Sentenza nº 284 da Constitutional Court (Italy), 06 Novembre 2009

RelatoreGaetano Silvestri
Data di Resoluzione06 Novembre 2009
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 284

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Paolo MADDALENA ”

- Alfio FINOCCHIARO ”

- Alfonso QUARANTA ”

- Franco GALLO ”

- Luigi MAZZELLA ”

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 77 e 77-ter del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e dell'art. 2, comma 42, della legge 22 dicembre 2008, n. 203 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2009), promossi dalla Regione Calabria con ricorsi notificati il 20 ottobre 2008 ed il 27 febbraio 2009, depositati in cancelleria il 29 ottobre 2008 ed il 6 marzo 2009, ed iscritti al n. 86 del registro ricorsi 2008 ed al n. 19 del registro ricorsi 2009.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 ottobre 2009 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;

uditi gli avvocati Massimo Luciani e Giuseppe Naimo per la Regione Calabria e l'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – La Regione Calabria ha promosso, con ricorso notificato il 20 ottobre 2008 e depositato il successivo 29 ottobre (reg. ric. n. 86 del 2008), questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e, tra queste, degli artt. 77 e 77-ter, in riferimento agli artt. 3, 11, 117 e 119 della Costituzione, al principio di leale collaborazione, al «generale canone di ragionevolezza delle leggi», agli artt. 32 e seguenti, 104, 158 e 159 del Trattato 25 marzo 1957 (Trattato che istituisce la Comunità europea), al Protocollo n. 20 del 1992 sulla procedura per i disavanzi eccessivi, alla risoluzione CE 17 giugno 1997 (Risoluzione del Consiglio europeo relativa al patto di stabilità), al regolamento CE 25 giugno 1996, n. 2223/96 (Regolamento del Consiglio relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità), al regolamento CE 21 giugno 1999, n. 1260/1999 (Regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sui Fondi strutturali), al regolamento CE 21 giugno 2005, n. 1290/2005 (Regolamento del Consiglio relativo al finanziamento della politica agricola comune), ed al regolamento CE 11 luglio 2006, n. 1083/2006 (regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento CE n. 1260/1999).

1.1. – La ricorrente premette che l'art. 77, comma 1, del d.l. impugnato impone al settore regionale il concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2009-2011, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, per 1.500, 2.300 e 4.060 milioni di euro, con riguardo, rispettivamente, agli anni 2009, 2010 e 2011.

La norma in esame violerebbe innanzitutto l'art. 3 Cost., in quanto, accomunando l'intero comparto regionale, discriminerebbe Regioni «molto svantaggiate», come la ricorrente, rispetto a Regioni molto più «progredite», senza prevedere alcun meccanismo di compensazione.

Sarebbero violati anche gli artt. 117 e 119 Cost., poiché con una «norma di estremo dettaglio» – nell'ambito materiale del coordinamento della finanza pubblica, di potestà legislativa concorrente – è fissato il vincolo complessivo per l'intero comparto regionale. Inoltre, la progressione prevista per i tre anni difetterebbe «di qualunque ragionevolezza» e riguarderebbe un arco temporale «irragionevolmente ampio».

Infine, il predetto vincolo sarebbe posto senza istituire alcuna «“stanza di compensazione” atta a concordare tra le varie Regioni le modalità di concorso di ciascuna di esse».

1.2. – L'art. 77-ter del d.l. n. 112 del 2008 fissa il patto di stabilità interno delle Regioni e delle Province autonome, al fine di assicurare la «tutela dell'unità economica della Repubblica» (comma 1). In particolare, il comma 3 stabilisce che «il complesso delle spese finali di ciascuna regione a statuto ordinario, determinato ai sensi del comma 4, non può essere superiore, per l'anno 2009, al corrispondente complesso di spese finali determinate sulla base dell'obiettivo programmatico per l'anno 2008 diminuito dello 0,6 per cento, e per gli anni 2010 e 2011, non può essere rispettivamente superiore al complesso delle corrispondenti spese finali dell'anno precedente, calcolato assumendo il pieno rispetto del patto di stabilità interno, aumentato dell'1,0 per cento per l'anno 2010 e diminuito dello 0,9 per cento per l'anno 2011».

