Sentenza nº 159 da Constitutional Court (Italy), 22 Maggio 2009

RelatoreUgo De Siervo
Data di Resoluzione22 Maggio 2009
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 159

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Paolo MADDALENA "

- Alfio FINOCCHIARO "

- Alfonso QUARANTA "

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Maria Rita SAULLE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 2, 8, commi 1 e 3, 9, comma 3, 11, comma 5, 12, comma 3, 14, commi 2 e 3, e 18, comma 4, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 dicembre 2007, n. 29 (Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 25 febbraio 2008, depositato in cancelleria il 28 febbraio 2008 ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi 2008.

Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;

udito nell’udienza pubblica del 10 febbraio 2009 il Giudice relatore Ugo De Siervo, sostituito per la redazione della sentenza dal Giudice Paolo Maria Napolitano;

uditi l’avvocato dello Stato Filippo Capece Minutolo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 25 febbraio 2008 e depositato il successivo 28 febbraio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 2, 8, commi 1 e 3, 9, comma 3, 11, comma 5, 12, comma 3, 14, commi 2 e 3, e 18, comma 4, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 dicembre 2007, n. 29 (Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana), pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 52 del 27 dicembre 2007, in riferimento agli articoli 3, 6, 117, terzo comma, della Costituzione, dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e degli articoli 3 e 6, n. 1), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).

    Per il ricorrente la legge regionale n. 29 del 2007 eccede, sotto diversi profili, la competenza legislativa attribuita alla Regione Friuli-Venezia Giulia dall’art. 3 dello statuto speciale, che contempla la tutela delle minoranze linguistiche presenti nella Regione, e dal decreto legislativo 12 settembre 2002, n. 223 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche nella regione), il quale demanda alla legislazione regionale l’attuazione delle disposizioni della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche): una «legge quadro», quest’ultima, dettata, come ripetutamente sottolineato nel ricorso, «in attuazione dell’art. 6 della Costituzione».

    1.1. – Il ricorrente ritiene, in particolare, che gli artt. 6, comma 2, e 8, commi 1 e 3, della legge regionale n. 29 del 2007, nel prevedere un obbligo generale per gli uffici dell’intera Regione – operante anche nelle aree escluse dal territorio di insediamento del gruppo linguistico friulano (delimitato ai sensi dell’art. 3 della stessa legge) – di rispondere in friulano «alla generalità dei cittadini» che si avvalgano del diritto di usare tale lingua e di redigere anche in friulano gli atti comunicati «alla generalità dei cittadini», nonché di effettuare in tale lingua la comunicazione istituzionale e la pubblicità, contrasterebbero con l’art. 9, comma 1, della legge n. 482 del 1999, che circoscrive l’uso della lingua minoritaria nei soli Comuni di insediamento del relativo gruppo linguistico.

    1.2. – La seconda censura proposta riguarda l’art. 9, comma 3, della legge regionale n. 29 del 2007 che, testualmente, dispone: «le modalità per garantire la traduzione a coloro che non comprendono la lingua friulana sono disciplinate dagli enti di cui ai commi 1 e 2 con disposizioni dei piani di politica linguistica di cui all’art. 27, nel cui ambito può essere prevista la ripetizione degli interventi in lingua italiana ovvero il deposito contestuale dei testi tradotti in forma scritta». Per la parte ricorrente, l’impugnata disposizione, nel prevedere una mera facoltà quanto alla «ripetizione degli interventi in lingua italiana», violerebbe l’art. 6 Cost. e l’art. 7 della legge n. 482 del 1999, il quale, ai commi 3 e 4, statuisce che «qualora uno o più componenti degli organi collegiali di cui ai commi 1 e 2 dichiarino di non conoscere la lingua ammessa a tutela, deve essere garantita una immediata traduzione in lingua italiana» e «qualora gli atti destinati ad uso pubblico siano redatti nelle due lingue, producono effetti giuridici solo gli atti e le deliberazioni redatti in lingua italiana». Risulterebbe violato anche l’art. 8 della legge n. 482 del 1999, il quale, con riferimento alla possibilità per il Consiglio comunale di pubblicare atti nella lingua ammessa a tutela, fa tuttavia salvo «il valore esclusivo degli atti nel testo redatto in lingua italiana».

