Legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine45-69

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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. II, 9 novembre 2009, n. 23686. Pres. Triola – Est. Trombetta – P.M. Golia (conf.) – Ric. X (Avv.ti Gamberini e Orfei Di Nardo) c. Cond. Y

Contributi e spese condominiali - Ripartizione - Trasferimento dell’immobile - Alienante - Perdita della qualità di condòmino - Obbligo di contribuzione alle spese - Emissione di decreto ingiuntivo - Delibera assembleare presupposta di approvazione della relativa spesa - Adottata in data successiva all’atto di compravendita - Illegittimità

In tema di condominio, una volta perfezionatosi il trasferimento della proprietà dell’immobile, l’alienante perde la qualità di condomino e poiché l’obbligo di pagamento degli oneri condominiali è collegato al rapporto di natura reale che lega l’obbligato alla proprietà dell’immobile, alla perdita di quella qualità consegue che non possa essere chiesto né emesso nei suoi confronti il decreto ingiuntivo riferito al preventivo di spesa per l’anno successivo approvato dopo tale vendita. (Nella specie, la delibera assembleare di approvazione dei preventivi, da cui era conseguito il decreto ingiuntivo opposto, era stata approvata in data successiva alla stipula dell’atto di vendita, ma antecedentemente alla sua trascrizione nella Conservatoria RR.II). (C.c., art. 1104) (1)

    (1) Principio recentemente espresso da Cass. 9 settembre 2008, n. 23345, in Giust. civ. Mass. 2008, 9, 134.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato l’8 aprile 2003 X propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. xx/03 emesso dal G.d.P. di Viareggio, con il quale gli era stato intimato il pagamento di Euro 254,09 oltre le spese, quale rata di oneri condominiali scaduta il 1 giugno 2002, relativa al Condominio Y sito in Viareggio.

Deduceva l’opponente la sua carenza di legittimazione passiva in quanto l’appartamento cui si riferiva la rata condominiale, era stato da lui venduto a terzi e di ciò era stato informato il Condominio e, comunque, egli aveva pagato tutte le somme da lui dovute fino al momento della vendita dell’immobile. Chiedeva, pertanto, la revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Costituitosi, il Condominio contestava la domanda attrice, eccependo di aver sollecitato ripetutamente il pagamento della rata; di non conoscere il nominativo del compratore e di aver, quindi legittimamente agito nei confronti dell’opponente.

Chiedeva, pertanto, il rigetto dell’opposizione.

Acquisita documentazione, il G.d.P. con sentenza 30 marzo 2004 respingeva l’opposizione e condannava X al pagamento delle spese giudiziali. Affermava il G.d.P.:

che X) ha venduto l’appartamento con atto 27 maggio 2002, trascritto al 29 maggio 2002, dopo l’emissione del decreto ingiuntivo, comunicando l’avvenuta vendita in data 27 maggio 2002, senza specificare né gli estremi del rogito notarile, né la sua trascrizione;

che legittimamente l’amministratore ha chiesto e ottenuto il d.i. nei suoi confronti, essendo obbligato al pagamento il proprietario dell’immobile al momento in cui viene deliberata la spesa; né essendo a carico dall’amministratore l’onere di controllare preventivamente i registri immobiliari onde accertare la titolarità della proprietà.

Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione X.

Nessuna attività difensiva ha svolto la controparte.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deduce X a motivo d’impugnazione:

1) la violazione dell’art. 390 c.p.c. per motivazione mancante, apparente e contraddittoria per avere il G.d.P. erroneamente ritenuto legittimamente emesso nei confronti del X il decreto ingiuntivo datato 18 febbraio 2003,

Nonostante:

  1. a tale data l’ingiunto non fosse condomino per avere venduto l’immobile in data 27 maggio 2002 con atto trascritto il 29 maggio 2002;

  2. la delibera assembleare di approvazione dei preventivi (di cui il d.i.) fosse del 28 maggio 2002;

  3. Il X, alla data del 27 maggio 2002, non aveva alcun debito verso il condominio;

  4. Il X non poteva considerarsi “condomino apparente”, come risultava dalle lettere 24 maggio 2002 e 25 maggio 2002, mancando la buona fede;

  5. non sussistesse alcun onere dell’ingiunto di chiamare in causa gli acquirenti per essere da loro manlevato.

Il ricorso é infondato

Come questa corte ha recentemente ribadito (v. sent. 23345/08) in tema di condominio, una volta, perfezionatosi il trasferimento della proprietà dell’immobile di proprietà esclusiva, l’alienante perde la qualità di condomino e poiché l’obbligo di pagamento degli oneri condominiali ex art. 1104 c. civ., è collegato al rapporto di natura reale che lega l’obbligato alla proprietà dell’immobile, alla perdita di quella qualità consegue che non possa essere chiesto né emesso nei suoi confronti il decreto ingiuntivo. NellaPage 46 specie, poiché il X ha venduto il 27 maggio 2002 l’immobile e le spese richieste sono state deliberate il 28 maggio 2002, quando il ricorrente non era più proprietario dell’immobile, il decreto ingiuntivo non poteva più essere né chiesto né emesso nei suoi confronti.

