Sentenza nº 0000 da Corte Costituzionale, 25 Luglio 2024 (caso Sentenza nº 149 della Corte Costituzionale)
Date | 25 Luglio 2024 |
Year | 2024 |
Court | Corte Costituzionale |
Type of Document | Sentenza |
Issuer | Corte Costituzionale |
Sentenza n. 149 del 2024 SENTENZA N. 149
ANNO 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente:
Augusto Antonio BARBERA;
Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, quinto comma, del codice penale, introdotto dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, recante «Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67», promosso dal Tribunale ordinario di Firenze, sezione prima penale, in composizione monocratica, nel procedimento penale a carico di A. D.M. con ordinanza del 26 maggio 2023, iscritta al n. 114 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2023, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 2 luglio 2024.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 luglio 2024 il Giudice relatore Stefano Petitti;
deliberato nella camera di consiglio del 4 luglio 2024.
Ritenuto in fatto
– Con ordinanza depositata il 26 maggio 2023 e iscritta al n. 114 del registro ordinanze 2023, il Tribunale ordinario di Firenze, sezione prima penale, in composizione monocratica, ha sollevato due questioni di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, quinto comma, del codice penale, introdotto dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, recante «Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67».
La prima, proposta in via principale e con riferimento all’art. 76 Cost., ha a oggetto il primo periodo della citata disposizione, nella parte in cui stabilisce che, ai fini della determinazione della pena detentiva in vista dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dal primo comma del medesimo articolo, non si tiene conto delle circostanze «ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale».
La seconda, proposta espressamente in via subordinata e con riferimento all’art. 3 Cost., ha a oggetto il solo secondo periodo della citata disposizione, il quale stabilisce che «[i]n quest’ultimo caso ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69».
1.1.– Il rimettente premette di doversi pronunciare sull’imputazione a carico di A. D.M. per il reato di cui all’art. 615-ter cod. pen., perché questi, in qualità di funzionario in servizio presso l’Agenzia delle entrate, avrebbe acceduto abusivamente alla banca dati dell’anagrafe tributaria per effettuare alcune consultazioni relative alla posizione di R. O., non dettate da esigenze di servizio.
Accertata la responsabilità dell’imputato e verificata la sussistenza delle aggravanti di cui all’art. 615-ter, commi secondo, numero 1), e terzo, cod. pen., l’ordinanza riferisce che al medesimo potrebbero essere riconosciute le attenuanti generiche, in ragione sia della minima gravità del fatto (accesso limitato per pochi minuti e dettato dal solo movente della curiosità), sia delle sue condizioni soggettive (l’imputato risulta incensurato e attesta, fino a quel momento, un meritevole stato di servizio). Tali circostanze attenuanti, ad avviso del rimettente, andrebbero ritenute prevalenti rispetto alle ritenute circostanze aggravanti.
– In ragione della speciale tenuità dell’offesa e dell’intensità minima del dolo, sussisterebbero inoltre i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis cod. pen.
Essa non troverebbe ostacolo nei limiti di pena del reato in contestazione, poiché la cornice edittale prevista dall’art. 615-ter cod. pen. per la figura base (pena della reclusione sino a tre anni) sarebbe compatibile con l’applicazione dell’esimente in parola tanto alla luce del testo originario dell’art. 131-bis cod. pen., che prevedeva quale condizione una pena non superiore nel massimo a cinque anni, quanto del testo modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari), che stabilisce oggi l’applicabilità dell’esimente ai soli reati per i quali sia prevista una pena pecuniaria o una pena detentiva non superiore nel minimo a due anni.
A impedire, tuttavia, l’applicazione della esimente sarebbe il disposto dell’originario quarto comma (oggi: quinto comma) dell’art. 131-bis cod. pen., secondo il quale «[a]i fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest’ultimo caso ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69».
Alla luce di tale previsione, la sussistenza, nel caso di specie, delle contestate aggravanti a effetto speciale di cui all’art. 615-ter, commi secondo, numero 1), e terzo, cod. pen. e l’impossibilità di bilanciare queste ultime con le attenuanti generiche, pur ritenute prevalenti, non consentirebbero all’imputato di beneficiare dell’esimente della particolare tenuità del fatto, atteso che la cornice edittale di riferimento della fattispecie pluriaggravata (pena della reclusione da tre a otto anni) travalicherebbe le condizioni di applicabilità dell’istituto, sia in relazione alla disciplina originaria, sia a quella sopravvenuta.
Ove, pertanto, venisse meno il criterio di determinazione della pena di cui alla disposizione censurata, tanto con riguardo al computo delle circostanze aggravanti (anche ad effetto speciale) rispetto al reato base, quanto in relazione all’impossibilità di procedere al bilanciamento di cui all’art. 69 cod. pen., la richiamata causa di non punibilità sarebbe applicabile.
Da qui, ad avviso del rimettente, la rilevanza di entrambe le questioni.
– Quanto alla non manifesta infondatezza della prima questione, il giudice a quo sostiene che l’art. 131-bis, quinto comma, primo periodo, cod. pen. sarebbe costituzionalmente illegittimo in riferimento all’art. 76 Cost., in quanto la sua introduzione con l’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2015 sarebbe avvenuta in contrasto col criterio direttivo di delega contenuto nell’art. 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili).
Ai sensi di tale previsione, infatti, il Governo era delegato a «escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del...
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