Sentenza nº 227 da Constitutional Court (Italy), 26 Settembre 2014

RelatoreAlessandro Criscuolo
Data di Resoluzione26 Settembre 2014
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 227

ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Sabino CASSESE Presidente

- Giuseppe TESAURO Giudice

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 774 e 776, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), promosso dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, nel procedimento vertente tra C.C.I. e l’INPS con ordinanza del 29 ottobre 2013, iscritta al n. 272 del registro ordinanze 2013, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visti gli atti di costituzione di C.C.I. e dell’INPS, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’8 luglio 2014 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;

uditi gli avvocati Lelio Placidi per C.C.I., Filippo Mangiapane per l’INPS e l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 29 ottobre 2013 (r.o. 272 del 2013), la Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, ha sollevato – in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (d’ora in avanti «CEDU») e all’art. 1 del Protocollo addizionale, come interpretati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in particolare con la sentenza 7 giugno 2011, emessa in causa Agrati ed altri contro Italia – questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 774 e 776, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007).

    Il Collegio rimettente riferisce che, con sentenza n. 2605 del 2012, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, giudice unico delle pensioni, ha respinto due ricorsi riuniti, proposti da Z.G. e finalizzati, l’uno, ad ottenere la riliquidazione della pensione di reversibilità del defunto coniuge C.C.A., deceduto il 9 novembre 2002, in pensione dall’11 novembre 1975, secondo il meccanismo di cui all’art. 15, comma 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), e non – come invece accaduto – secondo quello dell’art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare); e l’altro, ad impugnare una nota del dicembre 2006, con la quale la predetta pensione era stata rideterminata in conformità a quanto previsto dalla tabella “F” allegata alla legge n. 335 del 1995.

    La rimettente prosegue osservando che la predetta sentenza è stata impugnata dalla signora C.C.I., nella qualità di procuratrice genitoriale della madre Z.E., la quale ha addotto le seguenti censure: 1) con riferimento al ricorso relativo alla riliquidazione secondo il meccanismo di cui all’art. 15, comma 5, della legge n. 724 del 1994, la violazione dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione; 2) in relazione al ricorso concernente la tabella “F”, l’omessa pronuncia sulla domanda di irripetibilità delle somme percepite in buona fede.

    La parte privata ha, dunque, chiesto l’accoglimento dei ricorsi, con riconoscimento del suo diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico di reversibilità secondo il meccanismo di cui all’art. 15, comma 5, della legge n. 724 del 1994 a decorrere dalla data di decesso del coniuge, a vita, e, in via subordinata, fino al dicembre 2006, oltre accessori di legge; per quanto riguarda il secondo ricorso, ha chiesto la declaratoria di irripetibilità delle somme riscosse in buona fede.

    Con memoria del 31 dicembre 2013 si è costituito in giudizio l’Istituto nazionale della previdenza sociale (d’ora in avanti «INPS»), chiedendo il rigetto dei gravami.

    Ciò premesso in fatto, la Corte rimettente precisa che la questione sottoposta al suo giudizio riguarda la richiesta della vedova di un ex dipendente pubblico, in quiescenza da data anteriore al 1° gennaio 1995 e deceduto in data successiva, di ottenere la riliquidazione della pensione di reversibilità ai sensi dell’art. 15, comma 5, della legge n. 724 del 1994, nella misura piena, in applicazione dell’art. 2 della legge 27 maggio 1959, n. 324 (Miglioramenti economici al personale statale in attività ed in quiescenza), giacché avente causa da un trattamento diretto liquidato in data anteriore al 1° gennaio 1995, e non, invece, nella misura del sessanta per cento del trattamento goduto dal dante causa, come invece ha provveduto a liquidare l’INPS.

