N. 53 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 marzo 2010

Nell'interesse della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliata;

Nei confronti della Regione Umbria, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dei seguenti articoli della legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3, recante 'Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarita' contributiva per i lavori pubblici', pubblicata sul B.U.R. n. 5 del 27 gennaio 2010:

art. 1 (Oggetto e finalita'), comma 1;

art. 2 (Ambito di applicazione);

art. 13 (Aggiornamento dell'elenco regionale dei prezzi e dei costi per la sicurezza), comma 3;

art. 15 (Responsabile del procedimento);

art. 16 (Incentivo per la progettazione e per le attivita' tecnico-amministrative connesse);

art. 19 (Qualita' dei progetti e dei soggetti partecipanti alle gare), comma 1;

art. 20 (Servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria di importo inferiore a centomila euro), comma 3;

art. 22 (Attivita' di manutenzione), commi 3 e 4;

art. 28 (Commissione giudicatrice nel caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa);

in virtu' della deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 12 marzo 2010.

Premessa 1. - La Regione Umbria ha emanato la legge regionale indicata in epigrafe, con la quale ha inteso regolare in maniera organica la materia della esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul territorio regionale, nonche' la regolarita' contributiva per i lavori pubblici, con le finalita' specificate al comma 2 dell'art. 1.

Alcune delle norme della Legge Regionale in questione non risultano in linea con i principi costituzionali che presiedono al riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni; per tale motivo il Consiglio dei Ministri ha ritenuto di doverle impugnare, ed a tanto in effetti si provvede mediante il presente ricorso.

  1. - E' noto che la questione del riparto di competenza legislativa fra Stato e regioni nel settore degli appalti pubblici ha avuto un notevole contributo interpretativo ad opera di svariati pronunciamenti di codesta Corte costituzionale, segnatamente ad opera delle sentenze nn. 303 e 304/2003, n. 345/2004, e n. 322/2008, nonche' una precisa regolamentazione ad opera del c.d. 'Codice degli appalti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture' (d.lgs. n.

    163/2006). In particolare, in relazione alla tematica sopra richiamata, il suddetto Codice ha espressamente previsto che 'le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potesta' normativa nelle materie oggetto del presente codice nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e delle disposizioni relative a materie di competenza esclusiva dello Stato', mentre 'relativamente alle materie oggetto di competenza concorrente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potesta' normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del presente codice, in particolare, in tema di programmazione di lavori pubblici, approvazione dei progetti ai fini urbanistici ed espropriativi, organizzazione amministrativa, compiti e requisiti del responsabile del procedimento, sicurezza del lavoro' (art. 4, commi 1 e 2).

    Dipoi, il comma 3 del medesimo art. 4 ha ulteriormente precisato l'operativita' dell'art. 177, secondo comma, Cost. in relazione al settore degli appalti pubblici, disponendo quanto segue: 'Le regioni, nel rispetto dell'art. 117, comma secondo, della Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei concorrenti;

    alle procedure di affidamento, esclusi i profili di organizzazione amministrativa; ai criteri di aggiudicazione; al subappalto; ai poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati all'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; alle attivita' di progettazione e ai piani di sicurezza;

    alla stipulazione e all'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilita' e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilita' amministrative; al contenzioso. Resta ferma la competenza esclusiva dello Stato a disciplinare i contratti relativi alla tutela dei beni culturali, i contratti nel settore della difesa, i contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza relativi a lavori, servizi, forniture'.

  2. - Sulla base dei principi desumibili dalle pronunce costituzionali e dalle norme ora richiamate, e' pertanto possibile affermare che la materia degli appalti pubblici - ancorche' non espressamente menzionata dall'art. 117 Cost. - non appartiene per residualita' alla competenza legislativa delle regioni. In effetti, come ritenuto da codesta Corte, si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell'oggetto al quale afferiscono, e, pertanto, possono essere ascritti di volta in volta a potesta' legislative dello Stato, ovvero a potesta' legislative concorrenti.

    Se dunque si procede a scomporre la disciplina degli appalti pubblici in tutti i suoi momenti (dell'organizzazione, della programmazione, del finanziamento, della scelta del contraente, della sua qualificazione, dell'esecuzione del contratto, delle controversie), si ha che ciascuno di essi puo' essere ricondotto all'ambito di legislazione cui appartiene la relativa materia, e, di conseguenza, puo' essere individuato il soggetto titolare della connessa potesta' legislativa.