    1.3. – Il ricorrente impugna anche l’art. 11, comma 5, della legge regionale n. 29 del 2007, che prevede che gli enti locali possono stabilire di adottare l’uso dei toponimi bilingui o di toponimi nella sola lingua friulana e che la denominazione prescelta diviene la denominazione ufficiale a tutti gli effetti. La disposizione citata violerebbe gli artt. 1, comma 1, e 10 della legge n. 482 del 1999, che rispettivamente dispongono, il primo, che «la lingua ufficiale della Repubblica è l’italiano», e, il secondo, che nei Comuni di insediamento della minoranza linguistica «i consigli comunali possono deliberare l’adozione di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi» solo «in aggiunta ai toponimi ufficiali». La contestata disposizione risulterebbe altresì incompatibile con l’art. 3, secondo comma, Cost. «per evidente violazione del principio del rispetto della eguaglianza dei cittadini del nostro Paese».

    1.4. – Tra le norme oggetto di impugnazione figura anche l’art. 12, comma 3, riguardante l’apprendimento scolastico della lingua minoritaria, che, a parere del Presidente del Consiglio, prevede un meccanismo simile al cosiddetto silenzio-assenso laddove dispone che «al momento dell’iscrizione i genitori o chi ne fa le veci, previa adeguata informazione, su richiesta scritta dell’istituzione scolastica, comunicano alla stessa la propria volontà di non avvalersi dell’insegnamento della lingua friulana». In tal modo si determinerebbe un’imposizione alle istituzioni scolastiche di impartire tale insegnamento, violando i principi dell’autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche di cui all’art. 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa); in secondo luogo, la censurata disposizione violerebbe l’art. 4 della legge n. 482 del 1999, che, nel prevedere l’insegnamento della lingua minoritaria nei Comuni di insediamento della minoranza, ne demanda all’autonomia scolastica i tempi e le metodologie di svolgimento e che, al comma 5, prevede che la manifestazione di volontà da parte dei genitori consista nell’assenso alla frequenza dell’insegnamento. La disposizione impugnata, nel porre a carico dei genitori l’onere di comunicare la volontà di non avvalersi dell’insegnamento della lingua minoritaria violerebbe altresì l’art. 3 Cost., configurando un regime di obbligatorietà che può interrompersi solo con la richiesta di esonero.

    1.5. – La parte ricorrente impugna anche l’art. 14, commi 2 e 3, della legge regionale n. 29 del 2007, nelle parti in cui dispone che l’insegnamento della lingua friulana sia garantito per almeno un’ora alla settimana per la durata dell’anno scolastico (comma 2) e che nella programmazione dell’insegnamento della lingua friulana siano comprese le modalità didattiche che assumono come modello di riferimento il metodo basato sull’apprendimento veicolare integrato delle lingue (comma 3), in quanto, contrastando con i principi dell’autonomia scolastica, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., che esclude dalla competenza concorrente regionale «l’autonomia delle istituzioni scolastiche». Violazione che, a giudizio del Presidente del Consiglio, si verifica anche se, rispetto a quanto prevede l’art. 6, n. 1, dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, che attribuisce solo una competenza integrativa in materia di istruzione, si applica il disposto dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, a favore delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, per le parti in cui la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione prevede forme più ampie di autonomia.

    La norma citata, infatti, imporrebbe alle istituzioni scolastiche tempi e modi di insegnamento, ponendosi in tal modo in contrasto con i principi dell’autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche di cui all’art. 21, commi 8 e 9, della legge n. 59 del 1997 e con quanto disposto dall’art. 4 della legge n. 482 del 1999, che, nel prevedere l’insegnamento della lingua minoritaria nei Comuni di insediamento della minoranza, rinvia a tali principi circa i tempi e le metodologie di svolgimento dell’insegnamento. In particolare – aggiunge la difesa erariale – il comma 3 dell’art. 14 presenterebbe «evidenti criticità, posto che la sua finalità consiste nel voler imprimere alla lingua friulana il carattere di “lingua veicolare”».

    1.6. – Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che l’art. 18, comma 4, della legge...

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