Sentenza nº 0000 da Corte Costituzionale, 29 Luglio 2024 (caso Sentenza nº 153 della Corte Costituzionale)
Date | 29 Luglio 2024 |
Year | 2024 |
Court | Corte Costituzionale |
Type of Document | Sentenza |
Issuer | Corte Costituzionale |
Sentenza n. 153 del 2024 SENTENZA N. 153
ANNO 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da:
Presidente: Augusto Antonio BARBERA;
Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 47 della legge della Regione Liguria 28 dicembre 2023, n. 20, recante «Disposizioni collegate alla legge di stabilità della Regione Liguria per l’anno finanziario 2024 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2024-2026)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 27 febbraio 2024, depositato in cancelleria il 4 marzo 2024, iscritto al n. 10 del registro ricorsi 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2024.
Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;
udita nell’udienza pubblica del 3 luglio 2024 la Giudice relatrice Antonella Sciarrone Alibrandi;
uditi l’avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione Liguria;
deliberato nella camera di consiglio del 3 luglio 2024.
Ritenuto in fatto
â Con ricorso depositato il 4 marzo 2024 (reg. ric. n. 10 del 2024), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 47 della legge della Regione Liguria 28 dicembre 2023, n. 20, recante «Disposizioni collegate alla legge di stabilità della Regione Liguria per l’anno finanziario 2024 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2024-2026)», in riferimento agli artt. 3, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione.
1.1.â Il ricorrente censura, in primo luogo, il comma 1 del citato art. 47, il quale prevede che, in via transitoria e fino al 2025, i dirigenti sanitari dipendenti dal Servizio sanitario regionale (SSR), che abbiano optato per l’esercizio dell’attività libero-professionale intramuraria (ALPI), possono operare nelle strutture sanitarie private accreditate, anche parzialmente, con il medesimo SSR.
La disposizione regionale sarebbe in contrasto con i principi fondamentali statali in materia di tutela della salute, desumibili, in specie, dall’art. 1, comma 4, della legge 3 agosto 2007, n. 120 (Disposizioni in materia di attività libero-professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria), secondo cui l’ALPI deve essere esercitata in strutture ambulatoriali interne o esterne all’azienda sanitaria, pubbliche o private non accreditate, con le quali l’azienda stipula apposita convenzione.
Il ricorrente premette che, per costante giurisprudenza costituzionale, le disposizioni attinenti allo svolgimento dell’attività libero-professionale intramuraria, sebbene si prestino a incidere contestualmente su una pluralità di materie, devono comunque ascriversi, con prevalenza, alla materia della tutela della salute. La stretta attinenza con l’organizzazione del Servizio sanitario regionale e con le prestazioni sanitarie â a loro volta condizionate, sotto molteplici aspetti, dalla capacità, dalla professionalità e dall’impegno di tutti i sanitari addetti ai servizi e, in specie, di coloro che rivestono una posizione apicale â sarebbe elemento rilevante ai fini della riconduzione della disciplina dell’ALPI alla materia della tutela della salute. Tale disciplina, volta ad assicurare che l’opzione compiuta dal sanitario in favore del rapporto di lavoro esclusivo con il SSR non resti priva di conseguenze, costituirebbe espressione di un principio fondamentale, con lo specifico scopo di assicurare una tendenziale uniformità tra le diverse legislazioni e i sistemi sanitari delle regioni e delle province autonome in ordine a un profilo qualificante del rapporto tra sanità e utenti (sono citate le sentenze di questa Corte n. 371 e n. 86 del 2008 e n. 50 del 2007). Anche la disciplina del profilo soggettivo dell’attività intramuraria rivestirebbe la natura di principio fondamentale della materia, essendo volta a definire uno degli aspetti più qualificanti dell’organizzazione sanitaria e cioè quello dell’individuazione dei soggetti legittimati a svolgere la libera professione all’interno della struttura sanitaria, aspetto che richiede una disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale (è citata la sentenza n. 54 del 2015 di questa Corte).
Il ricorrente premette ancora che, a livello statale, l’attività libero-professionale intramuraria dei medici e dei dirigenti sanitari è oggetto di una disciplina puntuale, dettata «[al] fine di garantire il corretto equilibrio tra attività istituzionale e attività libero-professionale intramuraria» (art. 22-bis, comma 4, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale», convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248).