Né per le ragioni suddette, può in tema di condominio essere ammessa la figura del “condomino apparente”.

In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio ad altro G.d.P, di Viareggio che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. (Omissis)

@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 23 ottobre 2009, n. 22558. Pres. Adamo – Est. Zanichelli – P.M. Schiavon (conf.) – Ric. Ministero della Giustizia (Avv. Gen. Stato) c. XY (Avv. Guidi)

Procedimento civile in genere - Processo equo - Eccessiva durata del processo - Equa riparazione - Legittimazione attiva - Ente condominiale - Esclusione - Motivi

In mancanza di specifico mandato conferito da tutti i condòmini all’amministratore, il diritto all’equo indennizzo per la irragionevole durata di un processo non spetta all’ente condominiale che è preposto unicamente alla gestione della cosa comune, in quanto l’eventuale patema d’animo conseguente alla pendenza del processo incide unicamente sui condòmini che quindi sono gli unici titolari uti singuli del diritto al risarcimento. (C.c., art. 1130; c.c., art. 1131; L. 24 marzo 2001, n. 89) (1)

    (1) Nel senso che, per quanto concerne i diritti che i condòmini vantano uti singuli è necessario lo specifico mandato da parte di tutti, cfr. ex multis Cass. 26 aprile 2005, n. 8570, in questa Rivista 2006, 76.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Amministrazione ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha accolto il ricorso, con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al tribunale di Roma.

Resiste l’intimato con controricorso illustrato con memoria.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in quanto sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Esaminando preliminarmente l’eccezione di nullità del ricorso per indeterminatezza dell’indicazione del provvedimento impugnato proposto dal condominio controricorrente se ne deve rilevare l’infondatezza in quanto, contrariamente all’assunto del medesimo, detto provvedimento è perfettamente e correttamente individuato con l’indicazione del giudice che lo ha emesso (Corte d’appello di Perugia), del numero di ruolo (74/06) e delle date di deliberazione e deposito (24 ottobre/26 gennaio 2006).

Il primo motivo del ricorso con cui si deduce la nullità dell’atto introduttivo per violazione degli artt. 163, 164 e 83 c.p.c., in relazione alla mancata indicazione della persona che agiva per il condominio e che ha rilasciato la procura è inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo stato riportato il tenore dell’atto con conseguente impossibilità della Corte di valutare la fondatezza della censura.

Manifestamente fondato è invece il secondo motivo con cui si deduce la violazione degli artt. 1130 e 1131 c.c., in relazione al difetto di potere rappresentativo in capo all’amministratore del condominio in ordine al diritto fatto valere in giudizio (equo indennizzo ai sensi della L. n. 89 del 2001).

Premesso invero che il condominio è privo di personalità giuridica in quanto unicamente ente di gestione delle cose comuni e che l’amministratore può agire in virtù della sola delibera assembleare anche non totalitaria a tutela della gestione delle stesse mentre per quanto concerne i diritti che i condomini vantano unicamente uti singuli è necessario lo specifico mandato da parte di tutti i condomini (giurisprudenza pacifica: ex multis Cass. civ., sez. II, 26 aprile 2005, n. 8570), nella fattispecie insussistente, e che il difetto di legittimazione può essere eccepito anche per la prima volta in sede di legittimità (Cass. civ., sez. II, 13 marzo 2007, n. 5862), non vi è dubbio che il diritto all’equo indennizzo per la irragionevole durata di un processo non spetti all’ente condominiale che è preposto unicamente alla gestione della cosa comune in quanto l’eventuale patema d’animo conseguente alla pendenza del processo incide unicamente sui condomini che quindi sono titolari uti singuli del diritto al risarcimento.

L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione senza rinvio dell’impugnato decreto in quanto il processo non poteva essere iniziato per essere inammissibile l’atto introduttivo.

Le spese del giudizio di merito possono essere compensate, atteso l’esito del medesimo, mentre quelle del giudizio di legittimità e seguono la soccombenza. (Omissis).

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. IV, 13 ottobre 2009, n. 39959 (ud. 23 settembre 2009). Pres. Mocali – Est. Romis – P.M. Iacoviello (diff.) – Ric. Gilardi

Amministratore condominiale - Conservazione delle parti comuni - Obbligo di garanzia - Inosser-vanza - Profili di responsabilità penale - Reato colposo per condotta omissiva - Presupposti - Accertamento del nesso di causalità - Criteri - Fattispecie in tema di incendio di canna fumaria difettosa

Posto che l’amministratore di...

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