Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito) depositato in cancelleria il 26 gennaio 2006 (della Corte d'appello di Venezia) Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico dell'on. Vittorio Sgarbi per il reato di diffamazione pluriaggravata per le dichiarazioni da questi rese, nel corso di trasmission...

Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato avverso la delibera della Camera dei deputati in data 7 ottobre 2003, relativa all'insindacabilita' delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Raffaele Tito.

  1. - Va premesso in fatto:

    Vittorio Sgarbi, all'epoca ed attualmente deputato, era imputato di diffamazione pluriaggravata per avere, in quattro trasmissioni televisive della serie «Sgarbi quotidiani», diffuse dall'emittente «Canale 5» i giorni 10, 14 e 18 gennaio e 24 luglio 1997 e da lui condotte, offeso la reputazione del magistrato Raffaele Tito, con riferimento alla sua attivita' di sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pordenone in relazione ai procedimenti penali contro il deputato Michelangelo Agrusti e il sindaco del Comune di Buia Molinaro. La quarta trasmissione segue la presentazione di querela per le prime tre, e la commenta.

    In estrema sintesi, la contestazione dava conto dell'accusa rivolta al magistrato, con le parole e le espressioni riportate nelle due imputazioni in epigrafe (originariamente oggetto di due distinti procedimenti poi riuniti), di avere approfittato della relazione sentimentale con la dott.ssa Fasan, magistrato che svolgeva funzioni di g.i.p. nel medesimo ufficio giudiziario (relazione che si assumeva in corso all'epoca dei fatti denunciati), per ottenere provvedimenti restrittivi e decisioni giurisdizionali compiacenti. Attesa la formulazione del capo d'imputazione del procedimento originariamente recante il n. 22/99 R.G., che utilizza la locuzione «i cui testi devono intendersi tutti integralmente riportati», fin d'ora va disposta l'allegazione al presente ricorso, di cui costituiscono parte integrante, delle non controverse trascrizioni dei testi delle tre trasmissioni 10, 14 e 18 gennaio 1997.

    La vicenda aveva tratto origine da un memoriale del marito della Fasan, Danilo Da Re, consegnato all'Agrusti e da questi diffuso, anche ad organi di stampa. Su di essa il 22 dicembre del 1996 era stata presentata un'interrogazione parlamentare dal deputato Armando Veneto.

    In relazione al contenuto delle quattro trasmissioni erano state proposte due querele autonome, da parte del dott. Tito e della dott.ssa Fasan; secondo le regole sulla competenza territoriale (avendo riguardo al domicilio delle persone querelanti ed in ragione del luogo d'esercizio dell'attivita' professionale del dott. Tito) erano iniziati due processi, a Treviso per la dott.ssa Fasan ed a Venezia per il dott. Tito.

    Il processo di Treviso si e' definito con sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. in relazione all'art. 68 Cost. In data 24 febbraio 1999 infatti la Camera dei deputati, cui apparteneva lo Sgarbi, deputato, aveva deliberato che i fatti per i quali era in corso il processo concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni. Il Tribunale di Treviso aveva sollevato conflitto d'attribuzioni tra i poteri dello Stato, ma il ricorso era stato dichiarato inammissibile una prima volta per questioni formali (la mancata adeguata indicazione del petitum). Riproposto il medesimo conflitto con atto che recepiva la censura, con ordinanza 12 dicembre 2003, n. 358 la Corte costituzionale dichiarava inammissibile anche il nuovo ricorso per una diversa questione, sempre in rito: confermando la propria giurisprudenza sul punto, la Corte ribadiva «l'esigenza costituzionale che il giudizio, una volta instaurato, sia concluso in termini certi non rimessi alle parti configgenti», non essendo ammissibile «mantenere indefinitivamente in sede processuale una situazione di conflittualita' tra poteri, protraendo cosi' ad libitum il ristabilimento della «certezza e definitivita' di rapporti», essenziale ai fini di un regolare svolgimento delle funzioni costituzionali.

    1.1. - Con sentenza del 23 marzo - 13 giugno 2001 il Tribunale di Venezia ha dichiarato lo Sgarbi responsabile dei reati ascrittigli, uniti nella continuazione, e, negate le attenuanti generiche, lo ha condannato alla complessiva pena di un anno un mese di reclusione e lire tre milioni di multa. Gli ha concesso la sospensione condizionale della pena. Ha altresi' condannato lui e il responsabile civile Reti Televisive Italiane S.p.A. a risarcire in solido alla parte civile Tito il danno, liquidato in via definitiva in lire trecento milioni, e le spese di lite.

