Sentenza nº 238 da Constitutional Court (Italy), 24 Luglio 2009

RelatoreFranco Gallo
Data di Resoluzione24 Luglio 2009
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 238

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Paolo MADDALENA “

- Alfonso QUARANTA “

- Franco GALLO “

- Luigi MAZZELLA “

- Gaetano SILVESTRI “

- Sabino CASSESE “

- Maria Rita SAULLE “

- Giuseppe TESAURO “

- Paolo Maria NAPOLITANO “

- Giuseppe FRIGO “

- Alessandro CRISCUOLO “

- Paolo GROSSI “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) – come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, promossi con ordinanze del 17 luglio 2008 dal Giudice di pace di Catania e del 7 novembre 2008 dalla Commissione tributaria provinciale di Prato, rispettivamente iscritte al n. 445 del registro ordinanze 2008 e al n. 21 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 e n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 giugno 2009 il Giudice relatore Franco Gallo.

Ritenuto in fatto

  1. – Nel corso di un giudizio di opposizione all’esecuzione proposto ai sensi dell’art. 615 del codice di procedura civile, il Giudice di pace di Catania, con ordinanza depositata il 17 luglio 2008 (r.o. n. 445 del 2008), ha sollevato, in riferimento agli artt. 25, primo comma, 102, secondo comma, e VI disposizione transitoria della Costituzione, questioni di legittimità dell’art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) – come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 – nella parte in cui stabilisce che «Appartengono alla giurisdizione tributaria […] le controversie relative alla debenza del canone […] per lo smaltimento di rifiuti urbani».

    1.1. – Il Giudice di pace rimettente premette, in punto di fatto, che: a) il contribuente si è opposto, ai sensi dell’art. 615 cod.proc.civ., al diritto del Comune di Catania di procedere, a séguito della notificazione di una cartella di pagamento, alla riscossione coattiva «della tassa di smaltimento rifiuti solidi urbani, oggi tariffa di igiene ambientale (TIA), per gli anni 1997, 1998, 1999 e 2000»; b) la convenuta s.p.a. SERIT Sicilia, agente della riscossione per la provincia di Catania, ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adíto, essendo la controversia devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992.

    1.2. – Il medesimo giudice rimettente premette altresí, in punto di diritto, che: a) «con l’emanazione del cosiddetto decreto Ronchi» (art. 49 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, recante «Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio») la tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU), disciplinata dall’art. 58 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è stata sostituita con un prelievo di natura non piú tributaria, ma privatistica, cioè con la tariffa di igiene ambientale (TIA), determinata in base al costo complessivo del servizio, «al fine di far pagare agli utenti il costo del reale servizio usufruito»; b) la natura non tributaria della TIA è desumibile sia dalla denominazione di «tariffa» sia dalla sua determinazione quantitativa in ragione della copertura del costo del servizio, a nulla rilevando – contrariamente a quanto affermato dalla Corte di cassazione con le sentenze n. 13902 del 2007 e n. 4895 del 2006 – né il fatto che la sua disciplina presenterebbe elementi di natura tributaria e non tributaria né il fatto che essa subentra alla TARSU, cioè ad una entrata avente indiscussa natura tributaria.

    1.3. – Su tali premesse, il giudice a quo afferma che la norma censurata – nell’attribuire alla giurisdizione tributaria le controversie, di natura non tributaria, in materia di TIA – «comporta lo snaturamento della giurisdizione tributaria e, quindi, la violazione» degli evocati parametri costituzionali, perché, come piú volte affermato dalla Corte costituzionale, «la giurisdizione del giudice tributario deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto» (sentenza n. 64 del 2008; ordinanze n. 395 del 2007; n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006).

    1.4. – Quanto alla rilevanza, il Giudice di pace osserva che la decisione sulla controversia «non potrà prescindere dall’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal convenuto, eccezione la cui fondatezza dipende dall’applicabilità, nel giudizio principale, della disposizione censurata».

