Sentenza nº 233 da Constitutional Court (Italy), 23 Luglio 2009

RelatoreAlfio Finocchiaro
Data di Resoluzione23 Luglio 2009
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 233

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Paolo MADDALENA "

- Alfio FINOCCHIARO "

- Alfonso QUARANTA "

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Maria Rita SAULLE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. da 73 a 140 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), promossi dalle Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Liguria e Marche, con ricorsi notificati l’8, il 13, il 12-21 ed il 12-27 giugno 2006, depositati in cancelleria il 10, il 14, il 15, il 16 ed il 21 giugno 2006, ed iscritti ai nn. 68, 69, 70, 74 e 79 del registro ricorsi 2006.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri nonché gli atti di intervento dell’Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) – Onlus, della Biomasse Italia S.p.a. ed altre;

udito nell’udienza pubblica del 5 maggio 2009 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;

uditi gli avvocati Maria Grazia Bottari Gentile per la Regione Calabria, Lucia Bora e Guido Meloni per la Regione Toscana, Luigi Manzi per la Regione Piemonte, Giandomenico Falcon per la Regione Liguria, Gustavo Visentini per la Regione Marche, Alessandro Giadrossi per l’Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) – Onlus, e l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri l’8 giugno 2006, la Regione Calabria (reg. ric. n. 68 del 2006) ha chiesto a questa Corte di dichiarare l’illegittimità costituzionale di una serie di disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che ha violato le competenze regionali, sotto molteplici aspetti.

    Le censure riguardano, tra l’altro, il settore della «Tutela delle acque dall’inquinamento», oggetto della Sezione II della Parte III del decreto legislativo.

    Nell’ambito di questa sezione la Regione Calabria censura, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, l’art. 73, nel quale si individuano gli obiettivi da perseguire nella disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee, riproponendo le considerazioni svolte in altra parte del ricorso, sulla difesa del suolo, in merito alla riconducibilità della disciplina delle acque a diverse materie, tra le quali sarebbe prevalente e comprensiva quella del “governo del territorio”.

    Non mancando, peraltro, richiami alla “tutela dell’ambiente” (segnatamente con riferimento alle lettere a), b) e f), ed alla “tutela della salute” (in tal senso, rilevano soprattutto le lettere b), d) ed e), in via gradata sussisterebbe una concorrenza di competenze che coinvolgerebbe le tre materie indicate.

    Se anche si adottasse la prospettiva della sussistenza di una concorrenza di competenze, l’enunciazione degli strumenti potrebbe, al più, essere inquadrata nell’ambito della determinazione di standards di tutela (ciò che appare, peraltro, assai problematico), con il che il comma 2 non potrebbe comunque essere considerato immune da vizi, giacché, ove non sia ravvisabile la sicura prevalenza di un complesso normativo rispetto agli altri, atto a rendere dominante la relativa competenza legislativa, la redazione di contenuti normativi richiede la previa intesa con i rappresentanti delle Regioni.

    Altra norma censurata è l’art. 75, comma 1, lettera b), secondo la quale le Regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad essi spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali.

    Tale disposizione è ispirata ad una concezione del riparto di competenze inconciliabile con il mutato assetto costituzionale, dal momento che ignora come le funzioni normative delle Regioni e le funzioni amministrative degli enti locali non possono mai essere “determinate”, stanti le clausole di cui all’art. 117, quarto comma, ed all’art. 118, primo comma, Cost., e muove dalla errata tendenza dello Stato a restare l’ente cui spettano le competenze generali.

    Analoghi rilievi riguardano l’art. 87, il cui comma 1, disponendo che «le Regioni, d’intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali, designano, nell’ambito delle acque marine costiere e salmastre che sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l’uomo», riproduce l’art. 14, comma 1, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), in cui, però, non era prevista l’intesa con il Ministro delle politiche agricole e forestali. Trattandosi di competenza già interamente trasferita alle Regioni (l’art. 1, comma 8, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, impone al legislatore delegato il rispetto delle competenze attribuite alle Regioni dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112), appare evidente che lo Stato non può surrettiziamente riappropriarsene attraverso un atto di codeterminazione, di cui non si rinviene alcuna giustificazione, né sul piano funzionale né su quello del sistema costituzionale di ripartizione delle competenze.

    La Regione censura altresì l’art. 75, comma 4 – nella parte in cui stabilisce che, con decreto dei Ministri competenti, si provvede alla modifica degli Allegati alla Parte III dello stesso decreto legislativo, per dare attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche tecniche delle direttive, recepite nella Parte III, secondo quanto previsto dall’art. 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 – ritenendolo in contrasto con l’art. 117, quinto comma, Cost., dato che attribuisce ad organi statali il compito di attuare normative comunitarie di modifica di modalità esecutive di altre direttive, incidenti su aspetti di dettaglio, attività che non può che spettare alle Regioni; nonché con l’art. 117, sesto comma, Cost., attribuendosi un potere regolamentare a organi statali in ambito diverso da quelli individuati dall’art. 117, secondo comma, Cost.

    Subordinatamente, poi, l’attribuzione ai Ministri del potere di emanare decreti violerebbe il principio di leale collaborazione, attesa l’importanza che i decreti ministeriali possono assumere, tale da richiedere l’intervento di istanze rappresentative delle Regioni ed enti locali nel procedimento di formazione.

    1.1. – Nell’imminenza dell’udienza la Regione Calabria ha depositato memoria. Per quanto è oggetto della Sezione II della Parte III, la Regione si richiama semplicemente ai motivi di ricorso proposti, non essendo state le norme di tale sezione, oggetto delle censure, modificate dalla legislazione successiva (decreto legislativo 8 novembre 2006, n. 284, recante «Disposizioni correttive e integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale», e decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, recante «Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale»).

  2. – Con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri il 21 giugno 2006, la Regione Toscana (reg. ric. n. 69 del 2006) ha chiesto a questa Corte la declaratoria di incostituzionalità di una serie di disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006, per violazione sotto molteplici aspetti delle competenze regionali.

    Le censure riguardano, tra l’altro, il settore della «Tutela delle acque dall’inquinamento», oggetto della Sezione II della Parte III.

    In tale ambito, appare lesivo delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite l’art. 75, comma 5, per violazione dell’art. 119 Cost. La disposizione impone alle Regioni di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque nonché di trasmettere al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) i dati conoscitivi e le informazioni relativi all’attuazione del d.lgs. n. 152 del 2006, e quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità che verranno indicate con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con i Ministri competenti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni.

    Al fine di ottemperare agli obblighi imposti dalla disposizione in esame, le Regioni devono necessariamente attivare, con oneri rilevanti a proprio carico, azioni dirette ad effettuare una serie di indagini conoscitive sullo «stato di qualità delle acque», nonché azioni dirette al monitoraggio e alla elaborazione dei dati e delle informazioni acquisite, al fine di poter evidenziare, come richiesto dalla norma, il livello di attuazione dello stesso d.lgs. n. 152 del 2006, nonché il rispetto degli obblighi di derivazione comunitaria. Tali obblighi informativi non appaiono collegati a funzioni proprie delle Regioni, bensì risultano esplicazione della potestà legislativa riconosciuta allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

    L’acquisizione delle informazioni è infatti finalizzata a consentire un controllo da parte dello Stato sul rispetto degli standard di tutela ambientali imposti dallo stesso e dalla Comunità europea, controllo che rappresenta il diretto...

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