Sentenza nº 0000 da Corte Costituzionale, 17 Ottobre 2024 (caso Sentenza nº 163 della Corte Costituzionale)
Date | 17 Ottobre 2024 |
Year | 2024 |
Court | Corte Costituzionale |
Type of Document | Sentenza |
Issuer | Corte Costituzionale |
Sentenza n. 163 del 2024 SENTENZA N. 163 ANNO 2024REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA Giudici: Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promosso dal Tribunale ordinario di Firenze, prima sezione penale, in funzione di giudice dell’esecuzione, nel procedimento penale a carico di M. R. con ordinanza del 10 novembre 2023, iscritta al n. 156 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2023, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 2 luglio 2024. Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2024 il Giudice relatore Francesco Viganò; deliberato nella camera di consiglio del 23 settembre 2024. Ritenuto in fatto 1.– Con ordinanza del 10 novembre 2023, il Tribunale ordinario di Firenze, prima sezione penale, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), «interpretat[o] nel senso che competente a disporre la revoca della sanzione sostitutiva dell’espulsione sia il giudice dell’esecuzione, anziché il giudice che accerti il reato» di reingresso illegittimo nel territorio dello Stato di cui all’art. 13, comma 13-bis, del medesimo decreto legislativo, pur quando questo reato non sia ancora stato accertato con sentenza definitiva, per violazione degli artt. 3, 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione. 1.1.– Il rimettente espone di dover provvedere, quale giudice dell’esecuzione, su un’istanza del 25 novembre 2021, presentata dal pubblico ministero, di revoca della sanzione sostitutiva dell’espulsione disposta nei confronti di M. R. Quest’ultimo era stato condannato con sentenza del 25 luglio 2019, divenuta irrevocabile il 9 dicembre 2019, alla pena di due anni di reclusione e ad una multa per i delitti di furto aggravato e furto in abitazione aggravato. La pena detentiva era stata contestualmente sostituita, ai sensi dell’art. 16, comma 1, t.u. immigrazione, con l’espulsione del condannato dal territorio dello Stato, eseguita il 1° agosto 2019 mediante accompagnamento alla frontiera. Il 24 novembre 2021, a distanza di poco più di due anni dall’espulsione, M. R. veniva tuttavia sorpreso dalle forze dell’ordine nella Provincia di Trieste con un documento recante diverse generalità. Identificato tramite le impronte dattiloscopiche, egli veniva quindi denunciato per il delitto di illecito reingresso nel territorio dello Stato. Il 25 novembre 2021 il pubblico ministero presso il Tribunale di Firenze aveva quindi chiesto al medesimo tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, di revocare la sanzione sostitutiva dell’espulsione disposta con la sentenza di condanna del 25 luglio 2019. Con provvedimento pronunciato in pari data, il Tribunale di Firenze aveva tuttavia trasmesso gli atti al Tribunale ordinario di Trieste, nel cui circondario era stato rintracciato M. R., sulla base del principio, già affermato dalla Corte di cassazione, secondo il quale la competenza spetta in questi casi al giudice del merito dinanzi al quale si deve accertare il reato previsto dall’art. 13, comma 13-bis, t.u. immigrazione (è citata Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 21 dicembre 2004-21 febbraio 2005, n. 6451). L’8 giugno 2022 il Tribunale di Trieste, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva sollevato conflitto negativo di competenza, ritenendo che competente a provvedere sull’istanza di revoca della sanzione sostitutiva fosse, invece, proprio il Tribunale di Firenze. Con sentenza del 2 dicembre 2022-18 maggio 2023, n. 21351, la prima sezione penale della Corte di cassazione ha dichiarato la competenza del Tribunale di Firenze quale giudice dell’esecuzione, ritenendo che la revoca della sanzione sostitutiva sia questione attinente al titolo e alla sua esecuzione e osservando come in questi termini si fosse già espressa «la preferibile giurisprudenza» (e, in particolare, Corte di cassazione, sezione prima, sentenza 1° luglio-23 agosto 2004, n. 34703). Riassunto il giudizio, il rimettente dubita tuttavia della legittimità costituzionale della disposizione censurata nell’interpretazione adottata dalla stessa Corte di cassazione in sede di risoluzione del conflitto di competenza. 1.2.– In ordine alla rilevanza delle questioni prospettate, il giudice a quo sottolinea anzitutto il proprio dovere di conformarsi alla statuizione della Corte di cassazione nella sentenza che ha deciso il conflitto negativo di competenza, evidenziando come, ai sensi dell’art. 25 del codice di procedura penale, la competenza in tal modo attribuita di regola non possa essere nuovamente messa in discussione. Tuttavia, il rimettente rammenta che la costante giurisprudenza di questa Corte ritiene che il giudice del rinvio è abilitato a sollevare questioni di legittimità costituzionale concernenti l’interpretazione della norma, quale risultante dal principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione nella pronuncia di annullamento con rinvio (è citata la sentenza n. 293 del 2013). A conclusioni analoghe dovrebbe pervenirsi anche nel caso di decisione del conflitto di competenza, poiché «[a]nche in questa ipotesi la norma della cui legittimità si dubita deve ricevere ancora applicazione nell’ambito del giudizio di rinvio (la valutazione circa la propria competenza è preliminare rispetto al vaglio del merito)», e poiché «anche in questa ipotesi il giudice individuato come competente dalla Corte di Cassazione ha nella questione di legittimità costituzionale l’unica possibilità di contestare la regola di diritto (in questo caso in tema di competenza), cui diversamente dovrebbe conformarsi». Per analoghi motivi, non sarebbe dirimente la circostanza se la regola di diritto affermata dalla Corte di cassazione nel decidere il conflitto di competenza assurga o meno al rango di diritto vivente. Ad ogni modo, la giurisprudenza ormai consolidata individuerebbe nel giudice dell’esecuzione l’autorità competente a disporre la revoca della sostituzione della pena detentiva con l’espulsione (sono citate Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenze n. 21351 del 2023; 11 marzo-7 aprile 2021, n. 13051; 29 marzo-17 maggio 2006, n. 16976; 22-30 settembre 2004, n. 38653; n. 34703 del 2004), mentre un solo precedente, ormai risalente, affermerebbe la competenza del «Giudice del merito dinanzi al quale si dibatte la sussistenza o meno del reato» di illecito reingresso, senza peraltro escludere una possibile concorrente competenza del giudice dell’esecuzione (Cass., n. 6451 del 2005). Sempre in punto di rilevanza, non assumerebbe alcun rilievo il fatto che la sentenza che ha disposto la sostituzione della pena detentiva nel caso di specie non ha indicato la durata del divieto di rientro nel territorio nazionale. Sebbene la recente giurisprudenza di legittimità consideri annullabile la sentenza che non abbia espressamente provveduto in tal senso (sono citate Corte di cassazione, sezione seconda penale, 31 gennaio-28 aprile 2023, n. 17946; sezione prima penale, 25 gennaio-1° febbraio 2012, n. 4317), nel caso concreto la sentenza – non impugnata a suo tempo – sarebbe ormai irrevocabile, sicché la durata del divieto non potrebbe che essere individuata nella durata minima di cinque anni, mentre l’illecito reingresso di cui è causa sarebbe avvenuto poco più di due anni...
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