    Al riguardo, la rimettente riferisce come sia noto che, a far data dalla sentenza n. 8/2002/QM delle sezioni riunite della Corte dei conti, si sia formata una giurisprudenza «pressoché monolitica», nel senso di ritenere che, in ipotesi di decesso del pensionato, titolare di trattamento di quiescenza liquidato prima del 1° gennaio 1995, il conseguente trattamento di reversibilità dovesse essere, in ogni caso, liquidato secondo le norme dettate dal predetto art. 15, comma 5, della legge n. 724 del 1994, indipendentemente dalla data del decesso medesimo.

    Sennonché, successivamente, con i commi 774 e 776 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, il legislatore ha disposto che «L’estensione della disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell’ambito del regime dell’assicurazione generale obbligatoria a tutte le forme esclusive e sostitutive di detto regime prevista dall’art. 1, comma 42 [recte: 41], della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che per le pensioni di reversibilità sorte a decorrere dall’entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335 indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta, l’indennità integrativa speciale già in godimento da parte del dante causa, parte integrante del complessivo trattamento pensionistico percepito, sia attribuita nella misura percentuale prevista per il trattamento di reversibilità, stabilendo nel contempo che sia abrogato l’art. 15, comma 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724».

    La rimettente aggiunge che i giudici di merito non hanno ritenuto di recepire il nuovo orientamento del legislatore, sollevando al riguardo questioni di legittimità costituzionale della nuova disciplina. La Corte costituzionale, però, con sentenza n. 74 del 2008 ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 774, della legge n. 296 del 2006, in riferimento all’art. 3 Cost.

    Nell’attuale atto di appello la parte privata torna ad invocare la violazione dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 1 del Protocollo addizionale – già prospettata in primo grado e risolta negativamente dal giudice – e chiede che il ricorso sia deciso in conformità ai principi enunciati nella sentenza emessa dalla Corte EDU, nel ricorso sul caso Agrati ed altri contro Italia, il 7 giugno 2011.

    Il Collegio osserva come unico strumento per poter valorizzare la CEDU sia quello di sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma nazionale che si assume essere in contrasto con la Convenzione, per violazione dell’art. 117 Cost., come affermato dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 348 e n. 349 del 2007.

    Ciò premesso, la rimettente riferisce che nel ricorso Agrati ed altri contro l’Italia, la Corte EDU ha constatato una duplice violazione. In primo luogo, l’intervento legislativo, che decideva in via definitiva e in modo retroattivo sul merito della controversia pendente davanti ai giudici interni tra i ricorrenti e lo Stato, non era giustificato da ragioni imperative di interesse generale e vi era, quindi, violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione.

    In secondo luogo, i ricorrenti beneficiavano, prima dell’intervento della legge finanziaria 2007, di un interesse patrimoniale che costituiva, se non un credito nei confronti della parte avversa, per lo meno una «legittima aspettativa» di potere ottenere il pagamento delle somme controverse.

    Ai sensi dell’art. 1 del Protocollo addizionale, tale aspettativa costituiva un «bene».

    La Corte EDU ha, poi, affermato che l’adozione dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 ha imposto ai ricorrenti un «onere anomalo ed esorbitante» e che il pregiudizio arrecato ai loro beni è stato talmente sproporzionato da alterare il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e la salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui.

    La Corte ha, inoltre, osservato che il principio sotteso all’attribuzione dell’equa riparazione è ben consolidato: per quanto possibile, è necessario porre l’interessato in una situazione corrispondente a quella in cui si troverebbe se la violazione della Convenzione non fosse avvenuta. Sono richiamate alcune sentenze della Corte europea.

    Ancora, la stessa Corte europea ha sottolineato come, nel caso in esame, la giurisprudenza della Corte di cassazione fosse, prima dell’adozione della legge controversa, favorevole alla posizione dei ricorrenti. Se non si fosse verificata nessuna violazione della Convenzione, la situazione di costoro sarebbe stata verosimilmente diversa.

    La Corte europea, quindi, deduce che la violazione della Convenzione è suscettibile di avere causato un danno materiale ai ricorrenti.

    In sintesi, con la sentenza in esame è stato affermato che, benché non sia precluso al legislatore di disciplinare, mediante nuove disposizioni...

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