  3. - A grandi linee, si puo' affermare dunque che tutto cio' che attiene alla fase dell'affidamento dell'appalto (contenuto dei bandi di gara, criteri di aggiudicazione, commissioni aggiudicatrici, disciplina della gara, qualificazione dei concorrenti) rientra nel generale concetto di regolamentazione della concorrenza e di regolazione del mercato; ed in questa prospettiva e' la genesi di tutta la normativa comunitaria in materia, nonche' la ragione della predominanza di questa sulla normativa interna: regolamentazione che, in quanto tale, appartiene allo Stato in via esclusiva. In tal senso si e' espressamente indirizzato l'orientamento di codesta Corte Costituzionale, affermando che l'acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni secondo le procedure ad evidenza pubblica costituisce la concreta attuazione della pienezza dei rapporti concorrenziali: 'Le procedure ad evidenza pubblica, anche alla luce delle direttive della Comunita' Europea (cfr. da ultimo la direttiva 2004/18l/CE del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e servzi), hanno assunto un rilievo fondamentale per la tutela della concorrenza tra i vari operatori economici interessati alle commesse pubbliche. Viene in rilievo, a questo proposito, la disposizione di cui all'art. 117, secondo comma, Cost., secondo cui spetta allo Stato legiferare in via esclusiva in tema di tutela della concorrenza' (sentenza n. 345/2004).

    La ragione di quanto sopra risiede nella insopprimibile esigenza che il mercato degli appalti pubblici (da considerarsi in maniera unitaria sul territorio nazionale, ove non addirittura europeo) e le sue regole non soffrano della frantumazione conseguente alla pluralita' di possibili discipline, articolate secondo le differenziazioni del territorio regionale e ciascuna rispondente a finalita' politiche diverse, ed abbiano viceversa una disciplina omogenea ed unitaria su tutto il territorio nazionale.

    Per altro verso, occorre tener presente che la normativa di settore non risponde soltanto all'esigenza di assicurare la massima concorrenzialita' fra le imprese (in attuazione di principi sovranazionali soprattutto di matrice comunitaria), ma anche all'esigenza, altrettanto rilevante, della Pubblica Amministrazione di individuare un contraente che sia affidabile sia sotto il profilo tecnico che finanziario. Si puo' quindi affermare che, nella misura in cui la normativa di settore risponde anche all'esigenza della stazione appaltante di poter aggiudicare l'appalto ad un soggetto che sia in possesso di adeguati requisiti (indice della sua capacita' finanziaria e tecnica), incide direttamente anche sulla liberta' di iniziativa economica (che costituisce, in qualche misura, l'altra faccia della medaglia rispetto al concetto di concorrenza) tutelata ex articolo 41 Cost.: e' evidente, infatti, che la normativa in materia di contratti pubblici preordinata alla individuazione dei requisiti occorrenti per l'aggiudicazione di un determinato appalto integra e completa la menzionata norma costituzionale, e finisce per conformare il diritto di iniziativa economica o, per meglio dire, l'attivita' d'impresa nello specifico settore qui considerato.

    In conclusione, nella specifica materia che in questa sede viene in considerazione, lo Stato dispone di una potesta' legislativa esclusiva, che trova il suo fondamento non soltanto nell'articolo 117, secondo comma, lett. e) (tutela della concorrenza), ma anche nell'articolo 117, secondo comma, lett. I), nella parte in cui stabilisce una riserva di legge in suo favore per tutto quanto attiene all'ordinamento civile.

    Le Regioni (e le Province Autonome di Trento e Bolzano), quindi, non possono emanare autonome norme di legge destinate a disciplinare le procedure di affidamento di contratti pubblici, in contrasto con la disciplina statale.

  4. - Il discorso ovviamente si pone negli stessi termini con riguardo ad altri aspetti della materia dei lavori pubblici (e dei contratti pubblici in genere), quali la progettazione, la sottoscrizione dei contratti, l'individuazione del loro oggetto, la loro esecuzione, il subappalto, la disciplina delle controversie.

    E' infatti evidente che tutta la...

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