La stessa esigenza ispirerebbe anche la disciplina concernente l’attività «intramoenia allargata» (e cioè l’ALPI svolta in spazi sostitutivi esterni all’azienda). L’Avvocatura generale dello Stato osserva che tutte le disposizioni che l’hanno consentita hanno sottolineato l’eccezionalità e la transitorietà dell’utilizzo di spazi sostitutivi al di fuori dell’azienda sanitaria, fra cui gli studi professionali (art. 3, comma 1, del decreto legislativo 28 luglio 2000, n. 254, recante «Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, per il potenziamento delle strutture per l’attività libero-professionale dei dirigenti sanitari», come successivamente modificato). In specie, il ricorrente ricorda che l’art. 22-bis, comma 3, del citato d.l. n. 223 del 2006, come convertito, ha ribadito l’autorizzazione all’utilizzo, in via straordinaria e previa autorizzazione aziendale, degli studi professionali per l’esercizio dell’ALPI, utilizzo ammesso dal legislatore, in via straordinaria, entro limiti temporali più volte prorogati.
Nella medesima prospettiva, il decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, n. 189, nel sostituire il primo e il secondo periodo del comma 4 dell’art. 1 della legge n. 120 del 2007, aveva peraltro previsto (all’art. 2, comma 1, lettera b) – ricorda ancora il ricorrente – che la ricognizione straordinaria degli spazi da dedicare all’ALPI fosse completata entro il 31 dicembre 2012 e che gli spazi ambulatoriali fossero acquisiti anche tramite l’acquisto o la locazione presso strutture sanitarie autorizzate, pur sempre però non accreditate, nonché tramite la stipula di convenzioni con altri soggetti pubblici.
Il divieto di svolgere attività libero-professionale intramuraria presso strutture private accreditate, di cui all’art. 1, comma 4, della legge n. 120 del 2007, costituirebbe, d’altro canto – come sottolineato dal ricorrente nella memoria depositata nell’imminenza dell’udienza pubblica – un corollario del principio di unicità del rapporto di lavoro dei medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale, sancito dall’art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica) e volto a evitare la nascita di un conflitto di interessi tra il Servizio sanitario nazionale e le strutture sanitarie accreditate, e a garantire la massima efficienza e funzionalità operativa al servizio sanitario pubblico.
Pertanto, l’art. 47, comma 1, della legge reg. Liguria n. 20 del 2023 determinerebbe un illegittimo ampliamento dell’ambito di operatività dell’ALPI, consentendone lo svolgimento anche in strutture sanitarie private accreditate, sia pure parzialmente, con il SSR.
1.2.â Anche il comma 2 del medesimo art. 47 della citata legge regionale si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale in materia di tutela della salute.
Tale disposizione, infatti, stabilendo, in via transitoria e per ridurre le liste di attesa, che le aziende sanitarie, gli enti e gli istituti del SSR sono autorizzati, fino al 2025, ad acquisire dai propri dipendenti della dirigenza sanitaria in rapporto di lavoro esclusivo, in forma individuale o di équipe, prestazioni sanitarie in regime di libera professione intramuraria ai sensi della legge n. 120 del 2007 «anche con le modalità di cui al comma 1», sarebbe in contrasto con l’art. 15-quinquies, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e con le disposizioni della legge n. 120 del 2007, che non prevederebbero la possibilità, per le aziende del SSN, di acquistare prestazioni rese in regime di ALPI dai propri dirigenti sanitari.
Non solo sarebbe violato il principio, fissato dal legislatore statale, secondo cui la libera professione intramuraria deve essere caratterizzata dalla scelta diretta, da parte dell’utente, del singolo professionista cui è richiesta la prestazione, con oneri a carico dello stesso assistito, ma la previsione della possibilità per le aziende sanitarie pubbliche di acquistare prestazioni sanitarie dai propri dirigenti sanitari, in regime di libera professione intramuraria, anche presso strutture sanitarie private accreditate, reitererebbe la violazione del principio fondamentale discendente dalla normativa statale interposta (art. 1, comma 4, della legge n. 120 del 2007), secondo cui l’ALPI può essere esercitata solo in...
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