N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 20 marzo 2010

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia per legge in Roma, alla via dei Portoghesi, 12, contro la Regione Campania, in persona del Presidente in carica pro tempore (per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge regionale 21 gennaio 2010, n. 2, recante 'Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania - Legge finanziaria anno 2010', pubblicata nel B.U.R. n. 7 del 21 gennaio 2010, ed in particolare dell'art. 1, commi, 1, 2, 12, 16, 25, da 55 a 63, 69, da 83 a 91, nei limiti indicati nel presente ricorso.

La legge regionale in epigrafe reca 'Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania - Legge finanziaria anno 2010'.

Ritenendo diverse disposizioni della stessa in contrasto con la Costituzione, il Consiglio dei ministri, nella seduta del 4 febbraio 2010, ne ha deliberato l'impugnazione dinanzi a codesta ecc.ma Corte.

Impugnazione che viene proposta con il presente ricorso per i seguenti;

Motivi

I - In relazione all'art. 1, comma 1, della l.r. in epigrafe:

violazione dell'art. 117, Cost., sotto vari profili.

L'art. 1, comma 1, della legge regionale in epigrafe dispone quanto segue:

'La regione Campania disciplina il servizio idrico integrato regionale come servizio privo di rilevanza economica. Nel rispetto dei principi di sussidiarieta', ragionevolezza e leale collaborazione e in assenza di intese con lo Stato in merito alle politiche relative alle societa' di distribuzione dell'acqua potabile, le aziende operative nella regione Campania devono avere la maggioranza assoluta dell'azionariato a partecipazione pubblica. Tutte le forme attualmente in essere di gestione del servizio idrico con societa' miste o interamente private decadono a far data dalle scadenze dei contratti di servizio in essere. I proventi ricavati dalla utilizzazione del demanio idrico sono destinati al finanziamento degli interventi della risorsa idrica e dell'assetto idraulico ed idrogeologico sulla base delle linee programmatiche di bacino. Tali proventi sono iscritti dal corrente esercizio finanziario all'Unita' previsionale di base (UPB) 11.81.80 della entrata e destinati al finanziamento delle spese iscritte alla UPB 1.1.1. 'Difesa suolo' concernenti i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria del reticolo idrografico regionale.'.

Giova premettere che, come affermato dalla giurisprudenza di codesta Corte (sent. n. 307/2009), il servizio idrico integrato, al quale la norma in questione fa riferimento, e' disciplinato da norme statali, nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva di cui all'art. 117, secondo comma, Cost., in vari ambiti, quali: funzioni fondamentali degli enti locali, concorrenza, tutela dell'ambiente, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (cfr. art.

141 del d.lgs. n. 152 del 2006 cd. codice dell'ambiente). 'Deve, in altri termini, parlarsi di un concorso di competenze statali, che vengono esercitate su oggetti diversi, ma per il perseguimento di un unico obiettivo, quello dell'organizzazione del servizio idrico integrato' (Corte cost., sent. cit., punto 4 del considerato in diritto).

In particolare, nel disciplinare tale servizio, l'art. 141, comma 2, cod. amb. afferma chiaramente la sua rilevanza economica, laddove afferma che lo stesso 'deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicita''.

Ulteriore indice di tale rilevanza puo' essere individuato nell'art. 154, comma 1, dello stesso codice, che, nel disciplinare la tariffa del servizio idrico integrato, la qualifica come 'corrispettivo' in tutte le quote che la compongono e stabilisce che essa e' determinata, tenendo conto, tra l'altro, 'dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito'.

La rilevanza economica del servizio e', inoltre, confermata, in linea generale dall'art. 23-bis del d.l. 25t.6.2008, n. 112, che, nel disciplinare l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, precisa che detta disciplina si applica a tutti i servizi pubblici locali, ed era desumibile gia' implicitamente dall'art. 113 del d.lgs. n. 267/2000, che vi faceva riferimento nel disciplinare proprio la 'gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica'.

La norma regionale censurata afferma che la Regione disciplina il servizio predetto 'come servizio privo di rilevanza economica'.

Cosi' disponendo la stessa si pone, quindi, in contrasto con le disposizioni di legge sopra citate, le quali, secondo l'orientamento espresso da codesta Corte nella citata sentenza n. 307/2009 e nella sentenza n. 272/2004, costituiscono esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di concorrenza, laddove disciplinano la gestione e le modalita' di affidamento del servizio, e percio' viola l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

D'altra parte, anche a non voler considerare la chiara scelta operata dal legislatore statale, l'affermazione contenuta nella norma regionale e' censurabile anche sotto altri profili.

