Sentenza nº 228 da Constitutional Court (Italy), 06 Ottobre 2014

RelatoreGiancarlo Coraggio
Data di Resoluzione06 Ottobre 2014
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 228

ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Sabino CASSESE Presidente

- Giuseppe TESAURO Giudice

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 1, comma 402, lettera a), numero 1), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), promosso dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio nel procedimento vertente tra D.R. ed altra, in proprio e nella qualità di associati dello “Studio legale Delfino” e l’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Viterbo, con ordinanza del 10 giugno 2013, iscritta al n. 238 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 giugno 2014 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 10 giugno 2013 la Commissione tributaria regionale per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 1, comma 402, lettera a), numero 1), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005).

    Oggetto del giudizio sono tre avvisi di accertamento emessi in relazione all’anno d’imposta 2004, in relazione ai quali vi è l’accertamento del maggiore imponibile ai fini IRPEF e IRAP basato sulla disposizione di cui all’art. 32, comma 1, numero 2), del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo risultante dopo le modificazioni introdotte dall’art. 1 della legge n. 311 del 2004.

    La disposizione censurata così recita: «I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni».

  2. – Le censure del giudice rimettente investono la seconda parte della norma.

    Rileva il giudice a quo che l’art. 1 della legge n. 311 del 2004, inserendo nel corpo di tale parte della disposizione le parole «o compensi», ha esteso ai lavoratori autonomi l’ambito operativo della presunzione in base alla quale le somme prelevate dal conto corrente (così come quelle su questo versate) costituiscono compensi assoggettabili a tassazione, se non sono annotate nelle scritture contabili e se non sono indicati i soggetti beneficiari dei pagamenti.

    La disposizione censurata, se applicata agli anni d’imposta in corso o anteriori alla novella legislativa, comporterebbe per i contribuenti professionisti un onere probatorio imprevedibile e impossibile da assolvere, in contrasto con l’art. 24 della Costituzione e con il principio di tutela dell’affidamento richiamato dall’art. 3, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente).

    Essa violerebbe, altresì, l’art. 3 Cost., alla luce di entrambe le letture di cui la norma è passibile: la prova contraria che incombe sul contribuente o richiederebbe necessariamente anche la giustificazione causale dei prelevamenti, così imponendo «un adempimento aggiuntivo rispetto a quello rappresentabile sulla base di una lettura piana del testo normativa»; oppure dovrebbe ritenersi soddisfatta «con la mera indicazione del beneficiario, divenendo, però, tanto irrazionale quanto inutile sul piano dell’accertamento dei maggiori redditi».

    La disposizione, se applicata a...

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