Sentenza nº 214 da Constitutional Court (Italy), 14 Luglio 2009

RelatoreLuigi Mazzella
Data di Resoluzione14 Luglio 2009
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 214

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Paolo MADDALENA “

- Alfio FINOCCHIARO “

- Alfonso QUARANTA “

- Franco GALLO “

- Luigi MAZZELLA “

- Gaetano SILVESTRI “

- Sabino CASSESE “

- Maria Rita SAULLE “

- Giuseppe TESAURO “

- Paolo Maria NAPOLITANO “

- Giuseppe FRIGO “

- Alessandro CRISCUOLO “

- Paolo GROSSI “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES), degli artt. 1, comma 1, e 11 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 e dell’art. 4-bis, del medesimo decreto legislativo, introdotto dall’art. 21, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, promossi dal Tribunale di Roma con ordinanze del 26 febbraio 2008 e del 26 settembre 2008, dalla Corte d’appello di Torino con ordinanza del 2 ottobre 2008, dal Tribunale di Trani con ordinanza del 21 aprile 2008, dalla Corte d’appello di Genova con ordinanza del 26 settembre 2008, dal Tribunale di Ascoli Piceno con due ordinanze del 30 settembre 2008, dal Tribunale di Trieste con ordinanza del 16 ottobre 2008, dalla Corte d’appello di Bari con ordinanza del 22 settembre 2008, dal Tribunale di Viterbo con ordinanza del 10 ottobre 2008, dal Tribunale di Milano con quattro ordinanze del 19 novembre 2008, dalla Corte d’appello di Caltanissetta con ordinanza del 12 novembre 2008, dal Tribunale di Teramo con ordinanza del 17 ottobre 2008, dal Tribunale di Milano con due ordinanze del 24 dicembre 2008, dalla Corte d’appello di Venezia con ordinanza del 10 dicembre 2008, dalla Corte d’appello di L’Aquila con ordinanza del 14 gennaio 2009 e dalla Corte d’appello di Roma con ordinanza del 21 ottobre 2008, ordinanze rispettivamente iscritte ai nn. 217, 413, 427, 434, 441, 442 e 443 del registro ordinanze 2008 ed ai nn. 4, 12, 22, 25, 26, 27, 28, 43, 70, 86, 87, 93, 95 e 102 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 29 e 53, prima serie speciale, dell’anno 2008 e nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8, 11, 13, 14 e 15, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visti gli atti di costituzione di Gennaro Rizzo, fuori termine, di Savino Digiorgio, di Zitouni Chalouach, di Antonio Di Giuseppe, di Anita Rosati, di Salvatore Giallombardo, di Sonia Pirri, di Rizzo Gennaro, fuori termine, di Simona Bulla, di Ignazio Marra, di Antonio Passavanti, di Veronica De Mitri, di Greco Giuseppe, di Poste Italiane S.p.A., nonché gli atti di intervento della Associazione “Articolo 21 Liberi di” e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica del 23 giugno 2009 e nella camera di consiglio del 24 giugno 2009 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi gli avvocati Domenico Carpagnano per Savino Digiorgio, Vittorio Angiolini e Gloria Pieri per Zitouni Chalouach, Franco Berti per Antonio Di Giuseppe, Vittorio Angiolini e Domenico Carpagnano per Anita Rosati, Sergio Galleano per Sonia Pirri, di Greco Giuseppe, di Rizzo Gennaro, fuori termine, Paolo Molteni e Fabio Fabbrini per Simona Bulla, Domenico D’Amati per Ignazio Marra, Sergio Galleano e Sergio Vacirca per Antonio Passavanti, Vincenzo de Michele e Sergio Galleano per Veronica De Mitri, Luigi Fiorillo, Arturo Maresca e Roberto Pessi per Poste Italiane S.p.A. e gli avvocati dello Stato Fabio Tortora, Paolo Gentili e Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Nel corso del giudizio civile promosso da G. R. contro la Poste Italiane S.p.A. perché fosse dichiarata l’invalidità del termine apposto al contratto di lavoro sottoscritto tra le parti ai sensi dell’art. 2, comma 1-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES, come aggiunto dall’art. 1, comma 558, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 - legge finanziaria 2006), il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 101, 102 e 104 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del richiamato art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001 (r.o. n. 217 del 2008).