  2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Giudice di pace di Catania ed ha chiesto dichiararsi manifestamente inammissibili, per difetto di motivazione, le questioni sollevate in riferimento al primo comma dell’art. 25 ed alla VI disposizione transitoria Cost., nonché manifestamente infondata quella sollevata in riferimento al secondo comma dell’art. 102 Cost. In particolare, in relazione a quest’ultima questione, la difesa erariale afferma che: a) l’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 ha soppresso, in attuazione di direttive comunitarie, la «tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani» ed ha istituito una «tariffa» per la copertura dei costi del servizio di smaltimento; b) l’art. 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nel quale – sempre per la difesa erariale – «è stata trasfusa la disciplina della tariffa», «non presenta […] caratteri di sostanziale diversità rispetto alla previgente “tassa per lo smaltimento dei rifiuti”, considerata la sostanziale identità del presupposto oggettivo e dei soggetti passivi, nonché la confermata obbligatorietà del prelievo»; c) l’obbligo del privato di pagare detta tariffa scaturisce, pertanto, da un fatto individuato direttamente dalla legge e non da un titolo contrattuale o da un fatto comunque fonte di un rapporto negoziale; d) inoltre, la tariffa prevede la copertura di costi (come ad esempio le spese di spazzamento delle strade) estranei alla logica della corrispondenza tra costi e benefici e riferibili, piuttosto, alla collettività; e) la tariffa, dunque, in considerazione della doverosità e del fondamento solidaristico della prestazione, va qualificata come “tassa”, cioè come una forma di finanziamento di un servizio pubblico attraverso l’imposizione dei relativi costi sull’area sociale che da tale servizio riceve, nel suo insieme, un beneficio.

  3. – Nel corso di due giudizi riuniti aventi ad oggetto l’impugnazione, da parte del medesimo contribuente, di avvisi di pagamento della tariffa di igiene ambientale (TIA) prevista dall’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 e relativa agli anni 2007 e 2008, la Commissione tributaria provinciale di Prato, con ordinanza depositata il 7 novembre 2008 (r.o. n. 21 del 2009), ha sollevato, in riferimento all’art. 102, secondo comma, Cost., questione di legittimità del citato art. 2, comma 2, secondo periodo, del d. lgs. n. 546 del 1992, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione delle commissioni tributarie le controversie in materia di TIA.

    3.1. – La Commissione tributaria rimettente premette, in punto di diritto, che: a) con le sentenze n. 130 e n. 64 del 2008 e con l’ordinanza n. 34 del 2006, la Corte costituzionale ha sottolineato che l’attribuzione della giurisdizione alle commissioni tributarie è imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto; b) la tariffa prevista dall’art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006 («già art. 49 d.Lgs. n. 22/1997») non ha natura tributaria, ma di «corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani» (comma 1) ed è costituita da due quote, una commisurata alle componenti essenziali del costo del servizio (investimenti, ammortamenti), l’altra «rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti» (comma 4), cosí da assicurare «la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio» (stesso comma 4); c) il mero dato formale costituito dal fatto che il comma 15 del menzionato art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 richiama, per la riscossione coattiva della tariffa, le norme per la riscossione delle imposte sul reddito (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) non è sufficiente ad escludere che la suddetta tariffa abbia la natura di corrispettivo di un servizio, commisurato al costo di questo ed all’entità della sua fruizione da parte del privato; d) tuttavia, le sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza n. 4895 del 2006, hanno affermato che, in forza della disposizione denunciata, le controversie relative alla debenza della TIA sono devolute alla giurisdizione delle commissioni tributarie.

    3.2. – Su tali premesse, il giudice a quo afferma che tale ultima disposizione – nell’attribuire alla giurisdizione tributaria le controversie, di natura non tributaria, in materia di TIA – si risolve nella creazione di un nuovo giudice speciale e, quindi, víola l’evocato parametro costituzionale.

  4. – Il Presidente del Consiglio dei...

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