Lo stesso comma 4 precisa che il complesso delle spese finali è determinato dalla somma delle spese correnti ed in conto capitale, al netto di quelle per la sanità, cui si applica la specifica disciplina di settore, e delle spese per la concessione di crediti.

Il successivo comma 19, infine, prevede la conferma «per il triennio 2009-2011, ovvero sino all'attuazione del federalismo fiscale se precedente all'anno 2011», della sospensione del potere delle Regioni di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad esse attribuiti con legge dello Stato, di cui all'art. 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 126.

Proprio il citato comma 19, secondo la ricorrente, violerebbe gli artt. 117 e 119 Cost., in combinato disposto con l'art. 3 Cost., in quanto, prevedendo una sospensione «del tutto immotivata» e protratta per un periodo di tre anni, «oggettivamente e irragionevolmente troppo lungo», inciderebbe in modo indiscriminato sul potere delle Regioni di reperire risorse per finanziare le funzioni loro attribuite.

Illegittima sarebbe pure la norma di cui al comma 4 – e di conseguenza quella del comma 3 – in quanto include nel complesso delle spese finali anche quelle relative ad interventi cofinanziati dall'Unione europea e quindi i trasferimenti in denaro derivanti da aiuti internazionali. In particolare, le norme di cui ai commi 3 e 4 violerebbero gli artt. 3 e 119, quinto comma, Cost., equiparando Regioni (come la ricorrente) integralmente ammesse agli aiuti di Stato con la percentuale nazionale più alta (40%) ad altre ammesse solo per una zona e con una percentuale minima (10%).

L'inclusione nelle spese finali di quelle relative ad interventi cofinanziati dall'Unione europea determinerebbe anche la manifesta illogicità della norma e la conseguente violazione degli artt. 3 e 119, quinto comma, Cost. e del «generale criterio di ragionevolezza delle leggi». In particolare, la difesa regionale evidenzia gli esiti paradossali cui condurrebbe l'applicazione dell'impugnato comma 4: infatti, se la Regione utilizzasse i fondi comunitari assegnatile e le relative quote di parte nazionale, in base ad appositi progetti approvati, rischierebbe di «restare fuori» dal Patto di stabilità nazionale, con le conseguenti sanzioni; se invece non impiegasse i fondi comunitari – peraltro destinati a colmare le disuguaglianze fra le Regioni – rischierebbe di incorrere nelle censure dell'Unione europea e dello stesso Stato italiano con il conseguente disimpegno dei fondi non spesi.

Ad avviso della ricorrente, gli artt. 117 e 119 Cost. sarebbero violati anche perché, con norma di estremo dettaglio in un ambito materiale di potestà legislativa concorrente (coordinamento della finanza pubblica), lo Stato avrebbe posto un vincolo all'autonomia di entrata e di spesa delle Regioni. Al riguardo, la ricorrente lamenta che i vincoli posti sarebbero: a) «eccessivi, irragionevolmente rigidi ed uniformi», in quanto non terrebbero conto della concreta situazione finanziaria degli enti e della loro capacità fiscale; b) irragionevolmente parametrati alla spesa dell'anno 2008; c) relativi anche a somme, come i fondi comunitari, non provenienti da trasferimenti statali.

La difesa regionale rinviene un'ulteriore violazione dell'art. 117 Cost. in riferimento al riparto di competenze legislative nell'attuazione degli obblighi comunitari. Dopo aver evidenziato che il patto di stabilità interno, previsto per la prima volta dall'art. 28 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), ha l'obiettivo di imporre agli enti territoriali il rispetto degli obblighi di bilancio assunti dall'Italia in sede comunitaria, la ricorrente sottolinea come l'attuazione degli impegni comunitari sia riservata alla Regione nelle materie di propria competenza. Di conseguenza, deve ritenersi illegittima una legge statale che imponga obiettivi e mezzi alla Regione «per raggiungere tale scopo in relazione a fondi, quali quelli comunitari, la cui “spesa” comporta solo benefici per le popolazioni di Regioni disagiate come la Calabria».

La difesa regionale deduce, inoltre, il contrasto con gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in ragione della violazione degli artt. 104, 158 e 159 del...

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