Invero, come evidenziato anche da codesta Corte nella sent. n.

272/2004, sulla base degli orientamenti assunti dal giudice comunitario, la qualificazione di un'attivita' come economica deve essere effettuata valutando 'circostanze e condizioni in cui il servizio viene prestato, tenendo conto, in particolare, dell'assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, della mancata assunzione dei rischi connessi a tale attivita' ed anche dell'eventuale finanziamento pubblico dell'attivita' in questione (Corte di giustizia CE, sentenza 22 maggio 2003, causa n. 18/2001)'.

Tale valutazione, secondo la citata giurisprudenza della Corte di giustizia, spetta al giudice nazionale, il quale si e' gia' espresso diverse volte nel senso che deve comunque attribuirsi rilevanza economica ad un servizio che si sostanzia in attivita' suscettibili, in astratto o in potenza, di essere gestite in forma remunerativa, e percio' di produrre redditivita', e per le quali esiste certamente un mercato concorrenziale (v., in particolare, C.d.S., sez. V, 30 agosto 2006, n. 5072; T.a.r. della Sardegna, 2 agosto 2005, n. 1729); il che non pare contestabile nel caso del servizio idrico integrato.

Pertanto la censurata affermazione contenuta nella legge regionale viola anche l'art. 117, primo comma, Cost., poiche' si pone in contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, come interpretato dalla Corte di giustizia.

Inoltre la predetta disposizione e' anche smentita dal contesto della stessa norma regionale, che, nel prevedere l'affidamento del servizio ad aziende con azionariato con partecipazione pubblica a maggioranza assoluta, postula, evidentemente, l'esercizio dell'attivita' in questione nella forma della societa' commerciale e, comunque, anche la presenza di capitali ed investitori privati, la cui partecipazione implica necessariamente che, in concreto, l'attivita' in questione sia svolta in forma remunerativa.

Percio', oltre che illegittima sotto i rilevati profili, la previsione in esame e' comunque inidonea a sottrarre la disciplina del servizio idrico integrato alla competenza esclusiva del legislatore statale.

Tanto premesso, deve essere rilevata anche l'illegittimita' di altre disposizioni del citato art. 1, comma 1.

La norma, infatti, contrasta con la normativa statale in tema di affidamento del servizio idrico, di cui all'art. 23-bis del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, come da ultimo modificato dal d.l.

n. 135/2009, nella misura in cui disciplina in modo del tutto difforme le forme giuridiche dei soggetti cui affidare il servizio ed il termine di decadenza degli affidamenti in essere.

In particolare il secondo periodo del comma 1 dell'art. 1, della legge regionale, prevede che 'in merito alle politiche relative alle societa' di distribuzione dell'acqua potabile, le aziende operative nella regione Campania devono avere la maggioranza assoluta dell'azionariato a partecipazione pubblica'. Tale norma pone alle aziende che intendano 'operare' nella regione un vincolo di assetto proprietario definito, incidendo, in tal modo, sulle procedure di affidamento, poiche' vieta alle societa' prive della maggioranza assoluta dell'azionariato pubblico di ottenere l'affidamento del servizio.

La disciplina statale, invece, all'art. 23-bis, comma 2, del d.l.

n. 112/2008, prevede, sul punto, che 'Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria [...] b) a societa' a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualita' di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento'.

Postulando, cosi', anche la possibilita' che la partecipazione privata si attesti su percentuali superiori, in coerenza con obiettivi di mercato pro concorrenziali, nonche' con obiettivi di efficienza finalizzati anche alla salvaguardia dell'ambiente, che i vincoli posti dalla norma regionale pregiudicano non poco.

Allo stesso modo, anche il terzo periodo del comma 1 dell'art. 1 della legge regionale si pone in contrasto con la disciplina statale poiche' dispone che 'tutte le forme attualmente in essere di gestione del servizio idrico con societa' miste o interamente private decadono a far data dalle scadenze dei contratti di servizio in essere'. Detta norma contrasta con il comma 8 dell'art. 23-bis che prevede una piu' complessa, articolata e restrittiva disciplina del regime transitorio, disciplinando dalle lettere a) ad e), la materia in modo difforme e piu' complesso, dettando per ogni tipo di gestione una specifica...

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