    Il giudice lagunare innanzi tutto argomentava proprio sul punto del perche' dovesse escludersi nella fattispecie l'immunita' ex art. 68 Cost. Lo Sgarbi aveva reso quelle dichiarazioni extra moenia e fuori del contesto d'iniziative parlamentari; l'occasione delle propalazioni era stato l'esercizio di mera attivita' professionale di natura giornalistica che «nulla ha obiettivamente a che vedere con la prerogativa accordata dall'art. 68.1 della Costituzione»; le sue dichiarazioni non potevano essere connesse con alcuna forma d'esercizio di funzioni parlamentari, non essendo individuabile alcun atto parlamentare specifico da lui adottato quale deputato; vi era solo una «vaga comunanza tematica» con atti (parlamentari) altrui, tuttavia «neppure indirettamente richiamati» in occasione della propalazione oggetto d'imputazione.

    In particolare, confrontando espressamente i contenuti degli interventi televisivi e dell'interrogazione del deputato Armando Veneto, il tribunale tra l'altro argomentava che «le dichiarazioni diffamatorie rese dallo Sgarbi-conduttore televisivo neppure lontanamente appaiono essere riproduttive di quelle pronunciate nell'interpellanza»; il raffronto evidenziava appunto solo qualche comunanza tematica in se' inidonea a ricondurre le prime a quelle insindacabili e protette; specialmente il dep. Veneto si esprimeva in forma dubitativa in ordine alla verita' dei fatti e chiedeva all'interlocutore istituzionale di volerla accertare, mantenendo prudenza nei confronti della fonte (il memoriale del marito della dott.ssa Fasan) e continenza ed adeguatezza espositiva, mentre lo Sgarbi consegnava il resoconto al pubblico come verita' in senso rigorosamente oggettivo, senza alcun dubbio, e in un contesto espositivo dove «la denigrazione gratuita risulta essere oggettivamente prevalente rispetto a qualsivoglia contenuto informativo».

    1.2. - Sul punto i motivi d'appello, richiamata la pronuncia della Camera per il ramo trevigiano del processo, deducevano che invece sussisteva il nesso con l'esercizio delle funzioni parlamentari, da riconoscersi anche quando il deputato «trasporti» extra moenia il senso di un dibattito politico sviluppatosi in Parlamento, indipendentemente dal fatto che sia stato quel medesimo deputato ad affrontare la questione nella sede istituzionale. La difesa osservava che nel caso di specie nella trascrizione della trasmissione 10 gennaio 1997 si leggeva un esplicito richiamo a precedente interpellanza del deputato Armando Veneto (fg. 34 appello). Sarebbe stata poi irrilevante la diversita' del tenore delle rispettive affermazioni (interrogazione Veneto e trasmissioni Sgarbi), posto che ai fini del riconoscimento del nesso funzionale dovrebbe sussistere non un linguaggio asettico e acritico, bensi' una comunanza d'argomenti, seppur non nella forma della riproduzione integrale: cio' perche' la prerogativa dell'art. 68 Cost non potrebbe che entrare in gioco quando le espressioni siano astrattamente lesive della reputazione altrui. In terzo luogo l'analisi del contenuto dell'interrogazione del deputato Veneto imporrebbe di concludere, diversamente da quanto fatto dal tribunale, che anche quel deputato ha in tale atto sviluppato una profonda critica, censurando pesantemente le condotte dei due magistrati e non esprimendosi affatto - secondo l'appellante - in forma dubitativa (non potendo giungersi a tale valutazione solo valorizzando i continui riferimenti al memoriale).

    1.3. - In data 7 ottobre 2003 e' intervenuta delibera con cui la Camera dei deputati ha dichiarato «che i fatti per i quali e' in corso il procedimento di cui al Doc. IV quater n. 19 (quelli per il reato di diffamazione aggravata pendenti presso questa Corte d'appello) concernono opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'art. 68 della Costituzione».

  2. - In rito.

    A norma dell'art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140 questa Corte dovrebbe...

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