui i lavori pubblici possono essere realizzati esclusivamente mediante contratto di appalto o di concessione; quest'ultimo contratto, come ricorda il ricorrente, negli anni e' stato equiparato dalla normativa comunitaria agli appalti pubblici, quanto alla procedura di scelta del contraente, proprio per evitare che diventasse uno strumento per eludere la disciplina comunitaria in materia.

    Nel ricorso governativo si osserva che lo «scambio» ipotizzato nelle norme impugnate, tra il proprietario dell'area, che realizza direttamente i servizi previsti nel piano, e l'ente pubblico, che li acquista, «riguarda comunque valori e diritti di stretta pertinenza pubblica, in relazione ai quali il soggetto privato acquista connotazioni tipiche di «organismo di diritto pubblico», tali da non poter ragionevolmente sottrarsi all'onere di realizzare tali interventi (finanziati, come detto, in tutto o in parte con risorse e diritti di appartenenza pubblica) attraverso procedure di evidenza pubblica che assicurino il miglior uso delle risorse collettive». Si ricorda, al riguardo, la sentenza della Corte di giustizia delle Comunita' europee, sez. VI, del 12 luglio 2001, in causa C-399/98, secondo cui, qualora il titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione realizzi direttamente le opere di urbanizzazione, a scomputo totale o parziale dei contributi dovuti per il rilascio della concessione, si e' in presenza in ogni caso di un appalto di lavori secondo la normativa comunitaria, con il conseguente ricorso alle procedure di evidenza pubblica allorche' il valore dell'opera eguagli o superi la soglia comunitaria. Questa conclusione sarebbe confermata dall'art. 2, comma 5, della legge n. 109 del 1994, il quale dispone che, per le singole opere d'importo superiore alla soglia comunitaria, i soggetti privati sono tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle procedure di gara previste dalla direttiva 93/37/CEE.

    1.2. - Sono oggetto di censura, inoltre, l'art. 19, comma 2, lettera b), n. 2, e l'art. 10, comma 1, lettera d), entrambi in relazione all'art. 55, comma 1, lettera b), e all'art. 57, comma 1, lettere a) e b), della impugnata legge della Regione Lombardia.

    La prima delle norme citate prevede che il piano territoriale regionale definisca gli indirizzi generali per il riassetto del territorio ai fini della prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici, secondo quanto disposto dall'articolo 55, comma 1, lettera b). Quest'ultima norma, a sua volta, assegna alla competenza della Giunta regionale la definizione degli «indirizzi per il riassetto del territorio, anche in raccordo con i contenuti dei piani di bacino, ai fini della prevenzione dei rischi geologici ed idrogeologici e della loro mitigazione», nonche' delle «direttive per la prevenzione del rischio sismico e l'individuazione delle zone sismiche, ivi compresi la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle zone medesime».

    L'art. 57 stabilisce che, nel piano di governo del territorio, il «documento di piano» contenga la definizione dell'assetto geologico, idrogeologico e sismico comunale sulla base dei criteri ed indirizzi emanati dalla Giunta regionale e che il piano delle regole dia attuazione ai criteri e agli indirizzi in parola.

    A parere del ricorrente le norme suddette si porrebbero in contrasto con l'art. 107 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) e con l'art. 5 del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attivita' di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile), convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 9 novembre 2001, n. 401. Queste due norme, ritenute principi fondamentali della materia protezione civile, vincolanti pertanto la relativa potesta' concorrente delle Regioni, affermerebbero la competenza statale in ordine alla predisposizione degli indirizzi e dei criteri generali nonche' delle direttive per la previsione e la prevenzione delle varie ipotesi di rischio.

    Per le stesse ragioni viene censurato l'art. 10, comma 1, lettera d), nella parte in cui si richiama a quanto...

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