    Osserva il rimettente che la norma censurata ha introdotto per le aziende concessionarie del servizio postale la possibilità, entro determinati limiti temporali (sei mesi nel periodo compreso tra aprile ed ottobre di ogni anno e quattro mesi per periodi diversamente distribuiti) e quantitativi (15 per cento dell’organico aziendale) di procedere ad assunzioni a tempo determinato senza l’obbligo di indicazione scritta della causale (come invece previsto in generale dall’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001). Inoltre, anche la disciplina sanzionatoria sarebbe più lieve rispetto a quella prevista per i contratti stipulati ex art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, perché l’art. 5, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 368 del 2001, richiamando esclusivamente l’ipotesi della successione dei contratti stipulati ex art. 1 dello stesso decreto legislativo, non prevederebbe la conversione in contratto a tempo indeterminato in caso di successione di contratti regolati dall’art. 2.

    Ad avviso del giudice a quo, tale disciplina comporterebbe una disparità di trattamento tra i lavoratori in generale e quelli addetti al servizio postale, per i quali non opera necessariamente la disciplina – anche sanzionatoria – di carattere generale. Difettando, nel settore postale, quelle peculiarità che possano giustificare deroghe alla disciplina generale, l’art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001 non risponderebbe a criteri di ragionevolezza o di razionalità e pertanto sarebbe lesivo dell’art. 3 della Costituzione.

    Quanto agli altri parametri costituzionali invocati (artt. 101, 102 e 104 Cost.) il rimettente afferma che l’introduzione di una “acausalità” per le assunzioni a termine nel settore postale sottrae in maniera ingiustificata al giudice ordinario il potere di verifica delle effettive ragioni oggettive e temporanee poste alla base di dette assunzioni con conseguente lesione delle prerogative del potere giudiziario.

  2. – Si è costituita Poste Italiane s.p.a. che ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.

    La società deduce che il datore di lavoro che assume un lavoratore ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 368 del 2001 non è tenuto a specificare le ragioni dell’apposizione del termine, mentre resta tenuto a rispettare le altre norme contenute nel citato decreto legislativo in materia di divieti, di proroghe, di successione dei contratti, di divieto di discriminazione, di formazione, di criteri di computo e di informazione.

    Ad avviso della società, poi, la dedotta violazione degli artt. 101 e 104 Cost. sarebbe inammissibile per carenza di motivazione, non essendo dato comprendere in che modo la funzione giurisdizionale sia stata limitata con l’introduzione della norma denunciata.

  3. – Nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, assistito e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata, rinviando al prosieguo ogni difesa.

  4. – Nel corso di un giudizio civile promosso da M. D. R. contro Poste Italiane s.p.a., al fine di ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto al proprio contratto di lavoro per insussistenza della ragione sostitutiva addotta a sostegno della clausola temporale e la statuizione della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra le parti, sin dalla data dell’assunzione, con condanna della società convenuta a riammettere la ricorrente nel suo posto di lavoro ed a corrisponderle le retribuzioni maturate dalla scadenza del termine nullo, il Tribunale di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, ed 11 del d.lgs. n. 368 del 2001, per violazione degli artt. 76, 77 e 117, primo comma, Cost., e dell’art. 4-bis dello stesso d.lgs. n. 368, introdotto dall’art. 21, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, per violazione degli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 101, 102, secondo comma, 104, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione (r.o. n. 413 del 2008).

    4.1. – Sulla prima questione, il rimettente deduce che, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 368 del 2001, l’apposizione del termine per ragioni sostitutive di personale assente con diritto alla conservazione del posto, era consentita – dall’art. 1, comma 2, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230 (Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato) – a condizione che fosse indicato il nominativo del lavoratore sostituito e della causa della sostituzione. Aggiunge che tale disposizione è stata abrogata (insieme con tutta la legge n. 230 del 1962), dall’art. 11 del d.lgs. n. 368 del 2001; il che comporterebbe l’abolizione dell’onere di indicazione del lavoratore sostituito, onere non riprodotto nell’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 2001.

    Il Tribunale di Roma afferma che il d.lgs. n. 368 del 2001 è stato emanato nell’esercizio della delega conferita al Governo dalla legge 29 dicembre 2000, n. 422 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge...

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